In Italia ci sono 206 prigioni che, nonostante l'indulto del 2006, scoppiano di detenuti.
Due sono le principali cause: più del 50% dei detenuti sono in attesa del processo e quasi un terzo del totale è straniero.
Quali possono essere le soluzioni?
Il governo sta lavorando con l'Ue per ricevere fondi e costruire nuovi penitenziari, qualcuno sta lavorando anche ad un provvedimento «svuotacarceri» e qualcun'altro sta cercando accordi con gli Stati stranieri perché riprendano nelle loro celle i connazionali delinquenti.
Riuscirannpo queste azioni a risolvere il problema? forse no, ma ognuna di essa tende a migliorarla.
Con questo scenario, la Corta Costituzionale rema contro e ti inventa una sentenza che apre la strada al Turismo Carcerario.
Con questa sentenza, che ancora non è pubblica, si aprono infatti le porte delle nostre prigioni agli immigrati comunitari che hanno commesso reati nella loro patria e lì sono stati condannati.
Basta che abbiano non la cittadinanza italiana, ma solo la residenza o la dimora nel nostro Paese. Perchè parlo di turismo carcerario? Perchè gli stranieri hanno tutto l’interesse a scontare la pena da noi, visto che una sentenza della Cassazione nel 2009 ha affermato che anche ai comunitari, come agli italiani, bisogna applicare lo sconto di pena di 3 anni concesso dall’indulto del 2006.
sabato 26 giugno 2010
martedì 22 giugno 2010
Il significato delle parole
I dirigenti del Partito democratico hanno il dovere di contrastare il governo, ma non possono bisticciare con la lingua italiana, il significato delle parole e prendere in giro i suoi elettori. Leggiamo insieme quel testo del programma elettorale del PD, per l’esattezza del febbraio 2008: «Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richieste e delle ordinanze ammesse in materia di misura cautelare fino al termine dell’udienza preliminare, e delle indagini, serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini, che risultano spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali».
Chiaro? Chiarissimo: dato che chi «pubblica» la «documentazione relativa alle intercettazioni» sono i giornali, se si stabilisce il «divieto assoluto di pubblicazione» di quella documentazione fino al termine dell’udienza preliminare, vuol dire che i giornali non possono far altro che «non pubblicare» le intercettazioni. Vietato. Proibito. Interdetto, fino al «termine dell’udienza preliminare».
C’è molta differenza con quanto propone attualmente il centrodestra? Non tanta. E dunque, se la legge attualmente proposta dalla maggioranza è l’anticamera del fascismo, due anni fa il Pd se ne stava facendo promotore. Se è un bavaglio, era bavaglio anche allora. Se è liberticida, non lo è in misura molto diversa da quella suggerita dal programma elettorale di chi oggi esprime con allarme il proprio dissenso.
Invece da parte del Pd ora tutti dicono che sono gli altri a non aver capito.
Ma, lasciamo stare il PD, che pur di contrastare questo governo venderebbe l'anima al diavolo, ma leggiamo un attimo l'art 114 del codice di procedura penale:
1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.
2. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero , se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. E' sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni.
4. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di
pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 4.
6. E' vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone
offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione .
6-bis. E' vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.
7. E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.
Chiaro? Già oggi, ogni volta che si pubblica qualcosa che è coperta da segreto istruttorio, il giornalista, l'editore, il pm commettono un reato penale. Ma.....l'art. 114 non prevede nessuna pena, e allora i giornalisti, gli editori ed i pm se ne fregano altamente, anzi, la maggio parte dei pm fuorilegge poi diventano onorevoli e, come diceva Machiavelli, il fine giustifica i mezzi.
Chiaro? Chiarissimo: dato che chi «pubblica» la «documentazione relativa alle intercettazioni» sono i giornali, se si stabilisce il «divieto assoluto di pubblicazione» di quella documentazione fino al termine dell’udienza preliminare, vuol dire che i giornali non possono far altro che «non pubblicare» le intercettazioni. Vietato. Proibito. Interdetto, fino al «termine dell’udienza preliminare».
