Niente da fare. Lui, il moralizzatore, il paladino dell’indifendibile giustizia, insomma Antonio Di Pietro, fa finta di nulla di fronte all’ennesima, incredibile scarcerazione di detenuti per decorrenza dei tempi.
Perché lui la magistratura la difende sempre e comunque, anche quando si verificano scarcerazioni inopinate di delinquenti pericolosi a causa di errori o di inefficienze di questo o di quel magistrato, di questo o di quell’ufficio giudiziario. Un fenomeno che dovrebbe costituire rarissima patologia sembra pian piano trasformarsi in una triste fisiologia dell’amministrazione italiana della giustizia.
Lui, insieme al Travaglio, invece, non riesce proprio ad ammetterlo che così non va, non può andare: prima di tutto per i cittadini onesti. Perché, ad esempio, non possono trascorrere otto anni (dicasi otto) prima che un magistrato non renda note le motivazioni di una sentenza consentendo così l’uscita dalle patrie galere degli imputati.
Antonio Di Pietro dovrebbe avere il coraggio (invece di occuparsi esclusivamente di Berlusconi e delle sue tv) di ammettere che qualcosa non va, che chi sbaglia - anche se magistrato - deve essere chiamato a rispondere, che gli imputati sono innocenti fino a prova contraria (e non viceversa), che il carcere non può essere usato come mezzo per estorcere confessioni.
Se l’ex pm riuscisse a compiere questo sforzo di onestà intellettuale e politica, la sua immagine non potrebbe che guadagnarne.
fonte Gianluca Perricone
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