I cittadini di Chiaiano e Marano che difendono il loro territorio hanno diritto a tutte le informazioni e, con i loro tecnici, a tutti i controlli necessari. E Bertolaso è tenuto a fornirli nel modo più ampio ed attendibile.
Ma la violenza riesplosa in questi giorni, una violenza programmata, preordinata ed attuata in forma di guerriglia vera e propria, fa capire che ci sono forze oscure che soffiano sul fuoco per ideologia e loschi interessi. Non a caso nella protesta sventolano bandiere "No Global" "No al Molin" "No Tav" "La Rete". E male fa il sindaco di Marano a confondersi con i professionisti della guerriglia e con i guaglioni dei clan.
Dinanzi a ciò il Comune, la Provincia, la Regione, sono assenti, sono ignominiosamente fuggiti per rintanarsi nei palazzi di un potere che garantisce una loro inutile, dannosa, perniciosa, sopravivenza. Nascosti, assenti, nulle e incapaci anche di vergognarsi sperano che lo Stato provveda con l’esercito. Siamo in una guerra nella quale loro hanno già disertato.
Il ministro Prestigiacomo ammonisce: «Pochi facinorosi creano un clima di tensione », mentre Nicola Dell’Acqua, dirigente dell’Ufficio del sottosegretario Bertolaso, ha accompagnato i giornalisti e le istituzioni nella cava presidiata per esporre lo stato dei lavori.
Dal canto suo, il sindaco di Marano, Salvatore Perrotta, ha nominato assessori “per un giorno” due tecnici (Ortolani e de Medici) in modo di consentire loro l’ispezione della cava.
martedì 30 settembre 2008
Se Berlusconi è do Nascimiento, Di Pietro è Wanna Marchi
Qualcuno mi deve spiegare perchè se una persona è simpatizzante della sinistra è una persona razionale mentre se la stessa persona simpatizza per il centrodestra è stata invece sottoposta ad un lavaggio del cervello mediatico.
E' quello che afferma Di Pietro sul suo Blog: ".....dico che Berlusconi è un po come Do Nascimento: continua ad imbonire l'opinione pubblica con messaggi totalmente falsi, ......."
Di pietro, che per me è l'uomo meno limpido del panorama politico italiano, è il vero imbonitore di piccoli cervelli, e fa leva sulla semplicità e sulla ingenuità della gente per giocare a fare lo statista.
Di Pietro dovrebbe spiegare: come ha fatto in così pochi anni a diventare miliardario? Così lo faccio anche io ! Appartamenti e terreni un po' ovunque! Mi spiegasse anche perchè ha lasciato la magistratura! Mi spiegasse che meriti aveva per essere eletto senatore al Mugello al posto di Curzi appena lasciata la magistratura! Con gente così non è sicuramente in pericolo la democrazia attuale perchè la sanno gestire bene per farsi i propri comodi e senza dare spiegazioni. Poi ci dica perchè dopo le elezioni non ha rispettato lui, persona seria ed irreprensibile, i patti e non è confluito nel PD. (Attenzione: solo pochi giorni dopo aver saputo quanti deputati aveva...!!).
Che persona corretta!
Ma, mentre Di Pietro sparla e offende, Berlusconi agisce e noi italiani gli diciamo grazie.
Grazie di avere ripulitio Napoli,
grazie di avere abolito l'ICI,
grazie di avere salvato Alitalia,
grazia di avere dato un colpo mortale alla camorra.
Grazie Presidente e sono certo che tanti altri grazie verranno.
Ma il problema è che il vero imbonitore (Di Pietro) di piccoli cervelli aumenta i consensi anche se tutti gli orfani della sinistra gridano che non potranno mai essere rappresentati da questo individuo senza arte nè parte. E allora i consensi provengono da gente del PD?
E allora anche lo spaesato Veltroni si mette a sparlare di Berlusconi per evitare la fuga degli elettori dal PD all'IdV. E, per dirla come il mio amico arciprete , nell'angoscia di dimostrare che ancora esiste, la spara grossa, contando almeno sul rumore. Dice che l'Italia rischia la svolta autoritaria.
Ma Veltroni è ancora meno credibile di Di Pietro. Perchè?
Perchè se il leader dell'opposizione fosse credibile domattina accadrebbe quanto segue:
a- crollo dei prezzi di Bot e CCT per ritiro degli investitori stranieri spaventati;
b- fuga dei capitali all'estero;
c- giovani che si armano e si rifugiano in montagna per prepararsi alla resistenza;
d- reazioni politiche internazionali, consultazione di ambasciatori e moniti europei al governo.
Naturalmente niente di tutto questo accadrà perchè quello che dice Veltroni è insignificante.
Grazie arciprete.Tutti in piazza, Signorsì!
Veltroni stava sbagliando con Alitalia e, per mettere i bastoni tra le ruote al governo, stava danneggiando l'Italia e gli italiani, finchè non si è accorto che l'opinione pubblica lo stava denigrando ed additando ed allora ha cambiato tattica.
Ma, come si dice dalle mie parti, a lavare la testa all'asino si spreca l'acqua ed il sapone, ed ora Veltroni sta facendo lo stesso errore con l'argomento Scuola. Anzi, la scuola è stata scelta come il terreno privilegiato per la battaglia politica contro il governo, demonizzando le iniziative del ministro e della maggioranza, terrorizzando le famiglie con false notizie (tempo pieno abolito, insegnamenti tagliati, insegnanti di sostegno licenziati, attacco alla scuola statale, ecc.), e strumentalizzando i bambini.
Veltroni e i suoi sembrano non capire che la scuola è come l'Alitalia, un carrozzone destinato al fallimento se non si interviene subito e a fondo. I provvedimenti presi finora - educazione civica, voto in condotta, pagelle con i voti, maestro unico,riorganizzazione dell'impiego dei docenti nelle scuole elementari, potenziamento del tempo pieno e mantenimento degli insegnati di sostegno e blocco della progressione della spesa vanno nella direzione di creare nel giro di pochi anni le condizioni per una scuola migliore, più capace di istruire ma anche di educare, con insegnanti riconosciuti nel loro ruolo sociale e meglio pagati. Sono provvedimenti facili da comprendere, apprezzati dai cittadini, che mettono la sinistra davanti a un bivio. Oggi l’alternativa è:
- collaborare in una riforma non più rinviabile oppure
- continuare a lasciare le cose come stanno e giungere alla bancarotta economica, formativa ma soprattutto educativa.
Veltroni ha scelto la seconda via contraddicendo le sue promesse elettorali di mutua cooperazione per fare insieme le riforme.
Anche qui i motivi del cambiamento sono due:
- La promessa elettorale valeva solo in caso di vittoria del csx, oppure
- Veltroni si sta accorgendo che Di Pietro, con il suo antiberlusconismo a tutto tondo, sta aumentando le simpatie ed i consensi, ed allora si butta nello stesso campo.
Indipendentemente da tutte queste considerazioni, i fatti (non le chiacchiere) di Alitalia, come l'euforia dei dipendenti per il mancato accordo, e quelli della scuola, dove nessuno verifica che quanto paventano i sinistri non è scritto nel decreto, mi fa concludere che i "coglioni" esistono davvero. Non ci volevo credere.
Ma, come si dice dalle mie parti, a lavare la testa all'asino si spreca l'acqua ed il sapone, ed ora Veltroni sta facendo lo stesso errore con l'argomento Scuola. Anzi, la scuola è stata scelta come il terreno privilegiato per la battaglia politica contro il governo, demonizzando le iniziative del ministro e della maggioranza, terrorizzando le famiglie con false notizie (tempo pieno abolito, insegnamenti tagliati, insegnanti di sostegno licenziati, attacco alla scuola statale, ecc.), e strumentalizzando i bambini.
Veltroni e i suoi sembrano non capire che la scuola è come l'Alitalia, un carrozzone destinato al fallimento se non si interviene subito e a fondo. I provvedimenti presi finora - educazione civica, voto in condotta, pagelle con i voti, maestro unico,riorganizzazione dell'impiego dei docenti nelle scuole elementari, potenziamento del tempo pieno e mantenimento degli insegnati di sostegno e blocco della progressione della spesa vanno nella direzione di creare nel giro di pochi anni le condizioni per una scuola migliore, più capace di istruire ma anche di educare, con insegnanti riconosciuti nel loro ruolo sociale e meglio pagati. Sono provvedimenti facili da comprendere, apprezzati dai cittadini, che mettono la sinistra davanti a un bivio. Oggi l’alternativa è:
- collaborare in una riforma non più rinviabile oppure
- continuare a lasciare le cose come stanno e giungere alla bancarotta economica, formativa ma soprattutto educativa.
Veltroni ha scelto la seconda via contraddicendo le sue promesse elettorali di mutua cooperazione per fare insieme le riforme.
Anche qui i motivi del cambiamento sono due:
- La promessa elettorale valeva solo in caso di vittoria del csx, oppure
- Veltroni si sta accorgendo che Di Pietro, con il suo antiberlusconismo a tutto tondo, sta aumentando le simpatie ed i consensi, ed allora si butta nello stesso campo.
Indipendentemente da tutte queste considerazioni, i fatti (non le chiacchiere) di Alitalia, come l'euforia dei dipendenti per il mancato accordo, e quelli della scuola, dove nessuno verifica che quanto paventano i sinistri non è scritto nel decreto, mi fa concludere che i "coglioni" esistono davvero. Non ci volevo credere.
5.000 dipendenti Telecom in mobilità
domenica 28 settembre 2008
Scccc, che non se ne parli troppo.
Si terranno lunedì 29 settembre, a Caserta, i funerali dei due poliziotti morti nell’incidente stradale nel casertano mentre inseguivano un’auto sfuggita all’alt.
Il rito funebre degli agenti Francesco Alighieri e Gabriele Rossi è previsto alle 12.30, presso la Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato di Caserta, dove da sabato mattina è stata allestita la camera ardente. Mi sembra giusto riportare questa notizia che non ho trovato su nessun quotidiano di domenica.
Però siamo stati informati che sono stati uccisi sei sequestratori tra quelli che hanno rapito gli italiani in Egitto, che la Lazio è sola in testa e Ronaldinho ha acceso il derby, che Berlusconi ci ricorda che questo PD è ridicolo, che il Congresso Usa forse dirà di si al piano anti-crisi, che in Austria la destra è in forte ascesa, che aumenteranno le tariffe di luce e gas, che la crisi colpisce anche le lap dancers, che gli assistenti di volo forse firmano o forse non lo fanno, che McClain è innamorato del gioco d'azzardo (sono tutti i titolo del Corriere della sera on line in questo monento).
Ma dei due poliziotti niente.
Intanto, nel pomeriggio di sabato, intorno alle 13, il 26enne Sebastiano Maglione si è costituito presso la caserma dei carabinieri di Giugliano (Napoli) sostenendo di essere il conducente della Fiat Panda coinvolta nell’inseguimento di venerdì mattina, lungo la statale Villa Literno-Giugliano, sul territorio di Casapesenna. Le accuse per lui sono di resistenza a pubblico ufficiale e omicidio colposo plurimo. E’ sprovvisto di patente, l’auto era priva di assicurazione e, guidava sotto l’effetto di stupefacenti.
Il rito funebre degli agenti Francesco Alighieri e Gabriele Rossi è previsto alle 12.30, presso la Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato di Caserta, dove da sabato mattina è stata allestita la camera ardente. Mi sembra giusto riportare questa notizia che non ho trovato su nessun quotidiano di domenica.
Però siamo stati informati che sono stati uccisi sei sequestratori tra quelli che hanno rapito gli italiani in Egitto, che la Lazio è sola in testa e Ronaldinho ha acceso il derby, che Berlusconi ci ricorda che questo PD è ridicolo, che il Congresso Usa forse dirà di si al piano anti-crisi, che in Austria la destra è in forte ascesa, che aumenteranno le tariffe di luce e gas, che la crisi colpisce anche le lap dancers, che gli assistenti di volo forse firmano o forse non lo fanno, che McClain è innamorato del gioco d'azzardo (sono tutti i titolo del Corriere della sera on line in questo monento).
Ma dei due poliziotti niente.
Intanto, nel pomeriggio di sabato, intorno alle 13, il 26enne Sebastiano Maglione si è costituito presso la caserma dei carabinieri di Giugliano (Napoli) sostenendo di essere il conducente della Fiat Panda coinvolta nell’inseguimento di venerdì mattina, lungo la statale Villa Literno-Giugliano, sul territorio di Casapesenna. Le accuse per lui sono di resistenza a pubblico ufficiale e omicidio colposo plurimo. E’ sprovvisto di patente, l’auto era priva di assicurazione e, guidava sotto l’effetto di stupefacenti.
Ottimo Cacciari
Il Gazzettino fa due conti ed ha pubblicato la notizia in prima pagina, aprendo sull’argomento ponte di Calatrava l’ennesimo fronte polemico: "580.000 euro ogni anno per sorvegliare il ponte". Del resto, attorno alla super passerella ormai da tempo prolifera un’ampia letteratura tragicomica: dal sistema di illuminazione così tecnologico da far ruzzolare i pedoni, alla statica «ballerina» dell’intera struttura; dai gradini di vetro così moderni dal risultare invisibili, alla difficoltà di pulire alcune parti della struttura a causa della loro estrema fragilità. Per non parlare dei costi lievitati a dismisura, dell’inaugurazione rinviata, delle proteste dei disabili per la presenza delle barriere architettonica, ecc.
Ma torniamo alla notizia: sui vigili veneziani grava ora la grande responsabilità di non far danneggiare un ponte costato 12 milioni e mezzo di euro. Un bene da tutelare a ogni costo. E il «costo» non è certo indifferente per il serenissimo contribuente: «La mattina ci sono due agenti, il pomeriggio altrettanti, la sera sono in tre, così come la notte - spiega il dettagliato servizio del Gazzettino -. Totale: dieci agenti impiegati a turno ogni giorno solo sul ponte, la maggioranza dei quali armati, che costano circa 1.570 euro al giorno. Questa, almeno, è la cifra che risulta in base ai minimi salariali e alle indennità di lavoro serale e notturno».
Calcolatrice alla mano, un mese di vigilanza costerà 48mila euro e un anno addirittura 580mila.
L'articolo evidenzia che, per il momento, queste risorse vengono sottratte al loro normale servizio a tutela degli alunni all'ingresso/uscita delle scuole, alla lotta al commercio senza licenze, ecc.
Ottimo Cacciari. Però, a sentirlo, parla bene.
Ottimo Cacciari. Però, a sentirlo, parla bene.
Se fosse una regola, quanto costerebbe tutelare l'eventuale ponte sullo stretto?
sabato 27 settembre 2008
Veltroni, il lucido stratega.
Comunque finisca la vicenda Alitalia, e’ stato istruttivo constatare come il segretario del Pd Veltroni, non trovando soddisfazione nel mondo dei fatti reali, cerchi di rifugiarsi nella realta’ virtuale, costruendo scenari fantasiosi e surreali.
In questi ultimi giorni, il segretario del Pd si e’ affannato a rimarcare la centralita’ del suo partito in questa vicenda: altra cosa alla quale possono credere solo i piu’ appassionati lettori dei romanzi veltroniani.
Walter scrive ora letterine. E le scrive al presidente del Consiglio, a Berlusconi, sul futuro dell’Alitalia. La letterina è fatta per essere ripresa e titolata, inizia con un formale «Signor Presidente» e ovviamente finisce subito in agenzia. Adesso, anche un pollo capisce che Veltroni non sta scrivendo davvero a Berlusconi, ma sta scrivendo proprio perché la sua letterina finisca sulle agenzie.
In effetti, c’e’ stato un solo momento in cui Veltroni ha giocato un qualche ruolo: e’ successo quando ha fatto sponda ad Epifani su una linea negativa e ostruzionistica. Ma, vista la reazione dell’opinione pubblica, Veltroni ha capito che doveva sfilarsi dal vicolo cieco in cui si era cacciato.
Tutto legittimo, in politica: ma che questo zig-zag ci venga ora descritto come una lucida strategia, e’ un po’ troppo.
A dire la verità, al tavolo dell’Alitalia il governo aveva cominciato la partita molto male, seguendo il metodo del "così è se vi pare", trattando a muso duro con Cgil e piloti, tenendo alta la polemica con il Pd. Poi, di fronte al baratro, si è cambiato rotta: Berlusconi ha chiamato Letta e gli ha dato i pieni poteri. Lì è cominciata la nuova tessitura. Il dialogo paziente, l’analisi separata dei punti di dissenso, l’ampliamento degli interlocutori. Letta ha chiamato D’Alema, Rutelli, Veltroni. E a casa del leader del Pd ha chiuso l’intesa con Colaninno ed Epifani. La teoria democristiana era che, suddividendo i meriti, ne avrebbe tratto comunque maggiori benefici il governo e la stabilità del sistema. È il costume di Letta, se non il suo dna. Si potrebbe concludere che il «metodo» dell’inclusione ha dimostrato la sua superiorità sul «metodo» decisionista che era invece sfiociato nella rottura sindacale.
