Marco Imarisio, sul Corriere della Sera di ieri, aggiunge un ulteriore tassello al capitolo della monnezza. Mentre tutti i giornali sono, in questi giorni, prodighi di descrizioni dei roghi, delle rivolte plebee alimentate dalla malavita organizzata, il buon Marco Imarisio chiama in ballo la magistratura ed ipotizza che essa sia tutt'altro che estranea ai ritardi e agli ostruzionismi che il commissario straordinario De Gennaro si è trovato a fronteggiare in queste settimane.
Cosa dice Imarisio? Egli parte da due fatti:
1. tutti, a partire da Bassolino e Iervolino, "sanno" che la monnezza in Campania viene gestita dalla camorra;
2. non risultano, a memoria d'uomo, clamorose inchieste che abbiano tentato di scoperchiare i traffici illeciti che si intrecciavano attorno al business mondezza.
Al contrario le occhiute Procure hanno invece messo sotto la lente di ingrandimento i piani per affrontare l'emergenza. Son partite le iniziative giudiziarie con l'unico effetto di bloccare i tentativi di soluzione del problema.
"La gente protesta, occupa i luoghi destinati ad accogliere la monezza, i politici si schierano con gli abitanti, i magistrati si allertano, motu proprio o su esposto dei sindaci, e la tortura della goccia cinese va a cominciare", scrive Imarisio. Che elenca le iniziative dei pm improvvisamente concentratesi nelle ultime settimane: la procura di Santa Maria Capua Vetere che chiude il sito di Ferrandelle a fine aprile per "gravi e urgenti motivi sanitari", citando una relazione dei Carabinieri sulle "perdite di percolato". Peccato che quella relazione risalisse ad un mese prima, e che i tecnici del Commissariato straordinario fossero gia' intervenuti a risolvere il problema: il risultato e' che comunque la discarica viene bloccata e i rifiuti si sono accumulati per strada. Poi entra in campo la procura di Avellino, che sequestra un sito di stoccaggio a Pianodardine: le ecoballe non sono "a norma". Il sito e' stato sbloccato solo ieri, dopo che si e' verificato che non c'era niente di strano. Nel frattempo viene sequestrato un altro sito di stoccaggio, quello di Coda di Volpe: il magistrato ha rilevato un "vizio di forma" nell'ordinanza di De Gennaro, che non fa i giusti (secondo lui) riferimenti alle norme di tutela ambientale.
Sequestri, atti giudiziari, avvisi di garanzia sono venuti giù a catinelle con il risultato finale che per venti giorni tutta la Campania e' rimasta bloccata, e attorno si e' creato il disastro ambientale.
E, mentre al 30 aprile la Campania era riuscita a liberarsi di quasi 250 mila tonnellate di rifuti: ne restavano solo 20mila sul terreno, l'ostruzionismo legale ha mandato in tilt il sistema e i roghi si sono riaccesi, uno dopo l'altro. Mentre, indisturbati, gruppi criminali e attivisti politici organizzano il blocco dell'ultima spiaggia, la discarica di Chiaiano.
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