C’è molta differenza con quanto propone attualmente il centrodestra? Non tanta. E dunque, se la legge attualmente proposta dalla maggioranza è l’anticamera del fascismo, due anni fa il Pd se ne stava facendo promotore. Se è un bavaglio, era bavaglio anche allora. Se è liberticida, non lo è in misura molto diversa da quella suggerita dal programma elettorale di chi oggi esprime con allarme il proprio dissenso.
Invece da parte del Pd ora tutti dicono che sono gli altri a non aver capito.
Ma, lasciamo stare il PD, che pur di contrastare questo governo venderebbe l'anima al diavolo, ma leggiamo un attimo l'art 114 del codice di procedura penale:
1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.
2. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero , se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. E' sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni.
4. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di
pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 4.
6. E' vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone
offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni. Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione .
6-bis. E' vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.
7. E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.
Chiaro? Già oggi, ogni volta che si pubblica qualcosa che è coperta da segreto istruttorio, il giornalista, l'editore, il pm commettono un reato penale. Ma.....l'art. 114 non prevede nessuna pena, e allora i giornalisti, gli editori ed i pm se ne fregano altamente, anzi, la maggio parte dei pm fuorilegge poi diventano onorevoli e, come diceva Machiavelli, il fine giustifica i mezzi.
Viva l'Italia
Un consigliere federale svizzero (Dominique Baettig) ha chiesto al suo governo di modificare la Costituzione svizzera per allargare i confini nazionali ed annettere il Baden Wurttenberg, la Savoia, la Valle d'Aosta e le due province lombarde di Como e Varese.
Il quotidiano "La Provincia di Como" ha pigliato la palla al balzo, organizzando un sondaggio sul suo sito, chiedendo il parere ai comaschi. Il 74,2 % ha cliccato sì, mentre il 25,8 ha giudicato negativamente simile proposta.
Tre comaschi su quattro sognano dunque di risvegliarsi un mattino svizzeri, di pagare meno tasse, l'Iva al 7,5% e non al 20, la pressione fiscale al 20 e non al 45%, la benzina a 1 euro: chiamali scemi!
Il quotidiano "La Provincia di Como" ha pigliato la palla al balzo, organizzando un sondaggio sul suo sito, chiedendo il parere ai comaschi. Il 74,2 % ha cliccato sì, mentre il 25,8 ha giudicato negativamente simile proposta.
Tre comaschi su quattro sognano dunque di risvegliarsi un mattino svizzeri, di pagare meno tasse, l'Iva al 7,5% e non al 20, la pressione fiscale al 20 e non al 45%, la benzina a 1 euro: chiamali scemi!
sabato 19 giugno 2010
Le carni maciullate dei lavoratori
Il 22 giugno ci sarà il referendum tra i lavoratori della Fiat di Pomigliano.
A cosa serve?
Se qualcuno spera che la Fiom-Cgil possa ripensarci davanti a un’espressione chiara dei lavoratori, può toglierselo dalla testa. La Fiom ha già detto che il referendum è illegittimo, ed ha preso già le distanze dal suo risultato.
Fossi nei panni di Marchionne me ne sarei già andato in Polonia (ed è quello che farà).
Ma come si fa a gestire un’azienda se ogni piccolo dettaglio del piano industriale lo devi concordare con Fim Cisl, Uilm, Ugl, Fismic, Fiom, Cobas, e chi più ne ha più ne metta? E non basta, perché se la più piccola organizzazione di categoria non è d’accordo, da sola è in grado di agitare gli stabilimenti Fiat con assemblee, scioperi, picchettaggi e ti bloccano la produzione?
Come si fa a gestire un’azienda se il suo personale, complici i sindacati, disertano l’azienda nei giorni in cui gioca la Nazionale di calcio (scioperi o malattie), e nei giorni delle elezioni comunali, provinciali, regionali, nazionali, europee e referendum (tutti scrutinatori o rappresentanti di lista)?