Veltroni può dire solo che lui ci ha messo la casa, ma il lavoro lo ha fatto Letta.
In questi ultimi giorni, il segretario del Pd si e’ affannato a rimarcare la centralita’ del suo partito in questa vicenda: altra cosa alla quale possono credere solo i piu’ appassionati lettori dei romanzi veltroniani.
Walter scrive ora letterine. E le scrive al presidente del Consiglio, a Berlusconi, sul futuro dell’Alitalia. La letterina è fatta per essere ripresa e titolata, inizia con un formale «Signor Presidente» e ovviamente finisce subito in agenzia. Adesso, anche un pollo capisce che Veltroni non sta scrivendo davvero a Berlusconi, ma sta scrivendo proprio perché la sua letterina finisca sulle agenzie.
In effetti, c’e’ stato un solo momento in cui Veltroni ha giocato un qualche ruolo: e’ successo quando ha fatto sponda ad Epifani su una linea negativa e ostruzionistica. Ma, vista la reazione dell’opinione pubblica, Veltroni ha capito che doveva sfilarsi dal vicolo cieco in cui si era cacciato.
Tutto legittimo, in politica: ma che questo zig-zag ci venga ora descritto come una lucida strategia, e’ un po’ troppo.
A dire la verità, al tavolo dell’Alitalia il governo aveva cominciato la partita molto male, seguendo il metodo del "così è se vi pare", trattando a muso duro con Cgil e piloti, tenendo alta la polemica con il Pd. Poi, di fronte al baratro, si è cambiato rotta: Berlusconi ha chiamato Letta e gli ha dato i pieni poteri. Lì è cominciata la nuova tessitura. Il dialogo paziente, l’analisi separata dei punti di dissenso, l’ampliamento degli interlocutori. Letta ha chiamato D’Alema, Rutelli, Veltroni. E a casa del leader del Pd ha chiuso l’intesa con Colaninno ed Epifani. La teoria democristiana era che, suddividendo i meriti, ne avrebbe tratto comunque maggiori benefici il governo e la stabilità del sistema. È il costume di Letta, se non il suo dna. Si potrebbe concludere che il «metodo» dell’inclusione ha dimostrato la sua superiorità sul «metodo» decisionista che era invece sfiociato nella rottura sindacale.
Veltroni può dire solo che lui ci ha messo la casa, ma il lavoro lo ha fatto Letta.
un comico realista
In via S. Maria Ante Saecula 109, rione Sanità a Napoli la casa grigia di Totò, chiusa e quasi introvabile, è abbandonata. Sembra crollare. Nel "basso" hanno aperto un'officina abusiva.
Il Comune aveva promesso al mondo un museo. È stata venduta a un anonimo privato.
Un inquilino tira un lenzuolo blu, steso ad asciugare dalla casa di fronte e copre anche la targa, sporca e illeggibile. Forse vuol cancellare chi, anticipando una tragedia, faceva ridere. Ed è stato confuso con un comico.
Da Repubblica
Il Comune aveva promesso al mondo un museo. È stata venduta a un anonimo privato.
Un inquilino tira un lenzuolo blu, steso ad asciugare dalla casa di fronte e copre anche la targa, sporca e illeggibile. Forse vuol cancellare chi, anticipando una tragedia, faceva ridere. Ed è stato confuso con un comico.
Da Repubblica
giovedì 25 settembre 2008
Di Pietro: l'asino che continua a ragliare
Roberto Conte, esponente del Pd al consiglio regionale della Campania è accusato da Giuseppe Misso di essersi comprato i voti nelle elezioni del 2000 ed i pubblici ministeri della Dda Sergio Amato e Giuseppe Narducci hanno chiuso le indagini preliminari e sono pronti a chiedere il suo rinvio a giudizio per "associazione camorristica".
E' solo l'ultimo imputato che si aggiunge ad una lunga lista di esponenti del Pd e dell'Idv ad avere a che fare con la giustizia, e non per aver rubato una mela.
Perchè evidenzio questa realtà?
Solo perche ancora ieri, al question time in Parlamento, un certo Di Pietro ha riproposto con vigore la necessità di inserire una norma che escluda dai pubblici uffici personaggi che hanno pendenze con la giustizia.
Cosa meritoria e giusta. Ma non è nè meritorio nè giusto far apparire che questa norma sia necessaria perchè alcuni esponenti del Pdl demoralizzano la funzione del Parlamento. E' solo ipocrisia.
Se volete divertirvi a leggere quanti e quali personaggi sono nella Idv, questo è un assaggio.
http://grandebugia.splinder.com/tag/idv+
Ma i blog diu Travaglio, Grillo e Di Pietro continuano a diffondere un elenco in cui appare una Idv "Immacolata".
E' solo l'ultimo imputato che si aggiunge ad una lunga lista di esponenti del Pd e dell'Idv ad avere a che fare con la giustizia, e non per aver rubato una mela.
Perchè evidenzio questa realtà?
Solo perche ancora ieri, al question time in Parlamento, un certo Di Pietro ha riproposto con vigore la necessità di inserire una norma che escluda dai pubblici uffici personaggi che hanno pendenze con la giustizia.
Cosa meritoria e giusta. Ma non è nè meritorio nè giusto far apparire che questa norma sia necessaria perchè alcuni esponenti del Pdl demoralizzano la funzione del Parlamento. E' solo ipocrisia.
Se volete divertirvi a leggere quanti e quali personaggi sono nella Idv, questo è un assaggio.
http://grandebugia.splinder.com/tag/idv+
Ma i blog diu Travaglio, Grillo e Di Pietro continuano a diffondere un elenco in cui appare una Idv "Immacolata".
mercoledì 24 settembre 2008
Il riscaldamento globale capovolge gli arcobaleni
E’ possibile che anche davanti al sorriso della natura, ci sia chi riesca a vedervi solo pianti e stridore di denti?
Si’, purtroppo e’ possibile: sulle pagine de La Repubblica, tanto per cambiare, dove un arco circumzenitale è diventato senza alcuna giustificazione seria, presagio di un futuro funesto.
Comincia tutto domenica 14 settembre, quando sui cieli di Cambridge un'astronoma inglese ha fotografato, appunto, un bellissimo arco circumzenitale. Un "arcobaleno al contrario”, diremmo in lingua spicciola osservandolo nel cielo...o forse, preferiremmo definirlo per quello che ci ricorda: un grande sorriso. Eh sì, a quanto pare c'è ancora ghiaccio lassù nell'alto dei cieli, in questo pianeta in preda al riscaldamento globale. A quanto pare, la Natura sa ancora sorriderci, ricordando quasi la dolcezza e la tenerezza di una mamma.Il fenomeno del “sorriso nel cielo” è causato dalla rifrazione dei raggi solari da parte dei minuscoli cristalli di ghiaccio che formano i cirri, nubi alte e stratiformi che popolano l'atmosfera.
Non è per nulla raro, anche se per osservarlo dal suolo occorrono condizioni particolari, come l’assenza di nubi più basse rispetto a quei cirri. A volte comunque l’”arcobaleno” diviene molto intenso e vistoso, e può assumere qualsiasi forma.
Tutto cio’ e’ ben noto da molto tempo. Ma se a Cambridge la Natura ha voluto sorridere all'umanità, alcuni di noi terrestri hanno voluto per forza vederci un segno di un disperato futuro: su “La Repubblica” e’ uscito infatti il 17 settembre nella sezione "Tecnologia & Scienza" (sic) un articolo a dir poco vergognoso, dove l’autore Marco Stefanini dava la "colpa" di quel sorriso ai mutamenti climatici. Il riscaldamento globale fa capovolgere gli arcobaleni? Ma questa incredibile frottola non e’ supportata da nessuno studioso ne’ della metereologia, ne’della climatologia, ne’ di entrambi. Non c’e’ alcuno studio in proposito, anzi, non c’e’ neanche alcuna ipotesi in proposito. Insomma i sorrisi nel cielo e le emissioni antropogeniche di gas a effetto serra non hanno niente a che fare l’uno con le altre, a parte il fatto che occorrono tutti nell’atmosfera.
E’ quindi il mondo de La Repubblica a essere capovolto, per l’ennesima volta, dopo la recente figuraccia sulla assolutamente inventata storia dei nove orsi polari prossimi all’affogamento.
Per fortuna e’ subito arrivata una risposta dal Maggiore dell'Aeronautica Militare Guido Guidi, esperto di meteorologia e climatologia, che sul suo blog Climate Monitor ha smentito l’ennesima stupidaggine di Repubblica scrivendo: "Non c’è nessun, ma proprio nessun collegamento con il clima che cambia. Il fenomeno è raro ma non anomalo, dipende solo dal sole e dalla posizione dei cristalli di ghiaccio nelle nubi. Ghiaccio sì, proprio quello che abbonda nelle pazze nubi di questo pazzo mondo surriscaldato. Del resto notoriamente siamo usi raffreddare le bibite nel forno e riscaldare gli alimenti nel freezer.”Mettiamo per un attimo da parte l’ipotesi che il signor Marco Stefanini ne sappia di clima più di qualunque altro scienziato. Ma perché, ci chiediamo allora, “La Repubblica” dovrebbe unico e solo giornale al mondo a scrivere certe castronerie sugli archi circumzenitali e il riscaldamento globale? Anche Guidi si e’ posto quella domanda, e questa e’ stata la sua risposta: “Abbiamo capito che la stella di Repubblica brilla nella stessa galassia finanziaria di Sorgenia (CIR, la holding che detiene anche il gruppo editoriale l’Espresso, detiene il 68,1% di Sorgenia Holding che, a sua volta ha il 79,5% di Sorgenia), impegnata nel settore dell’energia eolica, ma di questo gliene siamo grati ugualmente, perchè le fonti rinnovabili le abbiamo a cuore anche noi, senza la necessità di essere presi per i fondelli sul giornale."
Anche sulla Gazzetta dello Sport di sabato 20 settembre,a pag. 43, lo "scoop" di Repubblica ha trovato spazio nella rubrica "le notizie che non lo erano", con Luca Sofri a spiegare che il fenomeno non è causato dai cambiamenti climatici. D’altronde, di archi circumzenitali ne sono piene le cronache, a volerli cercare. Per esempio negli archivi del New York Times se ne comincia a parlare quasi da subito (Tennessee, 1844; Connecticut, 1849; New Jersey, 1854). Se ne erano occupati Huygens e Helvetius nel XVII secolo. Ce ne sono probabilmente tracce anche nelle opere di Aristotele, e di Plinio. Piu’ vicino a noi, esempi in Inghilterra nel 2004, e a Pisa nel 2000.
Visto il recente passato, c’è da dubitare che a La Repubblica queste precisazioni vengano pubblicate, in un improvviso impeto di onestà con i lettori. Cosa s’ha da fare per vendere un impianto di energia eolica in più...
Tratto da Controcorrente
Isaia Sales vuota il sacco
Isaia Sales, ex primo consigliere di Bassolino per la programmazione dei fondi Ue, in un lungo articolo comparso domenica sul Corriere del Mezzogiorno non ce la fa più a rimanere nei continui compromessi e vuota il sacco denunciando che il fallimento della politica in campania è stata condizionata dai dazi pagati a Fassino, Rutelli, D'Alema e Veltroni. Ecco parte delle sue dichiarazioni ed il link dell'articolo:
E' inutile negarlo, non ce l'abbiamo fatta a migliorare strutturalmente la città di Napoli, non ce l'abbiamo fatta a trasformare la Regione in un'istituzione autorevole e competitiva nei confronti delle migliori esperienze regionali, non ce l'abbiamo fatta a far vincere un modello alternativo alla pratica discrezionale di governo, relegando la clientela a una eccezione e non a una prassi corrente e abituale, non ce l'abbiamo fatta a rendere la politica e i partiti strumenti di grandi passioni civili dopo la fine di quelle ideologiche.
Provo, dunque, a dire la mia sul perché ciò sia successo, e mi auguro che sia possibile un confronto civile. Ci sono fattori oggettivi e fattori soggettivi che determinano l'esito di un ciclo politico.
Comincio dai fattori oggettivi, precisando che li registro non come alibi o giustificazione, ma come concorso agli eventi del quindicennio in esame. A Napoli e in Campania spesso si ignorano le interconnessioni che sempre sono esistite, esistono ed esisteranno tra vicende politiche nazionali e la nostra realtà. Pensare che all'insuccesso del ciclo che si chiude in Campania non abbiano contribuito i livelli politici nazionali (sia di governo, sia di partito) è un atteggiamento a dir poco miope. Non dimentichiamo che grosso modo fino al 1997, cioè fino alla chiusura del primo mandato dei sindaci eletti con il nuovo sistema, il primo mandato di Bassolino ha goduto di una autonomia dalle coalizioni partitiche che ha giovato enormemente al cambiamento che la città conobbe. Poi, tutti i nostalgici del vecchio sistema politico si coalizzarono contro la stagione dei sindaci non per cancellarla (non ne avevano le condizioni) ma per depotenziarla. Così, se la prima sindacatura si accompagnò a una libertà ampia di azione nell'innovare prassi e strategie del governo locale, nella seconda si ridusse considerevolmente grazie al ritorno dei partiti come arbitri delle istituzioni locali.
Mi spiego meglio: È stato alto il prezzo che il centrosinistra campano ha dovuto pagare agli equilibri politici nazionali. Allearsi con De Mita e Mastella non è stata una scelta facile e indolore. Un'alleanza non del tutto naturale né obbligata, almeno nei termini in cui si è poi realizzata. In ogni caso non era all'orizzonte quando Bassolino divenne sindaco. Non dimentichiamo l'avversione di tanti di noi per il ribaltone che portò Mastella in Campania a rompere con Rastrelli e da lì allearsi con l'Ulivo nazionale. La giunta del ribaltone fu il prezzo che la Campania pagò per consentire a D'Alema e all'Ulivo di sopravvivere dopo la sfiducia di Rifondazione a Prodi. Da allora Mastella e il mastellismo fecero della Campania il luogo principale della loro forza nazionale. E quello che trattavano sui tavoli romani per mantenere la coalizione, lo pretendevano e lo riscuotevano in Campania. L'accordo perché l'Udeur ottenesse due assessori e la presidenza del consiglio regionale nel 2005 fu siglato a Roma con la firma di Fassino e Rutelli.
Si poteva essere innovatori e governare con Mastella? L'alleanza con De Mita era sicuramente più naturale (è diverso lo spessore politico e culturale), eppure non era nelle corde né di Bassolino né di De Mita: gli scontri del passato avevano segnato profondamente i rapporti tra i due. De Mita non avrebbe voluto Bassolino alla Regione e Bassolino avrebbe fatto a meno di un rapporto preferenziale. E all'inizio si provò ad avviare una collaborazione che non compromettesse una spinta riformatrice nel governo regionale a partire dalla sanità, dove era chiaro che senza un'opera decisa di sradicamento di prassi precedenti la «Regione nuova» non sarebbe mai decollata. Nella prima giunta dopo le elezioni del 2000 non fu riconosciuto a De Mita lo «ius» di nominare l'assessore alla Sanità, e allora il leader di Nusco aprì subito la crisi, ritirò i suoi assessori, e da Roma cominciò una martellante opera di convincimento per accontentare De Mita da parte dei vertici dei Ds (a partire da Veltroni) e di tutto il governo dell'Ulivo. Era evidente per loro che con De Mita all'opposizione in Campania non sarebbe stato possibile dare vita alla Margherita, premessa per la nascita poi del Partito Democratico.
