Premetto che sono un ambientalista, ma non ho i paraocchi.
La settimana scorsa su El País José Antonio Martín Pallín, magistrato e commissario della International Commission of Jurists, si lamentava del fatto che «è difficile trovare nelle carceri delinquenti ambientali» e si rallegrava perché le costituzioni di Ecuador e Bolivia riconoscono dal 2008 i diritti della Madre Terra.
Eppure io dico che ci si potrebbe stupire anche del contrario, e cioè che in prigione non ci sia nessun ambientalista accusato di crimini contro l’umanità. Vale a dire delle conseguenze sulla salute umana di alcune battaglie ecologiste.
Vi dò solo due esempi:
Secondo Jeffrey Loss, accademico canadese autore di Beyond Environmentalism, i riflessi della messa al bando del Ddt avrebbero causato negli ultimi quarant’anni fra i 15 e i 40 milioni di morti per malaria in più, in maggioranza bambini sotto i cinque anni di età.
Partendo dalla constatazione che fra il 1950 e il 1970, quando il Ddt era largamente utilizzato, l’incidenza della malaria nel Terzo mondo era crollata, per poi tornare a crescere in misura tale che nel 2000 i tassi di mortalità risultavano superiori del 40 per cento rispetto ai dati di inizio anni Settanta, Amir Attaran e Rajendra Maharaj hanno documentato sul British Medical Journal: «Benché centinaia di milioni di persone, probabilmente miliardi, siano state esposte a elevate concentrazioni di Ddt per ragioni legate al lavoro o alla residenza in edifici dove è usato in forma spray, non esiste nella letteratura scientifica un solo studio replicato da soggetti indipendenti che colleghi l’esposizione al Ddt a conseguenze negative per la salute. La relativa bassa tossicità ne fa invece un’arma ideale nella lotta contro la malaria».
Altro clamoroso crimine contro l’umanità di ispirazione ambientalista è l’ostruzionismo contro il “golden rice”, una varietà di riso Ogm arricchito di vitamina A che sarebbe utilissimo contro una carenza vitaminica che nel Terzo mondo riguarda centinaia di milioni di persone, soprattutto bambini, e che causa annualmente 250-500 mila casi di cecità e fra uno e due milioni di morti. Sostenere che il golden rice danneggerebbe l’ambiente è una tale idiozia che nemmeno Greenpeace ci prova più, ma gli ambientalisti hanno cambiato tattica: hanno fatto girare la voce che per prevenire la cecità bisogna mangiare quantità enormi di riso transgenico: chi dice due chili al giorno, chi cinque, chi addirittura nove. In realtà il golden rice attualmente disponibile contiene una quantità di betacarotene ben 23 volte superiore a quella della prima versione, per cui basterebbero 50 grammi di riso tre volte al giorno per avere risultati ottimi.
Invece secondo gli ambientalisti bisogna somministrare pastiglie di vitamina A. L’Oms lo fa già, spendendo 90-100 milioni di dollari l’anno, coi risultati in termini di mortalità e cecità che abbiamo detto sopra.
E allora chi deve salire sul banco degli imputati?
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