Chiariamo che lo sciopero, le malattie ed i permessi elettorali sono tutti legali, ma quando le malattie si traducono in epidemie e gli scrutatori sono il 50% dei lavoratori (come a Pomigliano) bèh mi risulta difficile difendere questi furbastri. Eppure i sindacati lo fanno. Ieri, a difendere questi "diritti" è intervenuto anche Vendola che ha parlato di ricatti e del padrone che si arricchisce con le carni maciullate dei lavoratori.
Un mix di situazioni surreali che esistono solo in Italia e che sono alla base del fatto che le multinazionali sono fuggite via dall’Italia. In altri Paesi l’accordo è tra l’ad dell’azienda, un rappresentante del governo ed un rappresentante dei lavoratori. E si discute di cose serie.
Secondo me Marchionne ha già deciso di lasciare Pomigliano al suo destino, come ha fatto con Termini Imerese, ma ha il compito di salvare la faccia della Fiat (e la Fiom involontariamente? gli sta dando una mano).
A cosa serve?
Se qualcuno spera che la Fiom-Cgil possa ripensarci davanti a un’espressione chiara dei lavoratori, può toglierselo dalla testa. La Fiom ha già detto che il referendum è illegittimo, ed ha preso già le distanze dal suo risultato.
Fossi nei panni di Marchionne me ne sarei già andato in Polonia (ed è quello che farà).
Ma come si fa a gestire un’azienda se ogni piccolo dettaglio del piano industriale lo devi concordare con Fim Cisl, Uilm, Ugl, Fismic, Fiom, Cobas, e chi più ne ha più ne metta? E non basta, perché se la più piccola organizzazione di categoria non è d’accordo, da sola è in grado di agitare gli stabilimenti Fiat con assemblee, scioperi, picchettaggi e ti bloccano la produzione?
Come si fa a gestire un’azienda se il suo personale, complici i sindacati, disertano l’azienda nei giorni in cui gioca la Nazionale di calcio (scioperi o malattie), e nei giorni delle elezioni comunali, provinciali, regionali, nazionali, europee e referendum (tutti scrutinatori o rappresentanti di lista)?
Chiariamo che lo sciopero, le malattie ed i permessi elettorali sono tutti legali, ma quando le malattie si traducono in epidemie e gli scrutatori sono il 50% dei lavoratori (come a Pomigliano) bèh mi risulta difficile difendere questi furbastri. Eppure i sindacati lo fanno. Ieri, a difendere questi "diritti" è intervenuto anche Vendola che ha parlato di ricatti e del padrone che si arricchisce con le carni maciullate dei lavoratori.
Un mix di situazioni surreali che esistono solo in Italia e che sono alla base del fatto che le multinazionali sono fuggite via dall’Italia. In altri Paesi l’accordo è tra l’ad dell’azienda, un rappresentante del governo ed un rappresentante dei lavoratori. E si discute di cose serie.
Secondo me Marchionne ha già deciso di lasciare Pomigliano al suo destino, come ha fatto con Termini Imerese, ma ha il compito di salvare la faccia della Fiat (e la Fiom involontariamente? gli sta dando una mano).
Intercettazioni: dati ufficiali
Luca Palamara, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), in risposta e per smentire l'intervento di Berlusconi (che aveva parlato di circa 150.000 telefoni sotto controllo), ha precisato che nel 2009 le utenze telefoniche intercettate sono state 119.553, le cimici piazzate in ambienti pubblici e privati sono state 11.119, mentre le “altre tipologie di bersaglio” sono state 1.712. Totale 132.384 ‘bersagli’. Il tutto per un costo di 272 milioni di euro, un dato di poco superiore alla media di spesa degli anni 2003-2009, secondo i dati dell’Anm.
Ed ha aggiunto: in media ogni soggetto intercettato utilizza tre o più utenze; nelle indagini di criminalità organizzata capita di scoprire che gli indagati cambiano anche nove o dieci telefonini. È pertanto corretto dire, 119mila diviso per 3, che sono state intercettate in un anno 39.667 persone».
