Carter usa la linea D'Alema, ovvero considera Hamas un movimento nazionalista legato a una logica di “pace contro terra” ed incontra Khaleed Meshal e Ismayl Hanyeh.
Uscito dal colloquio Carter ha annunciato trionfale al mondo che Hamas era pronto a riconoscere l’esistenza di Israele se questo si fosse ritirato dentro i confini del 1967.
Missione compiuta dunque.
Ma non era così, ovviamente. Passati pochi minuti dal comunicato, Khaleed Meshal, palesemente irritato, l’ha subito seccamente smentito con un comunicato in cui affermava che Carter non aveva capito nulla, che la posizione di Hamas è quella di sempre. Nessun riconoscimento, del diritto all’esistenza di Israele “perché proibito dal Corano”.
Hamas è disposta a sottoporre a referendum – a cui dovrebbero votare tutti e 4 i milioni di palestinesi – un eventuale piano di ritiro di Israele dai territori e – in caso di approvazione – a concedere a israele 10 anni di tregua islamica.
Far partecipare al referendum tutti i palestinesi della diaspora significa volere una bocciatura sonora garantita e la tregua islamica non è affatto una tregua nel senso occidentale, di cessate il fuoco, ma ha il senso coranico di pausa dei combattimenti per potere alla fine condurre una guerra vittoriosa contro il nemico, esattamente come fece Maometto nel 630, con gli abitanti della Mecca, poi conquistata.
In pratica Carter ha fatto esattamente quanto da due anni auspicano si faccia sia Massimo d’Alema che Romano Prodi e anche Piero Fassino.
L'esito della missione è stato disastroso e tragicomico. Questa era la politica estera italiana.
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