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venerdì 7 novembre 2008

Università: Un'altra storia

Nicoletta Ciardullo e Giulia Martelli (Il Tempo), si sono infiltrate per sette giorni alla Sapienza di Roma con un taccuino su cui prendere appunti e si sono spacciate per studentesse in cerca di informazioni.
A parlare è Cristiana, 27 anni laureanda in Scienze della Comunicazione alla Sapienza: «Ho lavorato sulla mia tesi comunicando solo via e-mail con il professore. Dopo un anno ho chiesto un appuntamento per le correzioni finali. Scopro che il professore non è più alla Sapienza, si è trasferito. Con grande sgomento e una tesi quasi ultimata mi sono ritrovata a cercare un altro professore disponibile a portarmi alla laurea, buttando nel cestino il mio lavoro».
Primo impatto, la Facoltà di Giurisprudenza. Al primo piano dovrebbero essere affissi gli orari di ricevimento, ne troviamo solo alcuni. Davanti la bacheca c’è Giusy, frequenta il quarto anno: «Ai ricevimenti ne trovi uno su tre e di solito mandano gli assistenti perché i professori fanno tutti altri lavori, chi il magistrato, chi il politico. Chi è membro di questa corte, chi di quest’altra. Per esempio lo scorso anno il prof. Oliviero Diliberto, titolare di cattedra non ha fatto il corso e si è preso un anno sabbatico ed è stato sostituito da un assistente».
Vicino a lei c’è Francesca del primo anno: «Gli insegnanti non ti guardano proprio, a lezione siamo 200-300 persone. Gli assistenti sono più gentili». «Snobbano i ricevimenti, hanno a disposizione una sola ora e arrivano anche con 15 minuti di ritardo» aggiunge Pasquale al quarto anno. Piove, di corsa arriviamo alla vicina Lettere e Filosofia, terzo piano bacheca ricevimenti. Ad insegnare all’interno del corso di laurea in Teorie e Pratiche dell’Antropologia c’è la prof. Laura Faranda. Sulla bacheca troviamo solo l’orario di ricevimento riferito al mese di settembre. La professoressa ha messo a disposizione solo tre date: l’8, il 18 e il 29.
Usciamo sulle scale esterne. Qui i ragazzi fumano una sigaretta tra un colloquio e una lezione. Incontriamo Claudio, chiediamo consigli sui professori da evitare, risponde secco: «Il prof. Ferroni di Letteratura Italiana, considerato uno dei grandi vecchi (così i ragazzi chiamano i professori che non vanno in pensione) non riesci a seguire le sue lezioni, ed ha scarsissimi rapporti con gli studenti. Fa parte dell’antica guardia, è talmente pieno della sua cultura che non si accorge nemmeno che le sue lezioni sono noiose e che noi studenti non lo capiamo; la professoressa Quarta, invece, non riesce a instaurare un buon rapporto, spesso ci apostrofa con termini non proprio "cattedratici"; Di Donato e De Benedictis hanno altro per la testa. L’unica veramente brava è la professoressa Fazio, lei sì che ama la materia». Mariangela, fuori corso con l’indirizzo Musica e Spettacolo. Ti riscriveresti ancora? «No assolutamente, è una facoltà inutile e mal gestita, basti pensare che quando i proff. non si presentano a lezione lasciano un post-it alla porta senza avvisi neanche sul sito internet».
È un problema sentito da molti. «Non solo non si presentano ai ricevimenti, ma neanche rispondono alle e-mail. Poi non riesco a spiegarmi - dice Eugenia - perchè ci sono due dipartimenti come Lettere e Filosofia e Scienze Umanistiche che sono state scorporate. I corsi sono praticamente identici, la mia idea è che l’abbiano fatto per dare più cattedre ai professori che si fanno la guerra fra loro». L’abitudine di lasciare i post-it sulla porta con gli spostamenti d’orario del ricevimento li manda proprio in bestia: «Non si rendono conto che ci sono persone che vengono da fuori, e visto che non curano le bacheche potrebbero almeno aggiornare il sito - dicono Giuseppe e Gabriele, in attesa di dare un esame - e invece nulla. Siamo alla loro mercè».
Michele studia a Economia e Commercio, e ha il dente avvelenato con due insegnanti, Massaroni di Scienze della Gestione d’Impresa e Cagiano de Azevedo di Economia della Cooperazione internazionale dello Sviluppo: «Il primo a lezione non c’è quasi mai, sempre preso da qualche convegno o per l’ennesimo Consiglio di facoltà. Cagiano invece ha ritmi lentissimi, è ritardatario e per dare l’esame con lui ho aspettato nove ore. Tra la tensione e lo sfinimento ancora oggi credo che sia un miracolo se sono riuscito a passare l’esame».
Un salto a Farmacia con la speranza di trovare una situazione migliore. Al primo piano incontriamo Sara: è una fuorisede iscritta al C.T.F (Chimica e Tecnologia Farmaceutiche). Bussa insistentemente ad una porta, ma dietro non c’è nessuno: «Oggi ho l’esame di Analisi 2 - ci dice - e la Costi (si riferisce a Roberta Costi professoressa associata della Sapienza) non si è presentata, sono disperata è da due ore che la cerco sono una fuorisede non vedo la mia famiglia da agosto per stare qui per prepararmi e non ci sono avvisi, nessuno sa dirmi nulla». Dopo 10 minuti (esattamente due ore dopo l’orario previsto per l’esame) arriva l’assistente della prof. Costi spiegando a Sara che la professoressa non c’è e non verrà all’esame perché ha aderito allo sciopero.
Lasciamo Sara al suo triste destino e incontriamo un gruppo di tesisti, anche loro disperati per l’impossibilità di riuscire a laurearsi in tempi umani: «Preparare una tesi richiede tempo da parte nostra - spiega A. - ma anche impegno da parte dei professori che settimanalmente, durante gli orari di ricevimento, dovrebbero visionare il materiale che gli portiamo. Ma non li troviamo quasi mai, ed ecco che i mesi passano inesorabilmente».
L’esperienza di T., laureanda a Scienze Politiche è l’esempio perfetto di come funzionano qui le cose: «La tesi mi era stata assegnata lo scorso anno da un professore che poi è stato eletto nell’attuale legislatura e quindi ha cominciato a non venire più. Dopo averlo chiamato invano mi ha dirottato da un altro professore, che ho scoperto lavorare in un’altra città. Non riesco mai ad aver un incontro con lui e ora mi ritrovo con la tesi finita e nessuno che me l’abbia corretta».
Torniamo (e concludiamo) con la nostra prima interlocutrice Cristiana prossima alla laurea in Scienze della Comunicazione che ha rifatto ex novo la tesi per «fuga» del docente: «Ho buttato via un anno di studio e ho dovuto ricominciare tutto da capo. Si può studiare così?» Una domanda che non troverà una risposta e neanche un interlocutore. Scendiamo verso Piazzale Aldo Moro, usciamo dal grande malato della cultura italiana con una sola riflessione: la vera protesta non è quella venuta fuori dai cortei di piazza e dalle facoltà occupate dei giorni scorsi, piuttosto questa, silenziosa, ordinaria e per niente eclatante di molti ragazzi che non si sentono rispettati dai propri professori. Ma questa è un’altra storia. Una storia così consolidata per cui non vale la pena di protestare.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Chi, *La Sapienza*, la democratica *Sapienza* dove il Papa potè parlare liberamente. come le comunità cristiane parlano in Cina?
Un grande saluto, clem