Che siano le 150 mila stimate dal premier Silvio Berlusconi o le 132 mila che risultano all’Associazione nazionale magistrati, si tratta comunque di cifre lontanissime da quelle dei più grandi Paesi occidentali.
■1.500 intercettazioni autorizzate ogni anno in Gran Bretagna;
■18.000 in Germania
■30.000 in Francia;
■poco più di 2.300 quelle giudiziarie negli Usa.
Ma sia Berlusconi che Palamara non conoscono la aritmetica:
Qui dal Riformista: «Gli italiani spiati sono 5 milioni». Ex pm ed ex direttore generale del ministero della Giustizia, gela Palamara durante un convegno: «Dati ufficiali».
http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/SBW/SBWHO.pdf
Ed ha aggiunto: in media ogni soggetto intercettato utilizza tre o più utenze; nelle indagini di criminalità organizzata capita di scoprire che gli indagati cambiano anche nove o dieci telefonini. È pertanto corretto dire, 119mila diviso per 3, che sono state intercettate in un anno 39.667 persone».
Che siano le 150 mila stimate dal premier Silvio Berlusconi o le 132 mila che risultano all’Associazione nazionale magistrati, si tratta comunque di cifre lontanissime da quelle dei più grandi Paesi occidentali.
■1.500 intercettazioni autorizzate ogni anno in Gran Bretagna;
■18.000 in Germania
■30.000 in Francia;
■poco più di 2.300 quelle giudiziarie negli Usa.
Ma sia Berlusconi che Palamara non conoscono la aritmetica:
Qui dal Riformista: «Gli italiani spiati sono 5 milioni». Ex pm ed ex direttore generale del ministero della Giustizia, gela Palamara durante un convegno: «Dati ufficiali».
http://rassegna.governo.it/rs_pdf/pdf/SBW/SBWHO.pdf
La coerenza
Mi si consenta di domandare ad Antonio Di Pietro per quale matta ragione egli insorga e occupi il Parlamento italiano, quando in tema di privacy, intercettazioni e tanto altro la pensa esattamente come me. Sono matto io?
Giudichi il lettore dopo la lettura delle seguenti paginette tratte da “Antonio Di Pietro. Educazione civica con elementi di diritto ed economia. Per il biennio delle scuole superiori” (Edizioni Larus, pp. 297-298):
“In questo clima di asfissiante ricerca dello scoop, della notizia clamorosa da sbattere in prima pagina, ogni indiscrezione, vera o presunta, circa le attività dei magistrati è da anni strumento di lotta politica, di esaltazione o di affossamento di singoli o partiti. Per questa ragione le intercettazioni telefoniche riguardanti numerosi cittadini italiani, che per una ragione o per l’altra erano considerati personaggi di attualità, sono state a più riprese utilizzate dalla stampa e consegnate agli occhi di tutti con lo scopo immediato di ‘informare’ ma anche con un intento, spesso non celato, di delegittimare i propri avversari. In questo modo milioni di persone hanno potuto conoscere le conversazioni private di privati cittadini che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso e che comunque si prestano ad equivoci o interpretazioni dettate dalla evidente differenza che esiste tra lo scritto e il parlato, specie telefonico. Ma il problema di cui ci occupiamo ci pare sia solo una conseguenza di un’altra questione ben più grave. A quale scopo le conversazioni telefoniche intercettate devono diventare di pubblico dominio, tutte indistintamente? E’ giusta una legislazione che consente a chiunque di accedere a notizie circa la vita privata del cittadino? Infatti, se la Costituzione prevede, in determinati casi, che sia violata la libertà e la segretezza delle comunicazioni, è anche vero che concede questa facoltà solo a pubblici funzionari per fini di indagine, non certo per mettere in piazza i discorsi privati dei cittadini. Le recenti notizie sui telefonini clonati, sulle valanghe di intercettazioni e sull’uso di microspie rendono sempre più necessario un intervento legislativo che riveda con serietà tutta questa delicata materia”.
Dopo questa lettura mi si consenta di domandare agli elettori dell'IdV: come fate a dire che l'unico motivo per cui siete simpatizzanti dell'IdV è la coerenza di Di Pietro?