Bassolino, con la volontà di liberare la sanità da un controllo asfissiante dei vecchi notabilati, era additato in quel periodo a Roma come chi stava compromettendo la vittoria dell'Ulivo alle successive elezioni politiche. Bassolino cedette. Quanti sostenitori accaniti allora delle ragioni di De Mita ho sentito poi criticare aspramente Bassolino per lo stato della sanità in Campania. Ma che si pensava, che De Mita richiedeva un suo uomo alla sanità per fare opere di misericordia? L'alleanza con De Mita e con Mastella ha indubbiamente depotenziato la carica innovativa di Bassolino o almeno ha interrotto la spinta propulsiva al cambiamento che era stato capace di trasmettere al Comune di Napoli. Poi qualcuno ha suggerito al presidente della Regione che almeno bisognava competere sullo stesso livello per il controllo del potere sanitario, senza lasciarlo solo nelle mani degli uomini della Margherita. Ed è stato un errore ancora più grave e imperdonabile. Molti sacrifici, nessun apprezzamento. Dunque, al centrosinistra vittorioso in Campania è stato chiesto di contribuire agli equilibri nazionali senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze che ciò avrebbe avuto sul buon governo. Ora, uno pensa che se ci si sacrifica per gli equilibri nazionali, ci sarà almeno un apprezzamento. Macché. Gli stessi che avevano spinto, pressato, pregato ossessivamente per un accordo in Campania, appena ottenutolo hanno ripagato con disprezzo, fastidio, lontananza. E così, paradossalmente, più si contribuiva alla tenuta degli equilibri dell'Ulivo e del Partito Democratico, più aumentava il distacco dalla politica nazionale, e tutto ciò molto prima della vicenda dei rifiuti. Troppo smaccata l'ingratitudine di una generazione di dirigenti dell'Ulivo e del Partito Democratico che avevano costretto a quelle alleanze e poi ne disprezzavano gli esiti, come se loro non c'entrassero nulla.
Anche nella vicenda dei rifiuti il nesso con le politica nazionale è stato del tutto evidente e disastroso per l'attuale governo regionale. Era palese, nel pieno della crisi scoppiata nel 2007 (e al di là delle evidenti responsabilità del Commissariato), che bastavano in quel momento poche e chiare decisioni del Governo nazionale per ottenere quei risultati che Berlusconi ha ottenuto appena un anno dopo. Ma il peso che i Verdi e Rifondazione avevano nel Governo Prodi era così condizionante da impedire decisioni che tutti sapevano necessarie per trovare una via d'uscita dalla crisi. Si è alla fine scelto (non so quanto consapevolmente, in ogni caso irresponsabilmente) l'acuirsi della crisi dei rifiuti in Campania pur di garantire la stabilità della coalizione governativa nazionale. La assoluta lontananza e ignoranza del problema fu drammaticamente svelata dal sottosegretario alla presidenza Enrico Letta, che in televisione a gennaio 2008, di fronte alle montagne di rifiuti per strada, dichiarò che in due giorni il Governo avrebbe risolto il problema.
Veniamo, ora, agli elementi soggettivi, cioè ai limiti di Bassolino. Si poteva gestire l'alleanza con De Mita e Mastella senza farla degenerare in un sistema di potere? Si poteva gestire la crisi dei rifiuti con un'azione più incisiva del Commissariato? Si poteva portare in Regione la stessa spinta innovativa della primo mandato a Napoli, anche in presenza di un ritorno prepotente dei partiti? Certo che si poteva. E perché, invece, è andata diversamente? In fondo Bassolino ha sempre pensato che la sua esperienza di governo locale fosse solo una parentesi. Che prima o poi sarebbe tornato alla politica nazionale, e in particolare a un ruolo guida nel suo partito. Capì nel 1992 che una fase storica si era chiusa e che la possibilità di un nuovo inizio, di una rilegittimazione della politica passava per il governo locale. Fu quasi l'unico del gruppo dirigente dell'ex Pci a comprenderlo. Gli altri restarono a Roma, convinti che la politica romana, senza sporcarsi con il governo locale, li avrebbe salvati. E alla fine hanno avuto ragione. Ancora oggi nella politica italiana, e soprattutto nel Partito Democratico, rivestono funzioni importanti persone che non sono mai state consiglieri comunali e non conoscono neanche lontanamente il fascino e il rischio del governo locale, soprattutto al Sud.
Della generazione di Bassolino, solo Veltroni e Cofferati qualche anno dopo si sono misurati con la guida di una grande città. Bassolino alla fine ha ceduto a De Mita, a Mastella, a Pecoraro Scanio perché non voleva tagliarsi i ponti con la politica nazionale, anche quando essa per il raggiungimento di suoi equilibri comprometteva un'identità riformatrice. Non ha voluto mai essere fino in fondo un amministratore che parla alla politica nazionale solo per le cose positive che realizza a livello locale. In questo caso, avrebbe avuto più forza e più potere contrattuale con i suoi stessi alleati. L'ossessione del ritorno sulla scena nazionale ne ha depotenziato con gli anni la sua carica innovativa a livello locale.
In secondo luogo, non ha mai amato la Regione come istituzione e non l'ha mai capita fino in fondo, non si è mai appassionato completamente ai suoi problemi. L'ha considerata come un prolungamento della sua esperienza di sindaco di Napoli, non come un'istituzione del tutto «originale» e rispondente a obiettivi e a modalità di esercizio del governo profondamente diversi da un grande Comune. Ha continuato a sentirsi sindaco e non governatore. Insomma, ha mostrato gli stessi limiti della classe dirigente di Napoli, che guarda ancora alla metropoli partenopea come città-mondo e non sa vederla come città-regione, avvertendo la funzione regionale come una diminuzione e non come una sua necessità. Mettersi quotidianamente a contrastare una gestione inaccettabile, per qualsiasi riformatore, della sanità o del ciclo delle acque e della depurazione non era nelle sue corde, soprattutto perché non consapevole di quanto questi settori siano fondamentali per la vita quotidiana dei cittadini campani. In fondo ha sempre pensato di aver «già dato» dopo l'esperienza di sindaco di Napoli, e che lo si candidava alla Regione perché non gli si voleva riconoscere un ruolo a Roma nella politica nazionale. E a un certo punto ha ritenuto, quasi fatalisticamente, che non si potesse modificare la situazione, e non solo si è «acquietato» ma ha nei fatti considerato il governo regionale come la somma di singoli assessorati ciascuno autonomo e rispondente al partito designante. E si sa che nelle istituzioni quando il leader si acquieta comincia il regno della gestione, e si perdono via via tutti i riferimenti strategici e qualche volta anche quelli morali.
Ma il difetto più grande di Bassolino come amministratore è la convinzione che basta ideare una politica perché automaticamente si realizzi. Per lui l'ideazione contiene già in sé la realizzazione. Si è sempre disinteressato alla «manutenzione » delle idee, che nella vita amministrative vuol dire fatica quotidiana a metterle in atto, a schivare e a superare gli impedimenti, umani, politici o burocratici che si frappongono. Si capisce così il suo «continuismo» amministrativo nei vertici della macchina regionale e nei Commissariati, causa di tanti errori e problemi. Se come sindaco di Napoli l'ideazione di una politica aveva meno passaggi intermedi per la realizzazione, in Regione la cosa era completamente diversa, avendo a che fare con un'istituzione legislativa (e dunque con un ruolo più importante del Consiglio) che affida molte delle cose che vuole realizzare ad altre istituzioni. E il dramma è stato che anche alcune persone scelte da lui come collaboratori o come amministratori hanno avuto non solo i suoi stessi difetti ma li hanno anche accentuati. Molti dei «bassoliniani » credono che la capacità di governo consista solo nell'annuncio o nella mera gestione di un potere. In effetti, l'ideazione di una strategia è compito della politica e dei suoi leader. Quando si è al governo di un'istituzione si è prima di tutto amministratori, che anche in situazioni sfavorevoli non smarriscono mai le ragioni del proprio impegno. E, soprattutto, quando ci si sente «accerchiati » si ha l'obbligo di costruire, allevare, coltivare una classe dirigente allargata capace di lottare per i propri convincimenti e i propri valori anche in condizioni difficili. E questo Bassolino non lo ha fatto.
Ecco il link dell'articolo http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/campania/politica/articoli/2008/09_Settembre/22/sales_editoriale.shtml
E' inutile negarlo, non ce l'abbiamo fatta a migliorare strutturalmente la città di Napoli, non ce l'abbiamo fatta a trasformare la Regione in un'istituzione autorevole e competitiva nei confronti delle migliori esperienze regionali, non ce l'abbiamo fatta a far vincere un modello alternativo alla pratica discrezionale di governo, relegando la clientela a una eccezione e non a una prassi corrente e abituale, non ce l'abbiamo fatta a rendere la politica e i partiti strumenti di grandi passioni civili dopo la fine di quelle ideologiche.
Provo, dunque, a dire la mia sul perché ciò sia successo, e mi auguro che sia possibile un confronto civile. Ci sono fattori oggettivi e fattori soggettivi che determinano l'esito di un ciclo politico.
Comincio dai fattori oggettivi, precisando che li registro non come alibi o giustificazione, ma come concorso agli eventi del quindicennio in esame. A Napoli e in Campania spesso si ignorano le interconnessioni che sempre sono esistite, esistono ed esisteranno tra vicende politiche nazionali e la nostra realtà. Pensare che all'insuccesso del ciclo che si chiude in Campania non abbiano contribuito i livelli politici nazionali (sia di governo, sia di partito) è un atteggiamento a dir poco miope. Non dimentichiamo che grosso modo fino al 1997, cioè fino alla chiusura del primo mandato dei sindaci eletti con il nuovo sistema, il primo mandato di Bassolino ha goduto di una autonomia dalle coalizioni partitiche che ha giovato enormemente al cambiamento che la città conobbe. Poi, tutti i nostalgici del vecchio sistema politico si coalizzarono contro la stagione dei sindaci non per cancellarla (non ne avevano le condizioni) ma per depotenziarla. Così, se la prima sindacatura si accompagnò a una libertà ampia di azione nell'innovare prassi e strategie del governo locale, nella seconda si ridusse considerevolmente grazie al ritorno dei partiti come arbitri delle istituzioni locali.
Mi spiego meglio: È stato alto il prezzo che il centrosinistra campano ha dovuto pagare agli equilibri politici nazionali. Allearsi con De Mita e Mastella non è stata una scelta facile e indolore. Un'alleanza non del tutto naturale né obbligata, almeno nei termini in cui si è poi realizzata. In ogni caso non era all'orizzonte quando Bassolino divenne sindaco. Non dimentichiamo l'avversione di tanti di noi per il ribaltone che portò Mastella in Campania a rompere con Rastrelli e da lì allearsi con l'Ulivo nazionale. La giunta del ribaltone fu il prezzo che la Campania pagò per consentire a D'Alema e all'Ulivo di sopravvivere dopo la sfiducia di Rifondazione a Prodi. Da allora Mastella e il mastellismo fecero della Campania il luogo principale della loro forza nazionale. E quello che trattavano sui tavoli romani per mantenere la coalizione, lo pretendevano e lo riscuotevano in Campania. L'accordo perché l'Udeur ottenesse due assessori e la presidenza del consiglio regionale nel 2005 fu siglato a Roma con la firma di Fassino e Rutelli.
Si poteva essere innovatori e governare con Mastella? L'alleanza con De Mita era sicuramente più naturale (è diverso lo spessore politico e culturale), eppure non era nelle corde né di Bassolino né di De Mita: gli scontri del passato avevano segnato profondamente i rapporti tra i due. De Mita non avrebbe voluto Bassolino alla Regione e Bassolino avrebbe fatto a meno di un rapporto preferenziale. E all'inizio si provò ad avviare una collaborazione che non compromettesse una spinta riformatrice nel governo regionale a partire dalla sanità, dove era chiaro che senza un'opera decisa di sradicamento di prassi precedenti la «Regione nuova» non sarebbe mai decollata. Nella prima giunta dopo le elezioni del 2000 non fu riconosciuto a De Mita lo «ius» di nominare l'assessore alla Sanità, e allora il leader di Nusco aprì subito la crisi, ritirò i suoi assessori, e da Roma cominciò una martellante opera di convincimento per accontentare De Mita da parte dei vertici dei Ds (a partire da Veltroni) e di tutto il governo dell'Ulivo. Era evidente per loro che con De Mita all'opposizione in Campania non sarebbe stato possibile dare vita alla Margherita, premessa per la nascita poi del Partito Democratico.
Bassolino, con la volontà di liberare la sanità da un controllo asfissiante dei vecchi notabilati, era additato in quel periodo a Roma come chi stava compromettendo la vittoria dell'Ulivo alle successive elezioni politiche. Bassolino cedette. Quanti sostenitori accaniti allora delle ragioni di De Mita ho sentito poi criticare aspramente Bassolino per lo stato della sanità in Campania. Ma che si pensava, che De Mita richiedeva un suo uomo alla sanità per fare opere di misericordia? L'alleanza con De Mita e con Mastella ha indubbiamente depotenziato la carica innovativa di Bassolino o almeno ha interrotto la spinta propulsiva al cambiamento che era stato capace di trasmettere al Comune di Napoli. Poi qualcuno ha suggerito al presidente della Regione che almeno bisognava competere sullo stesso livello per il controllo del potere sanitario, senza lasciarlo solo nelle mani degli uomini della Margherita. Ed è stato un errore ancora più grave e imperdonabile. Molti sacrifici, nessun apprezzamento. Dunque, al centrosinistra vittorioso in Campania è stato chiesto di contribuire agli equilibri nazionali senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze che ciò avrebbe avuto sul buon governo. Ora, uno pensa che se ci si sacrifica per gli equilibri nazionali, ci sarà almeno un apprezzamento. Macché. Gli stessi che avevano spinto, pressato, pregato ossessivamente per un accordo in Campania, appena ottenutolo hanno ripagato con disprezzo, fastidio, lontananza. E così, paradossalmente, più si contribuiva alla tenuta degli equilibri dell'Ulivo e del Partito Democratico, più aumentava il distacco dalla politica nazionale, e tutto ciò molto prima della vicenda dei rifiuti. Troppo smaccata l'ingratitudine di una generazione di dirigenti dell'Ulivo e del Partito Democratico che avevano costretto a quelle alleanze e poi ne disprezzavano gli esiti, come se loro non c'entrassero nulla.
Anche nella vicenda dei rifiuti il nesso con le politica nazionale è stato del tutto evidente e disastroso per l'attuale governo regionale. Era palese, nel pieno della crisi scoppiata nel 2007 (e al di là delle evidenti responsabilità del Commissariato), che bastavano in quel momento poche e chiare decisioni del Governo nazionale per ottenere quei risultati che Berlusconi ha ottenuto appena un anno dopo. Ma il peso che i Verdi e Rifondazione avevano nel Governo Prodi era così condizionante da impedire decisioni che tutti sapevano necessarie per trovare una via d'uscita dalla crisi. Si è alla fine scelto (non so quanto consapevolmente, in ogni caso irresponsabilmente) l'acuirsi della crisi dei rifiuti in Campania pur di garantire la stabilità della coalizione governativa nazionale. La assoluta lontananza e ignoranza del problema fu drammaticamente svelata dal sottosegretario alla presidenza Enrico Letta, che in televisione a gennaio 2008, di fronte alle montagne di rifiuti per strada, dichiarò che in due giorni il Governo avrebbe risolto il problema.
Veniamo, ora, agli elementi soggettivi, cioè ai limiti di Bassolino. Si poteva gestire l'alleanza con De Mita e Mastella senza farla degenerare in un sistema di potere? Si poteva gestire la crisi dei rifiuti con un'azione più incisiva del Commissariato? Si poteva portare in Regione la stessa spinta innovativa della primo mandato a Napoli, anche in presenza di un ritorno prepotente dei partiti? Certo che si poteva. E perché, invece, è andata diversamente? In fondo Bassolino ha sempre pensato che la sua esperienza di governo locale fosse solo una parentesi. Che prima o poi sarebbe tornato alla politica nazionale, e in particolare a un ruolo guida nel suo partito. Capì nel 1992 che una fase storica si era chiusa e che la possibilità di un nuovo inizio, di una rilegittimazione della politica passava per il governo locale. Fu quasi l'unico del gruppo dirigente dell'ex Pci a comprenderlo. Gli altri restarono a Roma, convinti che la politica romana, senza sporcarsi con il governo locale, li avrebbe salvati. E alla fine hanno avuto ragione. Ancora oggi nella politica italiana, e soprattutto nel Partito Democratico, rivestono funzioni importanti persone che non sono mai state consiglieri comunali e non conoscono neanche lontanamente il fascino e il rischio del governo locale, soprattutto al Sud.
Della generazione di Bassolino, solo Veltroni e Cofferati qualche anno dopo si sono misurati con la guida di una grande città. Bassolino alla fine ha ceduto a De Mita, a Mastella, a Pecoraro Scanio perché non voleva tagliarsi i ponti con la politica nazionale, anche quando essa per il raggiungimento di suoi equilibri comprometteva un'identità riformatrice. Non ha voluto mai essere fino in fondo un amministratore che parla alla politica nazionale solo per le cose positive che realizza a livello locale. In questo caso, avrebbe avuto più forza e più potere contrattuale con i suoi stessi alleati. L'ossessione del ritorno sulla scena nazionale ne ha depotenziato con gli anni la sua carica innovativa a livello locale.
