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giovedì 11 novembre 2010

Tra "allupati" e "politici in cerca d'autore"

Renzi è stato chiarissimo: il Partito Democratico è da rottamare.
Basta vedere i suoi leader in questi giorni; Bersani & C. sembrano talmente eccitati per l’imminente crisi di governo, che dirgli «allupati» per la possibilità di entrare a far parte di un governo del ribaltone è davvero un eufemismo.
E del resto, sappiamo bene tutti che questo è l’unico modo attraverso il quale la banda Bersani può avere l’occasione di entrare a Palazzo Chigi; governare il paese senza alcuno straccio di consenso elettorale è la loro specialità, vero D'Alema? E hanno pure il coraggio di chiamarla democrazia.
Il vero è che in Italia, in opposizione a Lega e PDL, abbiamo solo un partito: il PDR. Il partito dei ribaltonisti, che si chiama Fli; il partito di coloro che – calpestando ogni forma di democrazia popolare – ritengono che il governo del paese non sia affare degli elettori, ma loro.
Dunque, una volta eletti i parlamentari, il popolo esce di scena, e sono i parlamentari – i signori parlamentari – a decidere dove andare, con chi stare, se tradire un patto elettorale o essere fedeli.
Anche questa la chiamano democrazia, e si giustificano con l’assenza di un qualsivoglia «vincolo di mandato».
Ma il vincolo di mandato c'è! Si chiama dovere di lealtà verso coloro che hanno eletto il parlamentare, si chiama onore di quella persona che non può e deve tradire il patto elettorale che lo ha portato a rappresentare colui che lo ha prescelto. È un fattore di onestà.
Chi non condivide più l’idea politica di chi lo ha eletto o dell’alleanza deve solo rimettere il proprio mandato agli elettori. Questa è onestà; questo è onore. Questa è condotta che rispetta le scelte popolari. Il resto è fuffa politicante; è tradimento del proprio elettorato; è il perseguimento di un fine più personale che collettivo.
In questo patetico scenario, dove il PD… la sinistra, brama il potere privo di legittimazione popolare, Fini ha indubbiamente un grave ruolo di responsabilità nei confronti dell’elettorato che gli ha dato fiducia.
Se fosse restato coerente e leale, probabilmente nessuno avrebbe avuto nulla da ridire in ordine alla sua scelta di separarsi dal PDL. Invece ha voluto seguire i vari Bocchino, Della Vedova e Granata: politici in cerca d’autore, uomini senza onore, seconde file senza grande spessore politico, oggi sopravalutati perché sovraesposti mediaticamente.

1 commento:

Angelo D'Amore ha detto...

se il problema era berlusconi, come alla fine si e' rivelato, bastava mandarlo a casa prima, senza creare questo empasse istituzionale.
il pdl era una bella esperienza e secondo me, poteva ulteriolmente espandersi una volta che berlusconi si ritirava a vita privata.
di solito i leader passano, i grandi partiti restano.
oggi in italia, non abbiamo entrambi.