Anonimo ha detto...

ciao Clem, proprio la Sapienza, da dove escono tutti gli indottrinati a sinistra.
buon fine settimana.

Simone82 ha detto...

Calma, io sono laureato alla Sapienza e sono orgogliosamente di centrodestra!
Comunque non c'era bisogno di vivere una settimana in questo Ateneo, la prossima volta alle giornaliste gli passo il mio numero di cell., dalle 10 alle 12 gli faccio fare un giro turistico per la città universitaria che queste storie di ordinaria bastardaggine accademica in confronto sono noccioline per bambini... Per altro ampiamente conosciute da anni (io sono entrato nel 2001), talmente risapute che sono diventate vere e proprie leggende underground (con il rischio che magari qualcuno non ci crede finché non le vive sulla propria pelle).

Anonimo ha detto...

Simone, non pensi che per questi soprusi sarebbe giustificato ribellarsi?
ciao

Simone82 ha detto...

Io penso che SOLO per questo sarebbe giustificato ribellarsi, scendere in strada ed occupare le aule, non per altro.
Però tali "okkupazioni" non sono utili né al sindacato né ai sinistri, che dei voti di tali professori vivono, dunque loro tacciono e fanno finta di non sapere, e mandano gli universitari a protestare contro la 137, che anche un cretino sa non riguardare l'univ.