In secondo luogo, non ha mai amato la Regione come istituzione e non l'ha mai capita fino in fondo, non si è mai appassionato completamente ai suoi problemi. L'ha considerata come un prolungamento della sua esperienza di sindaco di Napoli, non come un'istituzione del tutto «originale» e rispondente a obiettivi e a modalità di esercizio del governo profondamente diversi da un grande Comune. Ha continuato a sentirsi sindaco e non governatore. Insomma, ha mostrato gli stessi limiti della classe dirigente di Napoli, che guarda ancora alla metropoli partenopea come città-mondo e non sa vederla come città-regione, avvertendo la funzione regionale come una diminuzione e non come una sua necessità. Mettersi quotidianamente a contrastare una gestione inaccettabile, per qualsiasi riformatore, della sanità o del ciclo delle acque e della depurazione non era nelle sue corde, soprattutto perché non consapevole di quanto questi settori siano fondamentali per la vita quotidiana dei cittadini campani. In fondo ha sempre pensato di aver «già dato» dopo l'esperienza di sindaco di Napoli, e che lo si candidava alla Regione perché non gli si voleva riconoscere un ruolo a Roma nella politica nazionale. E a un certo punto ha ritenuto, quasi fatalisticamente, che non si potesse modificare la situazione, e non solo si è «acquietato» ma ha nei fatti considerato il governo regionale come la somma di singoli assessorati ciascuno autonomo e rispondente al partito designante. E si sa che nelle istituzioni quando il leader si acquieta comincia il regno della gestione, e si perdono via via tutti i riferimenti strategici e qualche volta anche quelli morali.
Ma il difetto più grande di Bassolino come amministratore è la convinzione che basta ideare una politica perché automaticamente si realizzi. Per lui l'ideazione contiene già in sé la realizzazione. Si è sempre disinteressato alla «manutenzione » delle idee, che nella vita amministrative vuol dire fatica quotidiana a metterle in atto, a schivare e a superare gli impedimenti, umani, politici o burocratici che si frappongono. Si capisce così il suo «continuismo» amministrativo nei vertici della macchina regionale e nei Commissariati, causa di tanti errori e problemi. Se come sindaco di Napoli l'ideazione di una politica aveva meno passaggi intermedi per la realizzazione, in Regione la cosa era completamente diversa, avendo a che fare con un'istituzione legislativa (e dunque con un ruolo più importante del Consiglio) che affida molte delle cose che vuole realizzare ad altre istituzioni. E il dramma è stato che anche alcune persone scelte da lui come collaboratori o come amministratori hanno avuto non solo i suoi stessi difetti ma li hanno anche accentuati. Molti dei «bassoliniani » credono che la capacità di governo consista solo nell'annuncio o nella mera gestione di un potere. In effetti, l'ideazione di una strategia è compito della politica e dei suoi leader. Quando si è al governo di un'istituzione si è prima di tutto amministratori, che anche in situazioni sfavorevoli non smarriscono mai le ragioni del proprio impegno. E, soprattutto, quando ci si sente «accerchiati » si ha l'obbligo di costruire, allevare, coltivare una classe dirigente allargata capace di lottare per i propri convincimenti e i propri valori anche in condizioni difficili. E questo Bassolino non lo ha fatto.
Ecco il link dell'articolo http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/campania/politica/articoli/2008/09_Settembre/22/sales_editoriale.shtml
lunedì 22 settembre 2008
Chiamate una ambulanza
“Ora siamo pronti a trattare” dice Guglielmo Epifani al Corriere della Sera (22 settembre).
Dopo il primo e il secondo tempo, i supplementari, i rigori, il tiro della monetina, ora Epifani scende in campo. Non solo, ma pretende di scegliere anche con chi parlare e con chi non parlare. Dice che si siede se a mediare è Fantozzi. Di norma la mediazione la fa il governo, ma lui ne sceglie uno che non rappresenta il governo.
E' come se, ad un rinnovo del contratto il presidente di confindustria dicesse che a rappresentare la CGIL non vuole Epifani, nè nessun altro della CGIL, ma sceglie lui il personaggio, tipo Follini, altrimenti non si siede al tavolo.
Povera Italia. chissà cosa direbbero i vari Lama, Trentin, ....... che facevano veramente "lotta di classe"
Per cortesia chiamate un'ambulanza
Dopo il primo e il secondo tempo, i supplementari, i rigori, il tiro della monetina, ora Epifani scende in campo. Non solo, ma pretende di scegliere anche con chi parlare e con chi non parlare. Dice che si siede se a mediare è Fantozzi. Di norma la mediazione la fa il governo, ma lui ne sceglie uno che non rappresenta il governo.
E' come se, ad un rinnovo del contratto il presidente di confindustria dicesse che a rappresentare la CGIL non vuole Epifani, nè nessun altro della CGIL, ma sceglie lui il personaggio, tipo Follini, altrimenti non si siede al tavolo.
Povera Italia. chissà cosa direbbero i vari Lama, Trentin, ....... che facevano veramente "lotta di classe"
Per cortesia chiamate un'ambulanza
domenica 21 settembre 2008
La camorra non fa differenza: ma si parla di razzismo
Negli ultimi 15 anni l'immigrazione, soprattutto dall'Africa, ha totalmente cambiato la qualità della vita nella zona tra Caserta e Napoli: Castelvolturno.
La camorra, infatti, ha trovato qui la nuova manovalanza a basso costo per intensificare le sue attività nella prostituzione, nello spaccio di droga e nel capolarato e lo stato e la Chiesa ha lasciato che il tutto si ramificasse per 15 lunghi anni.
Solo la camorra decide ora chi può muoversi ed entro quali spazi sul mercato. e allora in un raid punitivo sono stati uccisi sei spacciatori africani ed è stato ammazzato anche il fratello di un affiliato ai Casalesi.
Una strage non difficile da interpretare: Quel che è certo è che i Casalesi vogliono ristabilire l'ordine e punire gli insubordinati per non rischiare di perdere quote di mercato. Questa è anche la chiave di lettura di magistrati e Polizia.
Ma, come sempre, dopo il danno arriva la beffa: alcuni immigrati, bastoni in mano, hanno frantumato le vetrine di alcuni negozi e rivoltato auto in mezzo alla strada, distruggendo i vetri di altre vetture ferme. «Vogliamo giustizia - urlavano - non è giusto che siamo noi i colpevoli solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo». A un certo punto gli immigrati hanno iniziato a lanciare massi e oggetti pesanti contro la camionetta della polizia.
La protesta è proseguita nel pomeriggio: gli immigrati hanno sradicato segnali stradali gridando «italiani bastardi».
Io non ho parole, il razzismo è da sradicare e fanno bene a ricordarcelo sempre, ma non è tollerabile che ogni volta che una persona di colore sia coinvolta in malefatte si debba sempre parlare di razzismo.
In questo caso non ce lo vedo proprio, non è pensabile che la camorra li abbia uccisi perchè negri. Lo dimostrano i numerosi delitti di camorra per "punire" i disubbidienti bianchi o neri che siano.
La camorra, infatti, ha trovato qui la nuova manovalanza a basso costo per intensificare le sue attività nella prostituzione, nello spaccio di droga e nel capolarato e lo stato e la Chiesa ha lasciato che il tutto si ramificasse per 15 lunghi anni.
Solo la camorra decide ora chi può muoversi ed entro quali spazi sul mercato. e allora in un raid punitivo sono stati uccisi sei spacciatori africani ed è stato ammazzato anche il fratello di un affiliato ai Casalesi.
Una strage non difficile da interpretare: Quel che è certo è che i Casalesi vogliono ristabilire l'ordine e punire gli insubordinati per non rischiare di perdere quote di mercato. Questa è anche la chiave di lettura di magistrati e Polizia.
Ma, come sempre, dopo il danno arriva la beffa: alcuni immigrati, bastoni in mano, hanno frantumato le vetrine di alcuni negozi e rivoltato auto in mezzo alla strada, distruggendo i vetri di altre vetture ferme. «Vogliamo giustizia - urlavano - non è giusto che siamo noi i colpevoli solo perché è nero il colore della nostra pelle. Questo è razzismo». A un certo punto gli immigrati hanno iniziato a lanciare massi e oggetti pesanti contro la camionetta della polizia.
La protesta è proseguita nel pomeriggio: gli immigrati hanno sradicato segnali stradali gridando «italiani bastardi».
Io non ho parole, il razzismo è da sradicare e fanno bene a ricordarcelo sempre, ma non è tollerabile che ogni volta che una persona di colore sia coinvolta in malefatte si debba sempre parlare di razzismo.
In questo caso non ce lo vedo proprio, non è pensabile che la camorra li abbia uccisi perchè negri. Lo dimostrano i numerosi delitti di camorra per "punire" i disubbidienti bianchi o neri che siano.
sabato 20 settembre 2008
Gelmini, profumo di pane fresco
La Gelmini viene contestata a Venezia da circa duecento manifestanti.
«Non pensavo che, facendo il ministro dell'Istruzione, mi sarei dovuta avvalere della collaborazione delle forze dell'ordine. Ma evidentemente temi di cui discutiamo in maniera pacata sono ancora considerati eversivi», ha commentato la Gelmini.
Che dire?...
Tutti a lamentarsi che lo Stato costa tanto, tutti a volere tagli alla spesa pubblica, tutti a voler pagare meno tasse, ma come un ministro prende in mano la situazione, tutti a starnazzargli contro.
Quale discorso pedagogico si fece per introdurre la molteplicità degli insegnanti? Nessuno.
Infatti ciò fu voluto dal governo di allora (per sistemare i propri elettori) e dai sindacati (che sono i sindacati dei lavoratori). Chi si è mai interessato degli studenti? Nessuno. Questa è una verità innegabile.
Forse neppure la Gelmini se ne sta interessando; lei taglia anche per necessità di cassa. E siccome i soldi sono anche i miei, viva la Gelmini, che sta facendo i miei interessi, mentre allora si fecero solo gli interessi del partito....
Comunque, andando poco poco nel merito, la mia generazione, come quelle precedenti, si è formata col maestro unico, ed onestamente non credo che siamo venuti cosi male. Bene fa la Gelmini ad intervenire cosi come ha annunciato. Finalmente un Ministro che ha a cuore le sorti della scuola, che non fa sciocco populismo facendo sanatorie di precari della scuola ed aumentando il numero dei dipendenti e della spesa.
Avanti cosi Gelmini, chi da anni opera nella scuola è con te e lo sai. Chi in genere pretende di fare il Pedagogo, la scuola non la vive quotidianamente come chi ci lavora, parla perche è schierata ideologicamente e non sa nemmeno di cosa stia parlando.
Visti da dentro la scuola, i tuoi interventi profumano come il pane fresco.
Finalmente, era ora che qualcuno facesse qualcosa di veramente concreto.
Avanti tutta, non fermarti!!!!!!!!!!!!!!
«Non pensavo che, facendo il ministro dell'Istruzione, mi sarei dovuta avvalere della collaborazione delle forze dell'ordine. Ma evidentemente temi di cui discutiamo in maniera pacata sono ancora considerati eversivi», ha commentato la Gelmini.
Che dire?...
Tutti a lamentarsi che lo Stato costa tanto, tutti a volere tagli alla spesa pubblica, tutti a voler pagare meno tasse, ma come un ministro prende in mano la situazione, tutti a starnazzargli contro.
Quale discorso pedagogico si fece per introdurre la molteplicità degli insegnanti? Nessuno.
Infatti ciò fu voluto dal governo di allora (per sistemare i propri elettori) e dai sindacati (che sono i sindacati dei lavoratori). Chi si è mai interessato degli studenti? Nessuno. Questa è una verità innegabile.
Forse neppure la Gelmini se ne sta interessando; lei taglia anche per necessità di cassa. E siccome i soldi sono anche i miei, viva la Gelmini, che sta facendo i miei interessi, mentre allora si fecero solo gli interessi del partito....
Comunque, andando poco poco nel merito, la mia generazione, come quelle precedenti, si è formata col maestro unico, ed onestamente non credo che siamo venuti cosi male. Bene fa la Gelmini ad intervenire cosi come ha annunciato. Finalmente un Ministro che ha a cuore le sorti della scuola, che non fa sciocco populismo facendo sanatorie di precari della scuola ed aumentando il numero dei dipendenti e della spesa.
Avanti cosi Gelmini, chi da anni opera nella scuola è con te e lo sai. Chi in genere pretende di fare il Pedagogo, la scuola non la vive quotidianamente come chi ci lavora, parla perche è schierata ideologicamente e non sa nemmeno di cosa stia parlando.
Visti da dentro la scuola, i tuoi interventi profumano come il pane fresco.
Finalmente, era ora che qualcuno facesse qualcosa di veramente concreto.
Avanti tutta, non fermarti!!!!!!!!!!!!!!
giovedì 18 settembre 2008
Alitalia fallisce. I dipendenti ...... esultano
I dipendenti Alitalia esultano alla notizia che la CAI ha ritirato l'offerta.
Questa storia mi ha insegnato che il sindacato può continuare a giocare a rimpiattino con la politica, ma ha sbagliato ad avere lo stesso comportamento con un imprenditore. E questa risoluzione mi ha fatto anche capire che questi imprenditori non erano poi così invischiati in favori personali altrimenti avrebbero accettato loro malgrado la proposta.
E adesso? Adesso sono veramente molto felice che i dipendenti Alitalia abbiano trovato la ragione di esultare.
Si voleva preservare il non senso di quella roba chiamata italianità nel 2008. Ben gli sta.
Da queste parti chi perde il lavoro se lo deve trovare da solo, come tocca a tanti lavoratori non privilegiati.
Facessero altrettanto.
Questa storia mi ha insegnato che il sindacato può continuare a giocare a rimpiattino con la politica, ma ha sbagliato ad avere lo stesso comportamento con un imprenditore. E questa risoluzione mi ha fatto anche capire che questi imprenditori non erano poi così invischiati in favori personali altrimenti avrebbero accettato loro malgrado la proposta.
E adesso? Adesso sono veramente molto felice che i dipendenti Alitalia abbiano trovato la ragione di esultare.
Si voleva preservare il non senso di quella roba chiamata italianità nel 2008. Ben gli sta.
Da queste parti chi perde il lavoro se lo deve trovare da solo, come tocca a tanti lavoratori non privilegiati.
Facessero altrettanto.
Dedicato a Stefano
Concedetemi questa divagazione.
E' per ricordare Stefano Rosso morto ieri a Roma dove era nato nel 1948 in via della Scala.
Chi era Stefano Rosso?
Mi piaceva il suo modo di suonare la chitarra, un po' stile country, la sua vena melodica, talvolta triste e malinconca; profondamente onesto, disincantato e un po' fuori dal coro di quei cantautori politicizzati che tanto andavano di moda. La sua musica nasceva dal cuore e dalla vita ed era autentica.
Mi sembra giusto, quindi, ricordare oggi Stefano Rosso e dedicargli questo piccolo omaggio.
La canzone che mi piace di più è questa: "Letto 26".
Le altre sono:
Una storia disonesta,E allora senti cosa fò, Valentina, A me piace vivere alla grande.
Ciao Stefano
E' per ricordare Stefano Rosso morto ieri a Roma dove era nato nel 1948 in via della Scala.
Chi era Stefano Rosso?
Mi piaceva il suo modo di suonare la chitarra, un po' stile country, la sua vena melodica, talvolta triste e malinconca; profondamente onesto, disincantato e un po' fuori dal coro di quei cantautori politicizzati che tanto andavano di moda. La sua musica nasceva dal cuore e dalla vita ed era autentica.
Mi sembra giusto, quindi, ricordare oggi Stefano Rosso e dedicargli questo piccolo omaggio.
La canzone che mi piace di più è questa: "Letto 26".
Le altre sono:
Una storia disonesta,E allora senti cosa fò, Valentina, A me piace vivere alla grande.
Ciao Stefano
Berlusconi apre gli occhi ai ciechi
Scrivo questo post a poche ore dalla scadenza fissata alle 15,50 per un accordo su Alitalia.
Quali sono gli interessi per chiudere l'accordo ?
Il governo lo vuole per evitare di trovarsi 18.000 bocche da sfamare con la cassaintegrazione e perché solo vendendo l’azienda può sperare di raccattare qualche soldo per ripianare i debiti.
La CAI lo vuole per guadagnarci; sono imprenditori, non benefattori.
I lavoratori lo dovrebbero volere perché solo così possono sperare di continuare a lavorare.
I sindacati, che dovrebbero rappresentare i lavoratori, lo dovrebbero volere proprio nell’interesse di questi.
Ovvio che qualcosa sul piatto va messo e un sacrificio è richiesto a tutti. Non si può avere tutto.
Lo Stato, che è quello che ha creato il disastro in decenni di pessima gestione, ovviamente deve accollarsi i debiti e farsi carico dei lavoratori in esubero, con adeguati ammortizzatori sociali e cercando di piazzarli il prima possibile altrove, con opportuni incentivi.
