In una intervista, l’attrice Serena Grandi ha ricostruito la vicenda giudiziaria che l’ha vista involontaria protagonista e dalla quale – dopo sei anni ed alcuni mesi anche di arresti domiciliari – è uscita innocente così come ne era entrata.
Nel 2003 l’attrice fu accusata di spacciare droga: esperienza devastante per chiunque, soprattutto se chi è incolpato sa di non aver commesso reati. Ma l’attrice è uscita praticamente distrutta da questa brutta storia: «Mi hanno distrutto, mi hanno rovinato la vita e annientato la carriera», ha affermato nel corso dell’intervista.
«Sono stata sei mesi ai domiciliari senza nemmeno sapere il motivo».
Ci sono voluti sei anni per avere la conferma dalla italica giustizia della propria innocenza: sono troppi, davvero troppi. (...)
Nel caso della Grandi, poi, oltre alla elefantiaca durata del processo, c’è anche da mettere in evidenza l’errore giudiziario che ha distrutto vita e carriera di una donna: un errore per il quale nessuno pagherà. Anzi, se Serena Grandi dovesse chiedere il giusto risarcimento per quanto subìto, dovrà essere lo Stato italiano, e cioè noi contribuenti, a sborsare la somma: mai tirerà fuori un euro chi, invece, ha preso la cantonata.
E questo – non mi stancherò mai di sostenerlo - continua a sembrare davvero ingiusto.
Trovatemi un'altra professione, al mondo, che, per legge, non paga per i propri errori.
Trovatemi un'altra professione, al mondo, che, per legge, non paga per i propri errori.
Anzi, per dirla alla Cossiga, in quell'ambiente si fa carriera per anzianità e per demeriti.
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