Un consiglio di Sergio Romano, condivisibile:
Alla fine di una delle peggiori settimane della storia nazionale molti italiani e moltissimi stranieri pensano probabilmente che l’Italia sia un malato terminale.
La principale funzione delle sue industrie sarebbe quella di riciclare denaro sporco. La Protezione civile servirebbe ad arricchire costruttori cinici e spregiudicati. I suoi senatori sarebbero schiavi della malavita. E i magistrati sarebbero «talebani».
Eppure non ha torto chi pensa che dietro questo ritratto dell’Italia vi sia un altro Paese dove le industrie cercano di superare la crisi, gli uomini e le donne della Protezione civile fanno un eccellente lavoro, le banche stanno molto meglio di parecchi istituti europei e americani e i conti pubblici, considerate le circostanze, sono sotto controllo.
Potremmo cominciare a parlare anche del Paese che funziona e dei modi per renderlo migliore? Credo che questa responsabilità spetti anzitutto al presidente del Consiglio.
Mi limito a osservare che Silvio Berlusconi può rinunciare al duello quotidiano con la magistratura e i suoi oppositori. Dovrebbe quindi rendersi conto che questi duelli hanno enormemente contribuito, al di là delle sue intenzioni, a creare l’immagine di un Paese allo sbando dove le notizie cattive oscurano le notizie buone.
È stato eletto con un programma che la maggioranza degli italiani ha considerato più modernizzatore e liberale di quello dei suoi avversari. È ora che torni a quel programma e spieghi ai suoi connazionali come intende utilizzare i tre anni che lo separano dalla fine della legislatura. Ci sono le riforme istituzionali, anzitutto, ma anche la riforma fiscale, quella della pubblica amministrazione, la lotta contro la corruzione, le infrastrutture, la Tav, il nucleare, i porti, il Sud, la ricerca scientifica.
Non gli chiedo di risolvere tutti i nostri problemi da un giorno all’altro. Gli chiedo di innalzare il tono del dibattito nazionale, di rinunciare, per favore, a parlarci della magistratura «cattiva» e cerchi piuttosto di riformare l’ordine giudiziario in un clima di maggiore distensione e collaborazione.
Faccia, insomma, quello che aveva promesso di fare. Ha di fronte a sé tre anni. Non sono pochi.
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