La CAI è disposta a metterci i soldi, acquistare a prezzi di mercato un’azienda che ormai non vale nulla e accollarsi una buona parte di dipendenti, ben più di quelli di cui avrebbe bisogno.
I dipendenti che restano devono rinunciare a qualcuno degli immensi, anacronistici e fuori mercato privilegi di cui hanno goduto finora.
Nessuno può ottenere tutto a costo zero. È evidente.
Ma ecco che la CGIL non ci sta.
Se ne frega se l’alternativa è il fallimento, non si preoccupa di mettere 18.000 dipendenti per strada. Vorrebbe che tutto resti com’è.
O meglio, fingono di pretendere il massimo per i dipendenti che dovrebbero rappresentare, quando in realtà vogliono solo mantenere il potere sulla gestione della compagnia, come lo hanno avuto finora.
Non mi si venga, quindi, a dire che i sindacati in questi giorni hanno pensato solo ai legittimi diritti dei dipendenti.
Se fosse così avrebbero già chiuso.
Fuorviante ed errato dire, invece, che in realtà l’unico egoismo in moto sia quello di Berlusconi, che vuole dimostrare di saper mantenere le promesse ed accrescere il suo consenso personale.
Su questo punto il mandato è stato esplicito: liberarsi del carrozzone Alitalia, smettere di ripianare i suoi debiti con i nostri soldi, vendere al miglior offerente, possibilmente mantenendo la proprietà in mano italiana.
Lui il suo mestiere l'ha già fatto, la sua promessa già l'ha mantenuta.
Adesso sta anche aprendo gli occhi ai ciechi e dimostrando che il sindacato non fa gli interessi dei lavoratori.
Quali sono gli interessi per chiudere l'accordo ?
Il governo lo vuole per evitare di trovarsi 18.000 bocche da sfamare con la cassaintegrazione e perché solo vendendo l’azienda può sperare di raccattare qualche soldo per ripianare i debiti.
La CAI lo vuole per guadagnarci; sono imprenditori, non benefattori.
I lavoratori lo dovrebbero volere perché solo così possono sperare di continuare a lavorare.
I sindacati, che dovrebbero rappresentare i lavoratori, lo dovrebbero volere proprio nell’interesse di questi.
Ovvio che qualcosa sul piatto va messo e un sacrificio è richiesto a tutti. Non si può avere tutto.
Lo Stato, che è quello che ha creato il disastro in decenni di pessima gestione, ovviamente deve accollarsi i debiti e farsi carico dei lavoratori in esubero, con adeguati ammortizzatori sociali e cercando di piazzarli il prima possibile altrove, con opportuni incentivi.
La CAI è disposta a metterci i soldi, acquistare a prezzi di mercato un’azienda che ormai non vale nulla e accollarsi una buona parte di dipendenti, ben più di quelli di cui avrebbe bisogno.
I dipendenti che restano devono rinunciare a qualcuno degli immensi, anacronistici e fuori mercato privilegi di cui hanno goduto finora.
Nessuno può ottenere tutto a costo zero. È evidente.
Ma ecco che la CGIL non ci sta.
Se ne frega se l’alternativa è il fallimento, non si preoccupa di mettere 18.000 dipendenti per strada. Vorrebbe che tutto resti com’è.
O meglio, fingono di pretendere il massimo per i dipendenti che dovrebbero rappresentare, quando in realtà vogliono solo mantenere il potere sulla gestione della compagnia, come lo hanno avuto finora.
Non mi si venga, quindi, a dire che i sindacati in questi giorni hanno pensato solo ai legittimi diritti dei dipendenti.
Se fosse così avrebbero già chiuso.
Fuorviante ed errato dire, invece, che in realtà l’unico egoismo in moto sia quello di Berlusconi, che vuole dimostrare di saper mantenere le promesse ed accrescere il suo consenso personale.
Su questo punto il mandato è stato esplicito: liberarsi del carrozzone Alitalia, smettere di ripianare i suoi debiti con i nostri soldi, vendere al miglior offerente, possibilmente mantenendo la proprietà in mano italiana.
Lui il suo mestiere l'ha già fatto, la sua promessa già l'ha mantenuta.
Adesso sta anche aprendo gli occhi ai ciechi e dimostrando che il sindacato non fa gli interessi dei lavoratori.
martedì 16 settembre 2008
Francesco Caruso
INCREDIBILE!
Facciano le riforme che credono, basta che non vengano poi a lamentarsi se qualcuno di loro si ritrova con un proiettile conficcato in una gamba.Non è auspicio nè una minaccia, ma una constatazione sui rischi che il sistema politico incorre nel sospingere e costringere centinaia di migliaia di persone ad una condizione politica extraparlamentare.Personalmente non ritengo l’attivismo e l’impegno extraparlamentare un problema, anzi per certi versi può anche essere una risorsa per smarcarsi dal degrado del teatrino della politica italiana, tuttavia ho il timore che tra le centinaia di migliaia di attivisti, iscritti e simpatizzanti della sinistra questi truffaldini tentativi di azzerare, azzittire e cancellare dal panorama politico istituzionale italiano qualsiasi soggettività di sinistra porti con sè il rischio di ingenerare inquietitudine e frustrazione, sentimenti che fomentano la diffidenza, l’odio e l’aggressività politica.
Negli anni settanta il sistema consociativo DC-PCI chiuse gli spazi di agibilità politica e sospinse migliaia di giovani sul terreno extraparlamentare, poi dell’illegalità diffusa per sfociare infine nella stagione della lotta armata. Oggi viviamo in tutt’altro contesto, ma la chiusura di qualsiasi spazio politico sul terreno della democrazia formale porta sempre con sè il rischio di una radicalizzazione dello scontro politico fuori dai meccanismi formali della democrazia rappresentativa.Del resto nessuno sbarramento elettorale è mai riuscito a fermare il desiderio e il bisogno di trasformare radicalmente lo stato di cose presenti.
Il disobbediente Francesco Caruso è un fannullone pure sul blog!
5 post in 2 anni!
voglia di lavorare proprio niente eh!..
Ma forse era meglio che non avesse mai scritto. Vi riporto l'ultimo suo post (appunto il quinto), che, da un lato, mi risolleva del fatto che questi personaggi non siano più in Parlamento, e dall'altro mi rammarica che ora Napolitano non parla di valori costituzionali ancora non del tutto condivisi. E già, perchè per Napolitano la violenza degli ex-parlamentari di sinistra è sempre una reazione alle "provocazioni" di qualcuno e quindi sempre giustificata e, a volte, ritenuta necessaria per una sana democrazia.
Consolatevi.
http://altrosud.wordpress.com/
http://altrosud.wordpress.com/
Facciano le riforme che credono, basta che non vengano poi a lamentarsi se qualcuno di loro si ritrova con un proiettile conficcato in una gamba.Non è auspicio nè una minaccia, ma una constatazione sui rischi che il sistema politico incorre nel sospingere e costringere centinaia di migliaia di persone ad una condizione politica extraparlamentare.Personalmente non ritengo l’attivismo e l’impegno extraparlamentare un problema, anzi per certi versi può anche essere una risorsa per smarcarsi dal degrado del teatrino della politica italiana, tuttavia ho il timore che tra le centinaia di migliaia di attivisti, iscritti e simpatizzanti della sinistra questi truffaldini tentativi di azzerare, azzittire e cancellare dal panorama politico istituzionale italiano qualsiasi soggettività di sinistra porti con sè il rischio di ingenerare inquietitudine e frustrazione, sentimenti che fomentano la diffidenza, l’odio e l’aggressività politica.
Negli anni settanta il sistema consociativo DC-PCI chiuse gli spazi di agibilità politica e sospinse migliaia di giovani sul terreno extraparlamentare, poi dell’illegalità diffusa per sfociare infine nella stagione della lotta armata. Oggi viviamo in tutt’altro contesto, ma la chiusura di qualsiasi spazio politico sul terreno della democrazia formale porta sempre con sè il rischio di una radicalizzazione dello scontro politico fuori dai meccanismi formali della democrazia rappresentativa.Del resto nessuno sbarramento elettorale è mai riuscito a fermare il desiderio e il bisogno di trasformare radicalmente lo stato di cose presenti.
Lo so che anche un certo Bossi spesso sparla di pallottole e fucili, e lungi da me giustificare queste espressioni, ma almeno lui finora non va all'assalto dei negozi e non va a sfasciare le vetrine.
In pratica: se uno minaccia e ci ha precedenti, forse va preso sul serio, o No?
Un altro aspetto è quello delle liste elettorali, e, sotto questo aspetto credo che gli italiani abbiano punito il Partito di Rifondazione Comunista anche perchè questo si è dimostrato incapace di scegliere i candidati. Ci sono tanti personaggi che possono rappresentare al meglio i cittadini, ma Caruso proprio no. E credo che con il sistema delle preferenze, lui non sarebbe mai stato eletto. Questo è un difetto dei dirigenti del PRC.
venerdì 12 settembre 2008
Stadi e Celle
Matarrese: «Se necessario costruiamo celle negli stadi per mettervi subito chi delinque»,
Cosa dire?
Che la violenza negli stadi sia un problema gravissimo è sotto gli occhi di tutti. Ma quando sento accostare gli stadi al carcere mi tornano in mente Pinochet, Hitler e Stalin ed il massacro della democrazia ed allora mi preoccupo.
Ma come si fa a pensare una simile idiozia?
Poi verrà l'ora di disputare direttamente nei penitenziari le partite a rischio. E poi........
Ma non facciamo prima a dire chiaro a Matarrese che è giunta l'ora di posare il fiasco?
Cosa dire?
Che la violenza negli stadi sia un problema gravissimo è sotto gli occhi di tutti. Ma quando sento accostare gli stadi al carcere mi tornano in mente Pinochet, Hitler e Stalin ed il massacro della democrazia ed allora mi preoccupo.
Ma come si fa a pensare una simile idiozia?
Poi verrà l'ora di disputare direttamente nei penitenziari le partite a rischio. E poi........
Ma non facciamo prima a dire chiaro a Matarrese che è giunta l'ora di posare il fiasco?
giovedì 11 settembre 2008
Di Pietro Ipocrita e Fazioso
Dunque la Guzzanti subirà un processo per quanto detto a Piazza Navona.
Cosa aveva detto?
“Grazie alla legge Moratti - disse la “Guzzantina” - fra vent’anni gli insegnanti saranno scelti dal Vaticano, ma fra vent’anni Ratzinger sarà dove deve stare, cioè all’inferno, tormentato da diavoloni frocioni attivissimi, e non passivissimi. Non come i gay che hanno accettato di spostare il Gay Pride a Bologna perché a Roma, a San Giovanni, c’era un coro di preti. E ’sti cazzi, si direbbe in una repubblica democratica”.
Io, anche se la penso molto diversamente da lei, non vedo nessun vilipendio; erano più toste le frecciate rivolte alla Carfagna: “A me non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi, ma tu non puoi mettere alle Pari opportunità una che sta là perché t’ha succhiato l’uccello. Non la puoi mettere da nessuna parte ma in particolare alle Pari opportunità, perché è uno sfregio. Vattene!”.
Ditemi per cortesia dov'è la satira, o la comicità. Questo è puro sputtanamento, ma la Procura ha indagato la Guzzanti solo per vilipendio al Papa.
Adesso io dico: il Papa è giuridicamente il capo di uno Stato straniero; non so, come Bush e se dovessi mettere in gabbia tutti quelli che hanno vilipeso Bush......... dovrei cominciare da Diliberto che lo fa perfino in Televisione ogni volta che vi viene invitato.
Ma il punto non è questo.
Il punto è che adesso un certo Di Pietro (vi dice niente questo nome?) non dice "lasciamo che i magistrati facciano il loro lavoro" oppure "fatti processare! difenditi nel processo e non dal processo"; No. Questa volta dice: «NO, E' SATIRA» e poi... "ognuno sarà libero di dire quello che pensa".
Ma secondo te se io dicessi pubblicamente a Di Pietro ciò che penso di lui come andrebbe a finire?Secondo le sue parole deduco che la cosa dovrebbe finire lì. Tuttavia nella realtà penso che il Tonino nazionale mi denuncerebbe per diffamazione. Infatti lui si vanta di aver ricevuto vari introiti dalle sanzioni sulle diffamazioni.
E allora? E' un ipocrita perchè i fatti dimostrano che dice il contrario di quello che fa.
E' un fazioso perchè "assolve" solo l'operato di quelli che hanno abbracciato la sua causa.
Per cortesia non me lo nominate più.
grazie
Cosa aveva detto?
“Grazie alla legge Moratti - disse la “Guzzantina” - fra vent’anni gli insegnanti saranno scelti dal Vaticano, ma fra vent’anni Ratzinger sarà dove deve stare, cioè all’inferno, tormentato da diavoloni frocioni attivissimi, e non passivissimi. Non come i gay che hanno accettato di spostare il Gay Pride a Bologna perché a Roma, a San Giovanni, c’era un coro di preti. E ’sti cazzi, si direbbe in una repubblica democratica”.
Io, anche se la penso molto diversamente da lei, non vedo nessun vilipendio; erano più toste le frecciate rivolte alla Carfagna: “A me non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi, ma tu non puoi mettere alle Pari opportunità una che sta là perché t’ha succhiato l’uccello. Non la puoi mettere da nessuna parte ma in particolare alle Pari opportunità, perché è uno sfregio. Vattene!”.
Ditemi per cortesia dov'è la satira, o la comicità. Questo è puro sputtanamento, ma la Procura ha indagato la Guzzanti solo per vilipendio al Papa.
Adesso io dico: il Papa è giuridicamente il capo di uno Stato straniero; non so, come Bush e se dovessi mettere in gabbia tutti quelli che hanno vilipeso Bush......... dovrei cominciare da Diliberto che lo fa perfino in Televisione ogni volta che vi viene invitato.
Ma il punto non è questo.
Il punto è che adesso un certo Di Pietro (vi dice niente questo nome?) non dice "lasciamo che i magistrati facciano il loro lavoro" oppure "fatti processare! difenditi nel processo e non dal processo"; No. Questa volta dice: «NO, E' SATIRA» e poi... "ognuno sarà libero di dire quello che pensa".
Ma secondo te se io dicessi pubblicamente a Di Pietro ciò che penso di lui come andrebbe a finire?Secondo le sue parole deduco che la cosa dovrebbe finire lì. Tuttavia nella realtà penso che il Tonino nazionale mi denuncerebbe per diffamazione. Infatti lui si vanta di aver ricevuto vari introiti dalle sanzioni sulle diffamazioni.
E allora? E' un ipocrita perchè i fatti dimostrano che dice il contrario di quello che fa.
E' un fazioso perchè "assolve" solo l'operato di quelli che hanno abbracciato la sua causa.
Per cortesia non me lo nominate più.
grazie
martedì 9 settembre 2008
Perchè non rifletti prima?
Il leader della Lega è sempre sorprendente.
Partecipa, con tutti i leghisti, ai Consigli dei Ministri; finora ha votato sempre a favore delle varie proposte e poi...... parla a vanvera e dice di non essere d'accordo e poi...... il giorno dopo qualche leghista (o lui stesso) corregge.
Certamente, come osserva il Falco, questo metodo tiene vivo il popolo leghista, ma mostra agli italiani una potenziale litigiosità all'interno della PdL.
Io vorrei invitare Bossi in una delle più antiche chiese di Italia in provincia di Lecce (non ricordo il paese); ci sono incise 10 P su una lastra di marmo.
cosi messe:
cosi messe:
P. P. P. P. P.
P. P. P.
P.P
Cosa vogliono dire? Un consiglio utile che Bossi dovrebbe ricordare tutti i giorni.
Parole Poco Pensate Portano Pena,
Perciò Prima Pensate,
Poi Parlate.
Riflettiamoci.
Finalmente senza Nutella
Alla chiusura della Festa democratica ho sentito un Veltroni diverso; fosse sempre così......
Innanzitutto rimprovera Parisi, che ha «offeso innanzitutto il popolo del Pd» parlando bene di Berlusconi e male di lui. Severi rimbrotti a Di Pietro, che prima ha «sottoscritto il nostro programma e l’impegno a fare un gruppo unico», e poi «ha tradito e stracciato quel patto fatto davanti agli elettori». Proprio lui che «ci dà lezioni di etica». E che ora «cavalca la tigre della giustizia» e indice «manifestazioni per il no», che «evocano l’odio» in concorrenza con quelle del Pd. Ma «noi siamo diversi», e «in piazza ci andremo per dire cosa vogliamo fare per il Paese».