Giudichi il lettore dopo la lettura delle seguenti paginette tratte da “Antonio Di Pietro. Educazione civica con elementi di diritto ed economia. Per il biennio delle scuole superiori” (Edizioni Larus, pp. 297-298):
“In questo clima di asfissiante ricerca dello scoop, della notizia clamorosa da sbattere in prima pagina, ogni indiscrezione, vera o presunta, circa le attività dei magistrati è da anni strumento di lotta politica, di esaltazione o di affossamento di singoli o partiti. Per questa ragione le intercettazioni telefoniche riguardanti numerosi cittadini italiani, che per una ragione o per l’altra erano considerati personaggi di attualità, sono state a più riprese utilizzate dalla stampa e consegnate agli occhi di tutti con lo scopo immediato di ‘informare’ ma anche con un intento, spesso non celato, di delegittimare i propri avversari. In questo modo milioni di persone hanno potuto conoscere le conversazioni private di privati cittadini che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso e che comunque si prestano ad equivoci o interpretazioni dettate dalla evidente differenza che esiste tra lo scritto e il parlato, specie telefonico. Ma il problema di cui ci occupiamo ci pare sia solo una conseguenza di un’altra questione ben più grave. A quale scopo le conversazioni telefoniche intercettate devono diventare di pubblico dominio, tutte indistintamente? E’ giusta una legislazione che consente a chiunque di accedere a notizie circa la vita privata del cittadino? Infatti, se la Costituzione prevede, in determinati casi, che sia violata la libertà e la segretezza delle comunicazioni, è anche vero che concede questa facoltà solo a pubblici funzionari per fini di indagine, non certo per mettere in piazza i discorsi privati dei cittadini. Le recenti notizie sui telefonini clonati, sulle valanghe di intercettazioni e sull’uso di microspie rendono sempre più necessario un intervento legislativo che riveda con serietà tutta questa delicata materia”.
Dopo questa lettura mi si consenta di domandare agli elettori dell'IdV: come fate a dire che l'unico motivo per cui siete simpatizzanti dell'IdV è la coerenza di Di Pietro?
giovedì 17 giugno 2010
E' vero o no?
E' VERO o NO che negli ultimi anni vi sia stato un ricorso eccessivo da parte dei sostituti procuratori alle intercettazioni telefoniche?
E' Vero o NO che le intercettazioni sono state usate non solo, come è giusto, come strumento per ricercare la prova di delitti particolarmente gravi e difficili da individuare ma anche come strumento per la ricerca della stessa notitia criminis in tal modo sovvertendo i principi dello stato di diritto?
E' VERO o NO che negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad un preoccupante trasferimento, dalle aule processuali ai giornali, della sede di somministrazione della giustizia?
E’ VERO o NO che i più importanti processi si sono celebrati sui giornali mentre erano ancora in corso le indagini preliminari?
E’ VERO o NO che spesso le intercettazioni pubblicate sulla stampa hanno riguardato persone nemmeno indagate e fatti privi di qualunque rilevo penale?
E' VERO o NO che molte condanne inflitte dalle pagine dei giornali sono state poi sovvertite dalle sentenza definitive emesse dai giudici?
E’ VERO o NO che la principale sanzione inflitta agli indagati, la condanna della pubblica opinione, non è risarcibile anche se interviene una sentenza di assoluzione?
E' VERO o NO che già oggi la condotta del giornalista che pubblica il testo di un’intercettazione coperta dal segreto istruttorio è penalmente rilevante (al pari di quella del magistrato, dell’agente di polizia giudiziaria o del cancelliere che passa al giornalista i testi)?
E' VERO e NO che in questi anni a fronte di centinaia di violazione del segreto istruttorio non vi sono casi di accertamento dei responsabili di tali condotte penalmente rilevanti?
