L’Italia è un Paese come tanti altri, con vizi e virtù.
Solo un giornale ha riportato la storia di una ragazza che la Cgil ha fatto lavorare in nero nei propri uffici calabresi per anni e poi è stata allontanata senza alcun tipo di tutela.
L’altro giorno è stato anche svelato il comportamento molto disinvolto della Cgil Puglia, che ha chiuso una società di assistenza fiscale, ha licenziato tutti i 27 dipendenti, per assumere venti da precari.
Dalla vicenda sono emersi altri dettagli sorprendenti. Ad esempio, un dirigente accusato di essersi appropriato indebitamente di 40 mila euro si è difeso spiegando che:
«il trasferimento di quelle somme di denaro sul mio conto assecondava una prassi da sempre diffusa in Cgil, in base alla quale i dirigenti del sindacato o di strutture ad esso collegate, possono prendere in prestito del denaro per l’acquisto di beni strumentali quali l’automobile (come nel mio caso)».Capito? Se sei dirigente della Cgil puoi servirti in cassa.
Storie tipicamente italiane ovvero di un Paese dove il confine tra lecito e illecito è sempre labile e molto personale. Inflessibili con gli altri (a parole), molti flessibili con se stessi (nei fatti). Non tutti, per carità. Anzi, per fortuna. Ma il fenomeno è diffuso. E riguarda chi dovrebbe tutelare la legalità.
Forse perché il sindacato non è migliore del Paese, ma ne rispecchia vizi e virtù. O sbaglio?
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