Il suo intervistatore, Enrico Mentana, infila maliziosamente la domanda lasciata in sospeso da D’Alema, che quando gli è stato chiesto perché l’alleanza con Di Pietro aveva rinviato al segretario: «Chiedete a lui». E lui, col sorriso sulle labbra, si vendica: «È stata una scelta che abbiamo condiviso tutti, quella: eravamo tutti d’accordo tranne una persona», lasciando intendere che quell’unico lungimirante oppositore non era comunque D’Alema. Al quale Veltroni riserva un certo gelo: «Ha detto che è pronto a dare una mano, e va benissimo», ma «vorrei che ci fosse più spirito di squadra» da parte di tutti i dirigenti. E poi bisogna guardare avanti e preparare il Pd «di domani, non di ieri», quindi l’obiettivo del leader non è quello di recuperare i D’Alema e i Marini, ma di «far avanzare una nuova generazione di dirigenti».
Ci sono anche veleni postumi per Prodi e per i suoi errori di gestione della «non vittoria» del 2006, perché si sbagliò a «far finta di avere vinto» e a «non avere la saggezza di corresponsabilizzare» il centrodestra nel governo delle istituzioni. E dure critiche al «caravanserraglio» di una coalizione «improponibile» che andava «da Dini a Ferrero», e dentro la quale c’era un partito, Rifondazione comunista, che «mentre stava al governo intratteneva rapporti con i terroristi delle Farc, quelli che avevano rapito Ingrid Betancourt».
Ha quindi invitato la sinistra a superare la propria suicida «sindrome Tafazzi»: «Basta con questo psicodramma infinito, basta fuoco amico: con il 34% abbiamo la più grande forza del riformismo italiano», e il tempo per andare alla riscossa. «Se c’è una cosa che invidio al centrodestra è la sua capacità, quando ha perso le elezioni, di rimboccarsi le maniche e ripartire, senza autodevastarsi come facciamo noi».
Una serena autocritica senza Nutella.
Innanzitutto rimprovera Parisi, che ha «offeso innanzitutto il popolo del Pd» parlando bene di Berlusconi e male di lui. Severi rimbrotti a Di Pietro, che prima ha «sottoscritto il nostro programma e l’impegno a fare un gruppo unico», e poi «ha tradito e stracciato quel patto fatto davanti agli elettori». Proprio lui che «ci dà lezioni di etica». E che ora «cavalca la tigre della giustizia» e indice «manifestazioni per il no», che «evocano l’odio» in concorrenza con quelle del Pd. Ma «noi siamo diversi», e «in piazza ci andremo per dire cosa vogliamo fare per il Paese».
Il suo intervistatore, Enrico Mentana, infila maliziosamente la domanda lasciata in sospeso da D’Alema, che quando gli è stato chiesto perché l’alleanza con Di Pietro aveva rinviato al segretario: «Chiedete a lui». E lui, col sorriso sulle labbra, si vendica: «È stata una scelta che abbiamo condiviso tutti, quella: eravamo tutti d’accordo tranne una persona», lasciando intendere che quell’unico lungimirante oppositore non era comunque D’Alema. Al quale Veltroni riserva un certo gelo: «Ha detto che è pronto a dare una mano, e va benissimo», ma «vorrei che ci fosse più spirito di squadra» da parte di tutti i dirigenti. E poi bisogna guardare avanti e preparare il Pd «di domani, non di ieri», quindi l’obiettivo del leader non è quello di recuperare i D’Alema e i Marini, ma di «far avanzare una nuova generazione di dirigenti».
Ci sono anche veleni postumi per Prodi e per i suoi errori di gestione della «non vittoria» del 2006, perché si sbagliò a «far finta di avere vinto» e a «non avere la saggezza di corresponsabilizzare» il centrodestra nel governo delle istituzioni. E dure critiche al «caravanserraglio» di una coalizione «improponibile» che andava «da Dini a Ferrero», e dentro la quale c’era un partito, Rifondazione comunista, che «mentre stava al governo intratteneva rapporti con i terroristi delle Farc, quelli che avevano rapito Ingrid Betancourt».
Ha quindi invitato la sinistra a superare la propria suicida «sindrome Tafazzi»: «Basta con questo psicodramma infinito, basta fuoco amico: con il 34% abbiamo la più grande forza del riformismo italiano», e il tempo per andare alla riscossa. «Se c’è una cosa che invidio al centrodestra è la sua capacità, quando ha perso le elezioni, di rimboccarsi le maniche e ripartire, senza autodevastarsi come facciamo noi».
Una serena autocritica senza Nutella.
lunedì 8 settembre 2008
McCain in rimonta
Tratto da Maralai.
"Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain è in testa di quattro punti (50%) rispetto al suo rivale democratico Barack Obama (46%), secondo un sondaggio Usa Today/Gallup diffuso ieri, mentre secondo il sito www.realclearpolitics.com, la media dei sondaggi nell'ultimo periodo (dal 29 agosto al 7 settembre) assegna a McCain un vantaggio di un punto (46,7% rispetto al 45,7% di Obama). E' il risultato più importante ottenuto da McCain da gennaio ad oggi. Secondo il sondaggio, McCain ha ricevuto una significativa spinta verso l'alto dall'ultima convention repubblicana e dalla scelta come sua vice presidente del governatore dell'Alaska Sarah Palin".
Maralai osserva che a "ben" guardare il calo nei sondaggi di Barak Obama non ha avuto inizio con la scelta a vice presidente della (bella) governatrice Sarah Palin, ma con la visita di Veltroni in America al leader democratico, e a tutta l'enfasi e la spropositata fibrillazione manifestata dalla sinistra italiana e ai mezzi di informazione a senso unico, che aveva già incoronato presidente il giovane di colore. Veltroni aveva parlato del Pd italiano e portato all'America i saluti della sinistra italiana ma che, come ci dicono i sondaggi, molti americani hanno "toccato ferro" e "abbracciato" di corsa John McCain.
Io aggiungo soltanto che adesso Obama deve solo sperare in una telefonata di Berlusconi a McCain.
"Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain è in testa di quattro punti (50%) rispetto al suo rivale democratico Barack Obama (46%), secondo un sondaggio Usa Today/Gallup diffuso ieri, mentre secondo il sito www.realclearpolitics.com, la media dei sondaggi nell'ultimo periodo (dal 29 agosto al 7 settembre) assegna a McCain un vantaggio di un punto (46,7% rispetto al 45,7% di Obama). E' il risultato più importante ottenuto da McCain da gennaio ad oggi. Secondo il sondaggio, McCain ha ricevuto una significativa spinta verso l'alto dall'ultima convention repubblicana e dalla scelta come sua vice presidente del governatore dell'Alaska Sarah Palin".
Maralai osserva che a "ben" guardare il calo nei sondaggi di Barak Obama non ha avuto inizio con la scelta a vice presidente della (bella) governatrice Sarah Palin, ma con la visita di Veltroni in America al leader democratico, e a tutta l'enfasi e la spropositata fibrillazione manifestata dalla sinistra italiana e ai mezzi di informazione a senso unico, che aveva già incoronato presidente il giovane di colore. Veltroni aveva parlato del Pd italiano e portato all'America i saluti della sinistra italiana ma che, come ci dicono i sondaggi, molti americani hanno "toccato ferro" e "abbracciato" di corsa John McCain.
Io aggiungo soltanto che adesso Obama deve solo sperare in una telefonata di Berlusconi a McCain.
Un'altra sbugiardata
Impronte ai bimbi rom l' allarme dell' Europa
Repubblica — 28 giugno 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA
ROMA - L' Unione europea è allarmata dalla decisione del ministro dell' Interno Roberto Maroni di schedare i bimbi rom. La presa di poisizione più pesante è stata quella del Consiglio d' Europa che ha sonoramente bocciato l' iniziativa. Ma la preoccupazione sembra condivisa dall' Europarlamento intenzionato a discutere il caso in una seduta straordinaria. Veltroni attacca, ma anche nel Pdl c' è chi prende le distanze dall' iniziativa. «Il fine non giustifica i mezzi, è una discriminazione inaccettabile. Dobbiamo trovare altri modi per togliere i bimbi rom dalle strade», ha detto il governatore del Veneto Giancarlo Galan.
Rom, l' Europa boccia l' Italia
Repubblica — 11 luglio 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA
BRUXELLES - «È un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l' origine etnica». Con questa argomentazione il Parlamento europeo ha bocciato la decisione italiana di rilevare le impronte ai rom. Il ministro dell' Interno Roberto Maroni: «Vado avanti, perché è una battaglia di civiltà».
Le misure sui Rom non sono discriminatorie, impronte incluse
La sinistra ha fatto il solito autogol: nella mattinata di giovedì, Michele Cercone, portavoce di Jacques Barrot, Commissario alla giustizia alla libertà e alla sicurezza dell'Unione Europea, ha comunicato alla stampa la piena condivisione delle norme emesse dal governo Berlusconi sui Rom sono perfettamente in linea con l'Europa: ''L'attenta analisi del documento ha consentito di constatare che né le ordinanze né le linee direttrici né le condizioni di esecuzione delle misure prese autorizzano la raccolta di dati relativi all'origine etnica o alla religione delle persone censite. Anche la raccolta delle impronte digitali viene fatta solo al fine di identificare persone che non è possibile identificare in altro modo. Un sistema valido in particolare per i minori nei confronti dei quali questi rilievi vengono effettuati solo nei casi strettamente necessari e come ultima possibilità di identificazione".
Dunque, gli allarmi, i pericoli Auschwitz e tutto quel monte di cretinate che per mesi ha occupato le prime pagine dei giornali italiani erano semplicemente balle, invenzioni, fuffa. Peggio, erano volutamente balle, invenzioni, fuffa, perché distorcevano la realtà delle misure prese, offrivano all'opinione pubblica informazioni false e distorte.
Una buona lezione, purtroppo senza esito. La sinistra italiana ormai è questo: accuse false all'avversario, demonizzazione, nessuna o poche proposte.
Sono proprio curioso di vedere quali tipi di ventose utilizzerà Repubblica per arrampicarsi sui vetri. Il mio parere su questa UE non cambia: sono una massa di parassiti totalmente inutili, che mangiano (abbondantemente) alle nostre spalle.Ma siccome sono sempre stati glorificati dalla sinistra, adesso voglio proprio vedere cosa dirà Repubblica.
Repubblica — 28 giugno 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA
ROMA - L' Unione europea è allarmata dalla decisione del ministro dell' Interno Roberto Maroni di schedare i bimbi rom. La presa di poisizione più pesante è stata quella del Consiglio d' Europa che ha sonoramente bocciato l' iniziativa. Ma la preoccupazione sembra condivisa dall' Europarlamento intenzionato a discutere il caso in una seduta straordinaria. Veltroni attacca, ma anche nel Pdl c' è chi prende le distanze dall' iniziativa. «Il fine non giustifica i mezzi, è una discriminazione inaccettabile. Dobbiamo trovare altri modi per togliere i bimbi rom dalle strade», ha detto il governatore del Veneto Giancarlo Galan.
Rom, l' Europa boccia l' Italia
Repubblica — 11 luglio 2008 pagina 1 sezione: PRIMA PAGINA
BRUXELLES - «È un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l' origine etnica». Con questa argomentazione il Parlamento europeo ha bocciato la decisione italiana di rilevare le impronte ai rom. Il ministro dell' Interno Roberto Maroni: «Vado avanti, perché è una battaglia di civiltà».
Le misure sui Rom non sono discriminatorie, impronte incluse
La sinistra ha fatto il solito autogol: nella mattinata di giovedì, Michele Cercone, portavoce di Jacques Barrot, Commissario alla giustizia alla libertà e alla sicurezza dell'Unione Europea, ha comunicato alla stampa la piena condivisione delle norme emesse dal governo Berlusconi sui Rom sono perfettamente in linea con l'Europa: ''L'attenta analisi del documento ha consentito di constatare che né le ordinanze né le linee direttrici né le condizioni di esecuzione delle misure prese autorizzano la raccolta di dati relativi all'origine etnica o alla religione delle persone censite. Anche la raccolta delle impronte digitali viene fatta solo al fine di identificare persone che non è possibile identificare in altro modo. Un sistema valido in particolare per i minori nei confronti dei quali questi rilievi vengono effettuati solo nei casi strettamente necessari e come ultima possibilità di identificazione".
Dunque, gli allarmi, i pericoli Auschwitz e tutto quel monte di cretinate che per mesi ha occupato le prime pagine dei giornali italiani erano semplicemente balle, invenzioni, fuffa. Peggio, erano volutamente balle, invenzioni, fuffa, perché distorcevano la realtà delle misure prese, offrivano all'opinione pubblica informazioni false e distorte.
Una buona lezione, purtroppo senza esito. La sinistra italiana ormai è questo: accuse false all'avversario, demonizzazione, nessuna o poche proposte.
Sono proprio curioso di vedere quali tipi di ventose utilizzerà Repubblica per arrampicarsi sui vetri. Il mio parere su questa UE non cambia: sono una massa di parassiti totalmente inutili, che mangiano (abbondantemente) alle nostre spalle.Ma siccome sono sempre stati glorificati dalla sinistra, adesso voglio proprio vedere cosa dirà Repubblica.
domenica 7 settembre 2008
'A città 'e Pullecenella
I carabinieri avevano chiesto l'intervento di un carro attrezzi per far portare via 30 scooter sottoposti a fermo amministrativo perchè i conducenti sono stati sorpresi alla guida senza indossare il casco.
I militari dell'Arma con sorpresa però hanno dovuto sequestrare anche lo stesso carro attrezzi perchè era privo della copertura assicurativa.
È accaduto nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. I carabinieri non appena è giunto il mezzo hanno notato che sul parabrezza del camion c'era una fotocopia in bianco e nero di un contrassegno assicurativo. È bastato poco per accertare che il mezzo era privo di assicurazione.
Mentre sto scrivendo questo post, il giornale radio comunica che i carabinieri hanno sequestrato l'Hotel Prestige, (http://www.hotelprestigesrl.com/) del valore di un milione di euro, perchè costruito in modo abusivo; però aveva ottenuto tutte le licenze per l'esercizio.
I militari dell'Arma con sorpresa però hanno dovuto sequestrare anche lo stesso carro attrezzi perchè era privo della copertura assicurativa.
È accaduto nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. I carabinieri non appena è giunto il mezzo hanno notato che sul parabrezza del camion c'era una fotocopia in bianco e nero di un contrassegno assicurativo. È bastato poco per accertare che il mezzo era privo di assicurazione.
Mentre sto scrivendo questo post, il giornale radio comunica che i carabinieri hanno sequestrato l'Hotel Prestige, (http://www.hotelprestigesrl.com/) del valore di un milione di euro, perchè costruito in modo abusivo; però aveva ottenuto tutte le licenze per l'esercizio.
Cambiano i riferimenti
Fiore sta a Napoli e combinazione, si trova con la festa di Piedigrotta, ma a Napoli sono cambiati i punti di riferimento.
Emblematico un duetto captato per strada qualche giorno fa.
“Veciè, hè visto, se fa n’ata vota ’a Festa ’e Piererotta?” (Vincenzo, hai sentito? Si fa nuovamente la festa di Piedigrotta).
“Aggio sentuto. Ma tu l’hè vista maje?”. (L'ho sentito. Ma tu l'hai mai vista?)
“No, io no. Ma patemo ne parla sempe: ’E carre, ’e canzone, ’o ffuoco a mare”. (No, io no. Ma mio padre ne parla sempre: I carri, le canzoni, i fuochi d'artificio a mare)
“Embè, pecchè chist’anno nun nce jammo?”. (E allora perchè quest'anno non ci andiamo?)
“Eh, eh, jammo a Piererotta”. “Tu ’o ssaje addò sta’a chiesa ’e Piererotta?” (Eh si, andiamo a Piedigrotta; ma tu lo sai dove si trova la chiesa di Piedigrotta?)
“Comme! ’E rimpetto ’o bingo!” (Si che lo so! si trova di fronte al Bingo!)
Mi sono sentito cadere le braccia. Sì, perchè effettivamente "dirimpetto" alla chiesa oggi ci sta una sala giochi. Una volta c’era il cinema-teatro Odeon.
In quel teatro si esibì il grande Totò. E quando si andava all’Odeon, spesso si sentiva dire: “E tu ’o ssaje addò sta l’Odeon?”. “Comme! ’E rimpetto ’a chiesa ’e Piererotta!”.
Una volta si conoscevano le chiese. Oggi le sale-giochi.
Così la chiesa di Piedigrotta sta ’rimpetto ’o bingo.
Emblematico un duetto captato per strada qualche giorno fa.
“Veciè, hè visto, se fa n’ata vota ’a Festa ’e Piererotta?” (Vincenzo, hai sentito? Si fa nuovamente la festa di Piedigrotta).