Se la risposta a queste domande è (e non vedo come possa non esserlo) affermativa, allora non può essere negata non solo la legittimità ma anche l’opportunità di una disciplina che regoli modalità termini e condizioni per il ricorso a questo strumento di indagine. La regola è la riservatezza delle comunicazioni personali. L’eccezione è l’intercettazione delle stesse motivata da pressanti esigenze di ordine pubblico. La legge deve regolare la materia cercando di scongiurare il rischio che l’eccezione diventi regola e la regola eccezione.
Il diritto alla libera manifestazione e alla libertà di informare del pensiero non c’entra nulla. In questi casi non di manifestazione del pensiero si tratta. Non di libertà di informare. Ma di pretesa all’impunità a fronte di condotte illecite: illegittima intromissione nell’attività degli apparati dello Stato, devastazione della vita di cittadini prima ed indipendentemente dall’accertamento di loro responsabilità penali.
Ci dovremmo allora aspettare che vi sia un consenso unanime sulla necessità di un intervento legislativo in materia. Potremo dividerci sulle soluzioni puntuali legislative da approvare. Ma tutti dovremmo convenire sulla tematica di fondo e quindi dimettere i toni apocalittici cui stiamo assistendo.
E che così dovrebbe essere ce lo conferma un fatto chiarissimo ma che oggi in pochi richiamano.
Sul finire della scorsa legislatura la Camera dei deputati approvò un disegno di legge del Governo Prodi che interveniva esattamente sulla materia. E sul provvedimento si registrò l’unanimità(con soli quattro astenuti) e il voto favorevole di tutti i partiti dell’allora maggioranza (Italia dei valori e Rifondazione comunista inclusi) oltre che quelli dell’allora opposizione (Alleanza nazionale, Udc inclusi). In particolare il provvedimento fissava nuovi limiti per il ricorso allo strumento delle intercettazioni (ed in particolare un termine massimo per l’effettuazione delle medesime) e nuove e più severe sanzioni penali a carico fra l’altro dei giornalisti che pubblicavano consapevolmente intercettazioni coperte da segreto.
In realtà l’unica novità qualitativamente significativa del testo approvato dal Senato è la previsione di una responsabilità pecuniaria a carico degli editori dei giornali su cui vengano illegittimamente pubblicate le intercettazioni. Ma a ben vedere prevedere una responsabilità degli editori altro non è che un modo per rendere più effettivo il divieto di pubblicazioni, sanzionando chi trae un diretto vantaggio economico dalla violazione del divieto, e quindi, in ultima analisi, un modo di tutelare i giornalisti che altrimenti verrebbero individuati come gli unici responsabili delle degenerazioni alle quali assistiamo da anni.
Nonostante questi solidi argomenti, sono ormai mesi che assistiamo ad un’ignobile pantomima nella quale la fanno da padrona la demagogia parolaia, il giustizialismo militante e Fini(ssima) tattica politica. Ma in tal modo la classe dirigente del Paese abdica definitivamente alla propria funzione!
E' Vero o NO che le intercettazioni sono state usate non solo, come è giusto, come strumento per ricercare la prova di delitti particolarmente gravi e difficili da individuare ma anche come strumento per la ricerca della stessa notitia criminis in tal modo sovvertendo i principi dello stato di diritto?
E' VERO o NO che negli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad un preoccupante trasferimento, dalle aule processuali ai giornali, della sede di somministrazione della giustizia?
E’ VERO o NO che i più importanti processi si sono celebrati sui giornali mentre erano ancora in corso le indagini preliminari?
E’ VERO o NO che spesso le intercettazioni pubblicate sulla stampa hanno riguardato persone nemmeno indagate e fatti privi di qualunque rilevo penale?
E' VERO o NO che molte condanne inflitte dalle pagine dei giornali sono state poi sovvertite dalle sentenza definitive emesse dai giudici?
E’ VERO o NO che la principale sanzione inflitta agli indagati, la condanna della pubblica opinione, non è risarcibile anche se interviene una sentenza di assoluzione?
E' VERO o NO che già oggi la condotta del giornalista che pubblica il testo di un’intercettazione coperta dal segreto istruttorio è penalmente rilevante (al pari di quella del magistrato, dell’agente di polizia giudiziaria o del cancelliere che passa al giornalista i testi)?