“Aggio sentuto. Ma tu l’hè vista maje?”. (L'ho sentito. Ma tu l'hai mai vista?)
“No, io no. Ma patemo ne parla sempe: ’E carre, ’e canzone, ’o ffuoco a mare”. (No, io no. Ma mio padre ne parla sempre: I carri, le canzoni, i fuochi d'artificio a mare)
“Embè, pecchè chist’anno nun nce jammo?”. (E allora perchè quest'anno non ci andiamo?)
“Eh, eh, jammo a Piererotta”. “Tu ’o ssaje addò sta’a chiesa ’e Piererotta?” (Eh si, andiamo a Piedigrotta; ma tu lo sai dove si trova la chiesa di Piedigrotta?)
“Comme! ’E rimpetto ’o bingo!” (Si che lo so! si trova di fronte al Bingo!)
Mi sono sentito cadere le braccia. Sì, perchè effettivamente "dirimpetto" alla chiesa oggi ci sta una sala giochi. Una volta c’era il cinema-teatro Odeon.
In quel teatro si esibì il grande Totò. E quando si andava all’Odeon, spesso si sentiva dire: “E tu ’o ssaje addò sta l’Odeon?”. “Comme! ’E rimpetto ’a chiesa ’e Piererotta!”.
Una volta si conoscevano le chiese. Oggi le sale-giochi.
Così la chiesa di Piedigrotta sta ’rimpetto ’o bingo.
Europarlamentari ipocriti
Quel simpaticone di Zapatero, icona della nostra sinistra pro-immigrati, ha comunicato che dall’anno prossimo verrà smantellato quello che fino ad ora era considerato il fiore all’occhiello della politica d’immigrazione spagnola: l’assunzione di nuovi immigrati.
Ha chiarito che dal 2009 il numero di lavoratori stranieri che la Spagna andava a cercare all’estero - e portava in patria solo per un periodo limitato di tempo - «si approssimerà a zero». Ci sarà posto infatti solo per qualche lavoratore iperspecializzato.
Con questa inversione di tendenza il governo vuole correre ai ripari e tentare di frenare la disoccupazione della popolazione attiva. La volontà dei socialisti è chiara: non fare entrare più nessuno straniero e riutilizzare la forza lavoro inattiva (spagnola e straniera) già presente nel paese per coprire quei posti vacanti prima assegnati con i contratti in origine.
Non c'è nessuna protesta in sede UE nè da parte dei sinistri nostrani che, in caso di provvedimenti simili in Italia, sarebbero pronti a tutto e griderebbero al nuovo fascismo.
Ipocriti gli europarlamentari che finora sono riusciti bene solo in due cose:
Far recepire l'Europa come un ente inutile, burocratico e rompiscatole.
Fomentare commenti antiItalia di ogni genere e mettere sempre l'Italia sotto la lente di ingrandimento dell'Europa come un'Italia illegale, xenofoba, razzista, fascista.
Ipocriti, e ben venga lo sbarramento al 5%, se ciò ci evita di ascoltare queste frignacce.
Adesso il buon Claudio (povero liberale in terra straniera) mi scrive che Napolitano è preoccupato per i sentimenti antieuropeisti che si stanno diffondendo. Veramente Claudio suppone che lui si preoccupi solo che i suoi accoliti di sinistra verrebbero spazzati via con lo sbarramento del 5%. Non si capisce infatti perchè lui, che firma le leggi ed i decreti e che esterna a piè sospinto, si cuce invece la bocca ogni volta che nel contesto europeo vengono dette tante sciocchezze. Non è lui il garante? Proprio quando deve parlare, tace.
Ha chiarito che dal 2009 il numero di lavoratori stranieri che la Spagna andava a cercare all’estero - e portava in patria solo per un periodo limitato di tempo - «si approssimerà a zero». Ci sarà posto infatti solo per qualche lavoratore iperspecializzato.
Con questa inversione di tendenza il governo vuole correre ai ripari e tentare di frenare la disoccupazione della popolazione attiva. La volontà dei socialisti è chiara: non fare entrare più nessuno straniero e riutilizzare la forza lavoro inattiva (spagnola e straniera) già presente nel paese per coprire quei posti vacanti prima assegnati con i contratti in origine.
Non c'è nessuna protesta in sede UE nè da parte dei sinistri nostrani che, in caso di provvedimenti simili in Italia, sarebbero pronti a tutto e griderebbero al nuovo fascismo.
Ipocriti gli europarlamentari che finora sono riusciti bene solo in due cose:
Far recepire l'Europa come un ente inutile, burocratico e rompiscatole.
Fomentare commenti antiItalia di ogni genere e mettere sempre l'Italia sotto la lente di ingrandimento dell'Europa come un'Italia illegale, xenofoba, razzista, fascista.
Ipocriti, e ben venga lo sbarramento al 5%, se ciò ci evita di ascoltare queste frignacce.
Adesso il buon Claudio (povero liberale in terra straniera) mi scrive che Napolitano è preoccupato per i sentimenti antieuropeisti che si stanno diffondendo. Veramente Claudio suppone che lui si preoccupi solo che i suoi accoliti di sinistra verrebbero spazzati via con lo sbarramento del 5%. Non si capisce infatti perchè lui, che firma le leggi ed i decreti e che esterna a piè sospinto, si cuce invece la bocca ogni volta che nel contesto europeo vengono dette tante sciocchezze. Non è lui il garante? Proprio quando deve parlare, tace.
I rapporti con le Farc
Ha destato scalpore e suscitato legittime polemiche la diffusione della notizia di espliciti appoggi del Partito di Rifondazione Comunista alle FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, contenuta in un dossier del governo colombiano, un vero e proprio atto di accusa contro il Prc, supportato da documenti e mail rinvenute nei computer di Raul Reyes, il numero due della guerriglia colombiana ucciso il primo marzo di quest'anno, che documenterebbero rapporti «non esclusivamente politici», vale a dire raccolte di fondi, scambio di informazioni e persino rimborsi delle spese sanitarie di un ricovero in Svizzera di Lucas Gualdron, rappresentante europeo delle FARC, a spese del Prc.
Ramon Mantovani, capo della sezione esteri del partito, ha replicato stizzito che i rapporti politici tra Prc e FARC sono sempre avvenuti alla luce del sole, nella piena consapevolezza da parte dei sottosegretari agli esteri rispettivamente del governo Berlusconi e del governo Prodi oltre che dei Presidenti della Camera dei Deputati e che, pur considerando «disumana» la pratica dei sequestri, la stessa va «inquadrata in una guerra altrettanto disumana alla quale bisognerebbe mettere fine con una trattativa di pace invece che con un'acutizzazione del conflitto».
E' questo quello che non sopporto dei comunisti italiani: la "contestualizzazione", vale a dire andare oltre il crimine e comprendere i contesti in cui gli stessi avvengono. Per me i crimini sono crimini e basta.
E' la stesa teoria che fu messa messa in atto per giustificare le Foibe o l'olocausto russo di sessanta milioni di morti del terrore staliniano, come affermò candidamente l'europarlamentare Marco Rizzo in un contesto televisivo. Questo modo di ragionare è assurdo; in questo modo infatti potrebbero essere "contestualizzate" anche le azioni di Hitler, se solo fosse stato di sinistra.
Ramon Mantovani, capo della sezione esteri del partito, ha replicato stizzito che i rapporti politici tra Prc e FARC sono sempre avvenuti alla luce del sole, nella piena consapevolezza da parte dei sottosegretari agli esteri rispettivamente del governo Berlusconi e del governo Prodi oltre che dei Presidenti della Camera dei Deputati e che, pur considerando «disumana» la pratica dei sequestri, la stessa va «inquadrata in una guerra altrettanto disumana alla quale bisognerebbe mettere fine con una trattativa di pace invece che con un'acutizzazione del conflitto».
E' questo quello che non sopporto dei comunisti italiani: la "contestualizzazione", vale a dire andare oltre il crimine e comprendere i contesti in cui gli stessi avvengono. Per me i crimini sono crimini e basta.
E' la stesa teoria che fu messa messa in atto per giustificare le Foibe o l'olocausto russo di sessanta milioni di morti del terrore staliniano, come affermò candidamente l'europarlamentare Marco Rizzo in un contesto televisivo. Questo modo di ragionare è assurdo; in questo modo infatti potrebbero essere "contestualizzate" anche le azioni di Hitler, se solo fosse stato di sinistra.
sabato 6 settembre 2008
Commistione Economia e Politica (l'antico male)
Mi stavo chiedendo cosa avesse spinto i 16 capitani coraggiosi a investire i loro soldi nel salvataggio di Alitalia.
Certo, la pressione di Berlusconi ha avuto un ruolo importante; certo, il fatto di investire su un'azienda da cui vengono tolti tutti i debiti e a cui vengono lasciate solo le attività che producono utili ha sicuramente aiutato la creazione della cordata italiana; Certo, il fatto che la nuova compagnia gestirà in una situazione di sostanziale monopolio la tratta Milano-Roma (la più redditizia); ma vogliamo scommettere che questi capitani coraggiosi vinceranno anche tutte le gare di appalto governative? Che so... Expo 2015, il ponte sullo stretto di Messima, autostrade, aeroporti, ecc.
Sono certo di vincere questa scommessa perchè questo è ..... l'antico male di questo Paese, ma mi consola che dall'altra parte avrebbero fatto di peggio.
Certo, la pressione di Berlusconi ha avuto un ruolo importante; certo, il fatto di investire su un'azienda da cui vengono tolti tutti i debiti e a cui vengono lasciate solo le attività che producono utili ha sicuramente aiutato la creazione della cordata italiana; Certo, il fatto che la nuova compagnia gestirà in una situazione di sostanziale monopolio la tratta Milano-Roma (la più redditizia); ma vogliamo scommettere che questi capitani coraggiosi vinceranno anche tutte le gare di appalto governative? Che so... Expo 2015, il ponte sullo stretto di Messima, autostrade, aeroporti, ecc.
Sono certo di vincere questa scommessa perchè questo è ..... l'antico male di questo Paese, ma mi consola che dall'altra parte avrebbero fatto di peggio.
venerdì 5 settembre 2008
Gelmini? Ok, ma non basta.
Capisco le esternazioni dei sindacati e dell'opposizione (anch'essi devono pur lavorare) ma, dopo aver letto il decreto della Gelmini, devo dire che sono d'accordo su tutto. Finalmente qualcuno che si preoccupa della formazione dei ragazzi e non solo di continuare ad utilizzare le strutture pubbliche come serbatoio di voti.
La situazione della scuola italiana e' molto grave: il 97% della spesa e' in stipendi e, per questo motivo nulla si può spendere per rimodernarla e rimodernarne le strutture edilizie. Il tutto è stato creato da una pessima politica che confonde la pubblica amministrazione con l'Opera Pia.
L'introduzione dei tre maestri alle elementari fu un grosso errore; essa fu voluta solo per creare posti di lavoro = voti, senza badare alla crescita dei ragazzi che necessitano di una esigenza pedagogica precisa perche' il bambino ha bisogno di un punto di riferimento preciso per la sua crescita armonica, e al fatto che si sarebbe zavorrata la pubblica amministrazione in modo sesquipedale (tanto i soldi mica sono i loro).
Adesso ci voleva qualcuno che affrontasse il problema; ben fatto.
Come ben fatto è il blocco delle graduatorie; in questo modo restano inutilizzate le Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SSIS) che abilitano all'insegnamento. Brava! E' un "atto di onesta' perche' cosi' come era previsto il meccanismo sfornava solo precari. Ne abbiamo troppi e la politica li ha presi in giro.
Mentre continuo a dire "Brava Gelmini", devo ricordare che gli sprechi che facevano parte del programma elettorale di Berlusconi e Veltroni sono rimasti al palo. Dov'è la riduzione dei parlamentari e dei loro privilegi? dei fondi per l'editoria e i privilegi ai giornalisti? dei rimborsi ai partiti? dei privilegi delle coop? ..............l'elenco sarebbe una lunga litania.
A parte il fatto che se gli sprechi si dimezzassero saremmo più ricchi del Lichtenstein, devo dire che anche l'azione meritoria della Gelmini non viene "digerita" se tutte le altre sanguisughe restano beatamente a succhiare il sangue.
giovedì 4 settembre 2008
Veltroni e Fini fanno i buonisti.
Di ritorno dalle vacanze a Denver Veltroni lancia una proposta: concedere il voto nelle elezioni amministrative agli immigrati che si trovano nel nostro paese da un certo numero di anni, anche se non dotati di cittadinanza italiana.
Veltroni dice che si tratta di persone che si trovano nel nostro paese da parecchio tempo, che abitano in una città e che quindi dovrebbero avere, anche la possibilità di indicare chi la debba governare; ed in questo modo, si favorisce l'integrazione.
Allo stato attuale, qualunque immigrato può tranquillamente votare ed essere eletto ad ogni carica pubblica (compresa la Presidenza della Repubblica) purché sia cittadino italiano e goda dei diritti civili e politici. Se davvero gli immigrati desiderano entrare nei consessi amministrativi del Belpaese, allora, non devono far altro che seguire il normale iter burocratico ed acquisire la cittadinanza italiana.
La subordinazione dell'elettorato all'acquisizione della cittadinanza, a mio parere, è indice di effettiva integrazione perché lascia intendere che l'immigrato provi un effettivo senso di appartenenza alla comunità, al punto da voler lasciare il vecchio passaporto e sentirsi parte di quella Nazione.
La proposta di Veltroni non ha nè capo nè coda; così com'è stata formulata non passerebbe mai, e Veltroni lo sa.
E allora? Per me è solo un'uscita buonista, fatta per farsi bello ben sapendo che mai potrebbe essere realizzata (una proposta da opposizione).
Ma Fini gli rompe le uova nel paniere e si dice d'accordo; tanto anche lui sa che non se ne farà nulla. Infatti l'unico modo per accelerare il voto agli immigrati è solo quello di ridurre il tempo necessario per chiedere la cittadinanza.
Veltroni dice che si tratta di persone che si trovano nel nostro paese da parecchio tempo, che abitano in una città e che quindi dovrebbero avere, anche la possibilità di indicare chi la debba governare; ed in questo modo, si favorisce l'integrazione.
Allo stato attuale, qualunque immigrato può tranquillamente votare ed essere eletto ad ogni carica pubblica (compresa la Presidenza della Repubblica) purché sia cittadino italiano e goda dei diritti civili e politici. Se davvero gli immigrati desiderano entrare nei consessi amministrativi del Belpaese, allora, non devono far altro che seguire il normale iter burocratico ed acquisire la cittadinanza italiana.
La subordinazione dell'elettorato all'acquisizione della cittadinanza, a mio parere, è indice di effettiva integrazione perché lascia intendere che l'immigrato provi un effettivo senso di appartenenza alla comunità, al punto da voler lasciare il vecchio passaporto e sentirsi parte di quella Nazione.
La proposta di Veltroni non ha nè capo nè coda; così com'è stata formulata non passerebbe mai, e Veltroni lo sa.
E allora? Per me è solo un'uscita buonista, fatta per farsi bello ben sapendo che mai potrebbe essere realizzata (una proposta da opposizione).
Ma Fini gli rompe le uova nel paniere e si dice d'accordo; tanto anche lui sa che non se ne farà nulla. Infatti l'unico modo per accelerare il voto agli immigrati è solo quello di ridurre il tempo necessario per chiedere la cittadinanza.
mercoledì 3 settembre 2008
Salviamo Napoli
I napoletani di ogni ceto sociale chiedono a gran voce di uscire dal tunnel del declino, della malavita, dell’illegalità, del disordine, dell’inefficienza. Non ne può più di sopravvivere abbandonata a se stessa, senza prospettive, governata da brave persone ma assolutamente inadeguate ed in molti casi del tutto incapaci.
La città chiede di essere governata, vuole un sindaco in grado di risolvere i problemi, vuole gente con idee nuove e capacità di realizzarle in tempo reale, vuole amministratori che abbiano cognizione “di come si fa” nel resto di Italia ed in Europa. In sostanza la gente chiede che si governi con efficienza e buon senso, che si ripristinino le regole contro il clientelismo, la serietà contro la propaganda, la competenza contro l’ignoranza, la precisione contro il pressapochismo, la legalità contro ogni forma di violazione sistematica della legge.
È accettabile nel 2008 che Bagnoli e Napoli Est, dopo "venti anni" siano ancora di là da venire? Che il piano regolatore sia un insieme di vincoli e divieti che alimentano solo abusivismo e speculazione? Che manchi del tutto una regia per le opere pubbliche? Che il traffico sia quell’inferno che ogni napoletano deve quotidianamente affrontare? Che gli uffici comunali siano ancora nelle mani di una polverosa burocrazia? Che non ci sia una adeguata tutela dell’ordine pubblico neppure nelle aree turistiche? Che le periferie siano ancora il regno del degrado e dei clan, così come il centro storico?
Occorre un ricambio radicale di classe dirigente, possibile non attraverso i partiti, ma con una chiamata alle armi di quella Napoli “internazionale” che “vive” in Europa e nel mondo, fatta da intellettuali brillanti, imprenditori creativi, gente laboriosa e silenziosa che studia, pensa, si confronta e, soprattutto, ha chiaro il valore incommensurabile del tempo e quindi decide, opera, conclude.
Ma una operazione così complessa, delicata, importante ed anche difficile, non si può improvvisare. Deve essere il frutto di un disegno strategico che deve riguardare l’identità politica del centro destra nel mezzogiorno.
In questi casi la sinistra avrebbe già iniziato una raccolta di firme (solo per enfatizzare la cosa e darne una visione a 360 gradi) e avrebbero coniato lo slogan "Salviamo Napoli". Che avrebbe avuto un enorme successo mediatico, ma il tutto sarebbe rimasto inalterato.
La città chiede di essere governata, vuole un sindaco in grado di risolvere i problemi, vuole gente con idee nuove e capacità di realizzarle in tempo reale, vuole amministratori che abbiano cognizione “di come si fa” nel resto di Italia ed in Europa. In sostanza la gente chiede che si governi con efficienza e buon senso, che si ripristinino le regole contro il clientelismo, la serietà contro la propaganda, la competenza contro l’ignoranza, la precisione contro il pressapochismo, la legalità contro ogni forma di violazione sistematica della legge.
È accettabile nel 2008 che Bagnoli e Napoli Est, dopo "venti anni" siano ancora di là da venire? Che il piano regolatore sia un insieme di vincoli e divieti che alimentano solo abusivismo e speculazione? Che manchi del tutto una regia per le opere pubbliche? Che il traffico sia quell’inferno che ogni napoletano deve quotidianamente affrontare? Che gli uffici comunali siano ancora nelle mani di una polverosa burocrazia? Che non ci sia una adeguata tutela dell’ordine pubblico neppure nelle aree turistiche? Che le periferie siano ancora il regno del degrado e dei clan, così come il centro storico?
Occorre un ricambio radicale di classe dirigente, possibile non attraverso i partiti, ma con una chiamata alle armi di quella Napoli “internazionale” che “vive” in Europa e nel mondo, fatta da intellettuali brillanti, imprenditori creativi, gente laboriosa e silenziosa che studia, pensa, si confronta e, soprattutto, ha chiaro il valore incommensurabile del tempo e quindi decide, opera, conclude.
Ma una operazione così complessa, delicata, importante ed anche difficile, non si può improvvisare. Deve essere il frutto di un disegno strategico che deve riguardare l’identità politica del centro destra nel mezzogiorno.
In questi casi la sinistra avrebbe già iniziato una raccolta di firme (solo per enfatizzare la cosa e darne una visione a 360 gradi) e avrebbero coniato lo slogan "Salviamo Napoli". Che avrebbe avuto un enorme successo mediatico, ma il tutto sarebbe rimasto inalterato.
martedì 2 settembre 2008
Salviamo l'Italia. C'è da scompisciarsi di risate.
Talvolta ho l'impressione di esagerare nei giudizi o che essi possano essere dettati da posizioni faziose. Ecco perchè quando mi capita di avere conferme di ciò che penso, mi sento un po' tranquillizzato. Specie quando le conferme arrivano da persone che sono distanti dal mio modo di pensare.
Io ho sempre pensato e scritto del percorso della sinistra che, pur di evitare di fare un'autocritica, continua a rinnovare tutto il possibile, fino ad essere irriconoscibile. Il risultato è un PD, nato fra ex democristiani cattolici ed ex comunisti, che tenta disperatamente di presentarsi come "nuovo", ma che è dibattuto al proprio interno tra fazioni avverse e lotte di potere. Non ripeterò quanto già detto e ridetto in passato. Questo lo scrivevo io.
Oggi, per puro caso, leggo un commento sul sito "Voglio scendere", in cui scrivono Marco Travaglio, Peter Gomez e Pino Corrias. Beh, non si può certo dire che questi tre autori siano proprio "di destra"; giusto? Bene, detto ciò, andiamo a vedere cosa ha scritto proprio ieri Pino Corrias:
Black out sinistra.
"Il Paese va in malora, Berlusconi accumula denari, potere e immunità, ma i sinistri apparati della sinistra sembrano accorgersi di nulla. Tutti occupati - come ai tempi irosi e lieti del loro ultimo governo - ad azzannarsi tra loro. Riassumendo. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino è in guerra con l'altra metà del partito democratico piemontese per via di un grattacielo, di una banca e per incompatibilità di carattere. Renato Soru, governatore della Sardegna, viene trascinato in tribunale da un tale Antonello Cabras, segretario del suo stesso partito, che lo accusa di essere poco meno di un dittatore. Massimo Cacciari, sindaco di Venezia definisce i leader democratici (quando va bene) dilettanti e inconcludenti. Agazio Loiero, altro sinistro, nonché governatore di Calabria, è in definitiva rotta di collisione con i suoi ex compagni di partito. L'alleato Di Pietro ha varato una sua lotta permanente a Walter Veltroni e annuncia di candidarsi da solo alle prossime elezioni per la presidenza della Regione Abruzzo decapitata dopo l'arresto di un'altra bandiera della sinistra democratica, Ottaviano Del Turco. Veltroni ricambia Di Pietro con la medesima ostilità ogni qual volta si stanca di prendersela con il suo nemico storico Massimo D'Alema. Il quale restituisce il disprezzo, estendendolo volentieri a Arturo Parisi, ex ministro della Difesa del governo Prodi, che a sua volta detesta sia Veltroni che lo stesso D'Alema. Antonio Bassolino, il re dalemiano della spazzatura napoletana, governatore della Campania, anzichè dimettersi e scomparire, sconfessa Veltroni, elogia Berlusconi, e prepara la sua candidatura al parlamento europeo come buonuscita estera per il suo capolavoro (inter)nazionale. Altri litigi si segnalano in Sicilia, in Molise e perfino dove il pd non esiste quasi più, come in Lombardia. Avanti così, bene, e che poi qualcuno spenga la luce."
Non c'è che dire, davvero un bel quadretto. E detto da loro è ancora più drammatico. Cosa aggiungere? Niente, se la suonano e se la cantano. Fanno tutto loro. La cosa buffa di questa sinistra è che a sentir loro va tutto bene. Giuisto pochi giorni fa, il nostro americano a Roma, Uolter Veltroni, in una dichiarazione riportata dall'ANSA, diceva, riferito al Governo: "Sono divisi su tutto.". Ora, sentire Velroni che dice che al Governo sono divisi su tutto e poi leggere quanto scrive Corrias, viene da scompisciarsi dalle risate. Oppure si dovrebbe concludere che Veltroni ha preso un colpo di sole.
Ma loro sono fatti così. Infatti, adesso il buon Walter è in giro per l'Italia con un pullman per cercare firme contro il Governo. E per dare più forza all'operazione mediatica ha lanciato l'ennesimo slogan (loro pensano che questo sia fare politica, inventandosi uno slogan al mese): "Salviamo l'Italia".
Da ridere. Salvarla da chi e da cosa? Forse dai Veltroni & C? Sembrerebbe di sì, visto che perfino alcuni esponenti di primo piano del PD, vedi Cacciari e Bassolino, gli hanno risposto "No, grazie", rifiutandosi di firmare. Bassolino, addirittura, gli ha risposto che quella raccolta di firme, invece che chiamarsi "Salva l'Italia", dovrebbe chiamarsi "Salva Veltroni".
E' esattamente la stessa cosa che ho pensato io e, immagino, altri milioni di italiani. E se lo dice anche Bassolino...
Io ho sempre pensato e scritto del percorso della sinistra che, pur di evitare di fare un'autocritica, continua a rinnovare tutto il possibile, fino ad essere irriconoscibile. Il risultato è un PD, nato fra ex democristiani cattolici ed ex comunisti, che tenta disperatamente di presentarsi come "nuovo", ma che è dibattuto al proprio interno tra fazioni avverse e lotte di potere. Non ripeterò quanto già detto e ridetto in passato. Questo lo scrivevo io.
Oggi, per puro caso, leggo un commento sul sito "Voglio scendere", in cui scrivono Marco Travaglio, Peter Gomez e Pino Corrias. Beh, non si può certo dire che questi tre autori siano proprio "di destra"; giusto? Bene, detto ciò, andiamo a vedere cosa ha scritto proprio ieri Pino Corrias:
Black out sinistra.
"Il Paese va in malora, Berlusconi accumula denari, potere e immunità, ma i sinistri apparati della sinistra sembrano accorgersi di nulla. Tutti occupati - come ai tempi irosi e lieti del loro ultimo governo - ad azzannarsi tra loro. Riassumendo. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino è in guerra con l'altra metà del partito democratico piemontese per via di un grattacielo, di una banca e per incompatibilità di carattere. Renato Soru, governatore della Sardegna, viene trascinato in tribunale da un tale Antonello Cabras, segretario del suo stesso partito, che lo accusa di essere poco meno di un dittatore. Massimo Cacciari, sindaco di Venezia definisce i leader democratici (quando va bene) dilettanti e inconcludenti. Agazio Loiero, altro sinistro, nonché governatore di Calabria, è in definitiva rotta di collisione con i suoi ex compagni di partito. L'alleato Di Pietro ha varato una sua lotta permanente a Walter Veltroni e annuncia di candidarsi da solo alle prossime elezioni per la presidenza della Regione Abruzzo decapitata dopo l'arresto di un'altra bandiera della sinistra democratica, Ottaviano Del Turco. Veltroni ricambia Di Pietro con la medesima ostilità ogni qual volta si stanca di prendersela con il suo nemico storico Massimo D'Alema. Il quale restituisce il disprezzo, estendendolo volentieri a Arturo Parisi, ex ministro della Difesa del governo Prodi, che a sua volta detesta sia Veltroni che lo stesso D'Alema. Antonio Bassolino, il re dalemiano della spazzatura napoletana, governatore della Campania, anzichè dimettersi e scomparire, sconfessa Veltroni, elogia Berlusconi, e prepara la sua candidatura al parlamento europeo come buonuscita estera per il suo capolavoro (inter)nazionale. Altri litigi si segnalano in Sicilia, in Molise e perfino dove il pd non esiste quasi più, come in Lombardia. Avanti così, bene, e che poi qualcuno spenga la luce."
Non c'è che dire, davvero un bel quadretto. E detto da loro è ancora più drammatico. Cosa aggiungere? Niente, se la suonano e se la cantano. Fanno tutto loro. La cosa buffa di questa sinistra è che a sentir loro va tutto bene. Giuisto pochi giorni fa, il nostro americano a Roma, Uolter Veltroni, in una dichiarazione riportata dall'ANSA, diceva, riferito al Governo: "Sono divisi su tutto.". Ora, sentire Velroni che dice che al Governo sono divisi su tutto e poi leggere quanto scrive Corrias, viene da scompisciarsi dalle risate. Oppure si dovrebbe concludere che Veltroni ha preso un colpo di sole.
Ma loro sono fatti così. Infatti, adesso il buon Walter è in giro per l'Italia con un pullman per cercare firme contro il Governo. E per dare più forza all'operazione mediatica ha lanciato l'ennesimo slogan (loro pensano che questo sia fare politica, inventandosi uno slogan al mese): "Salviamo l'Italia".
Da ridere. Salvarla da chi e da cosa? Forse dai Veltroni & C? Sembrerebbe di sì, visto che perfino alcuni esponenti di primo piano del PD, vedi Cacciari e Bassolino, gli hanno risposto "No, grazie", rifiutandosi di firmare. Bassolino, addirittura, gli ha risposto che quella raccolta di firme, invece che chiamarsi "Salva l'Italia", dovrebbe chiamarsi "Salva Veltroni".
E' esattamente la stessa cosa che ho pensato io e, immagino, altri milioni di italiani. E se lo dice anche Bassolino...
Povera Napoli
E' banale scrivere che io, napoletano, mi vergogno più di tutti, ma quello che è successo ieri a Napoli ed a Roma ad opera di duemila ultrà napoletani in assetto di guerra con minacce e danni gravi alle persone ed alle cose è un fatto gravissimo che mina la sicurezza, viola i diritti e la legge; come gravissimo è il fatto che gli unici cinque fermati sono già stati messi fuori dai giudici.
Se duemila scalmanati sequestrano l’intercity per Genova fanno scendere i viaggiatori, rompono vetri, sventrano sedili, sporcano e sfasciano carrozze, devastano Termini e l’Olimpico con danni enormi senza che nessuno sia stato in grado di fermarli significa tutti noi siamo in balia di violenti che per giunta sanno di restare impuniti.
La vicenda mette seriamente in discussione la capacità delle Istituzioni di reprimere le emergenze anche quando queste sono prevedibili.
E adesso tutti a chiedersi: "perchè non li hanno fermati?"," perchè il treno non è stato fermato su un binario morto in aperta campagna?", "perchè i fermati sono stati rilasciati", "perchè ..........". Il perchè non lo capisce nessuno se non è napoletano. Sì, perchè a Napoli stanno succedendo gravi episodi di reazione sociale contro le istituzioni (due esempi recentissimi sono i carabinieri picchiati a Melito dagli aderenti al clan per liberare il nipote del boss e il sindaco di Torre del Greco Ciro Borriello aggredito per impedire che i vigili urbani multassero un centauro senza casco) che fanno emergere il dato allarmante di un vasto sostegno sociale a forme di criminalità ed in genere all’illegalità. Se poi aggiungiamo che anche in questo caso i fermati sono stati rilasciati, il pranzo è completo.
Ciò che stupisce è che dinanzi ad episodi così gravi le reazioni delle istituzioni e della pubblica opinione siano state inesistenti mentre se episodi simili fossero accaduti nell’altra Italia o in un qualsiasi paese di Europa ci sarebbe stata una reazione sociale e mediatica ampia e provvedimenti repressivi adeguati. Da noi niente del genere.
E' questo sostegno che rende i delinquenti più forti, al punto da sfidare lo Stato e vincerlo, come è successo domenica.
Questa è la Napoli che emerge dalle cronache , e tale sarà finchè gli stessi napoletani "per bene" (tantissimi) non cominceranno a credere che la cartolina di Napoli non può essere quella di un mucchio selvaggio che devasta treni e stazioni, mette a soqquadro città, sconvolge la vita di inermi cittadini e infierisce sugli agenti di polizia come se fossero aguzzini da sopprimere.
Se duemila scalmanati sequestrano l’intercity per Genova fanno scendere i viaggiatori, rompono vetri, sventrano sedili, sporcano e sfasciano carrozze, devastano Termini e l’Olimpico con danni enormi senza che nessuno sia stato in grado di fermarli significa tutti noi siamo in balia di violenti che per giunta sanno di restare impuniti.
La vicenda mette seriamente in discussione la capacità delle Istituzioni di reprimere le emergenze anche quando queste sono prevedibili.
E adesso tutti a chiedersi: "perchè non li hanno fermati?"," perchè il treno non è stato fermato su un binario morto in aperta campagna?", "perchè i fermati sono stati rilasciati", "perchè ..........". Il perchè non lo capisce nessuno se non è napoletano. Sì, perchè a Napoli stanno succedendo gravi episodi di reazione sociale contro le istituzioni (due esempi recentissimi sono i carabinieri picchiati a Melito dagli aderenti al clan per liberare il nipote del boss e il sindaco di Torre del Greco Ciro Borriello aggredito per impedire che i vigili urbani multassero un centauro senza casco) che fanno emergere il dato allarmante di un vasto sostegno sociale a forme di criminalità ed in genere all’illegalità. Se poi aggiungiamo che anche in questo caso i fermati sono stati rilasciati, il pranzo è completo.
Ciò che stupisce è che dinanzi ad episodi così gravi le reazioni delle istituzioni e della pubblica opinione siano state inesistenti mentre se episodi simili fossero accaduti nell’altra Italia o in un qualsiasi paese di Europa ci sarebbe stata una reazione sociale e mediatica ampia e provvedimenti repressivi adeguati. Da noi niente del genere.
E' questo sostegno che rende i delinquenti più forti, al punto da sfidare lo Stato e vincerlo, come è successo domenica.
Questa è la Napoli che emerge dalle cronache , e tale sarà finchè gli stessi napoletani "per bene" (tantissimi) non cominceranno a credere che la cartolina di Napoli non può essere quella di un mucchio selvaggio che devasta treni e stazioni, mette a soqquadro città, sconvolge la vita di inermi cittadini e infierisce sugli agenti di polizia come se fossero aguzzini da sopprimere.
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