E' VERO e NO che in questi anni a fronte di centinaia di violazione del segreto istruttorio non vi sono casi di accertamento dei responsabili di tali condotte penalmente rilevanti?
Se la risposta a queste domande è (e non vedo come possa non esserlo) affermativa, allora non può essere negata non solo la legittimità ma anche l’opportunità di una disciplina che regoli modalità termini e condizioni per il ricorso a questo strumento di indagine. La regola è la riservatezza delle comunicazioni personali. L’eccezione è l’intercettazione delle stesse motivata da pressanti esigenze di ordine pubblico. La legge deve regolare la materia cercando di scongiurare il rischio che l’eccezione diventi regola e la regola eccezione.
Il diritto alla libera manifestazione e alla libertà di informare del pensiero non c’entra nulla. In questi casi non di manifestazione del pensiero si tratta. Non di libertà di informare. Ma di pretesa all’impunità a fronte di condotte illecite: illegittima intromissione nell’attività degli apparati dello Stato, devastazione della vita di cittadini prima ed indipendentemente dall’accertamento di loro responsabilità penali.
Ci dovremmo allora aspettare che vi sia un consenso unanime sulla necessità di un intervento legislativo in materia. Potremo dividerci sulle soluzioni puntuali legislative da approvare. Ma tutti dovremmo convenire sulla tematica di fondo e quindi dimettere i toni apocalittici cui stiamo assistendo.
E che così dovrebbe essere ce lo conferma un fatto chiarissimo ma che oggi in pochi richiamano.
Sul finire della scorsa legislatura la Camera dei deputati approvò un disegno di legge del Governo Prodi che interveniva esattamente sulla materia. E sul provvedimento si registrò l’unanimità(con soli quattro astenuti) e il voto favorevole di tutti i partiti dell’allora maggioranza (Italia dei valori e Rifondazione comunista inclusi) oltre che quelli dell’allora opposizione (Alleanza nazionale, Udc inclusi). In particolare il provvedimento fissava nuovi limiti per il ricorso allo strumento delle intercettazioni (ed in particolare un termine massimo per l’effettuazione delle medesime) e nuove e più severe sanzioni penali a carico fra l’altro dei giornalisti che pubblicavano consapevolmente intercettazioni coperte da segreto.
In realtà l’unica novità qualitativamente significativa del testo approvato dal Senato è la previsione di una responsabilità pecuniaria a carico degli editori dei giornali su cui vengano illegittimamente pubblicate le intercettazioni. Ma a ben vedere prevedere una responsabilità degli editori altro non è che un modo per rendere più effettivo il divieto di pubblicazioni, sanzionando chi trae un diretto vantaggio economico dalla violazione del divieto, e quindi, in ultima analisi, un modo di tutelare i giornalisti che altrimenti verrebbero individuati come gli unici responsabili delle degenerazioni alle quali assistiamo da anni.
Nonostante questi solidi argomenti, sono ormai mesi che assistiamo ad un’ignobile pantomima nella quale la fanno da padrona la demagogia parolaia, il giustizialismo militante e Fini(ssima) tattica politica. Ma in tal modo la classe dirigente del Paese abdica definitivamente alla propria funzione!
martedì 15 giugno 2010
Lo sfasciacarrozze
La Fiat non trova più vantaggioso mantenere gli stabilimenti in Italia, tant'è che esiste una fabbrica Fiat in Polonia ed una in Brasile, (nel 2011 chiuderà lo stabilimento siciliano di Termini Imerese). Questo perchè il costo del lavoro è circa la metà di quello italiano e perchè in quei Paesi esiste una differente organizzazione del lavoro, sempre nel rispetto dei diritti dei lavoratori e della loro dignità.
Questo non è il ragionamento solo della Fiat, perchè anche De Benedetti, Della Valle e tanti altri imprenditori italiani hanno chiuso in Italia ed aperto all'estero, anche in Albania.
E' la logica della multinazionale: investo dove mi rende di più.
In questo modo quasi tutte le fabbriche del meridione hanno chiuso i battenti o li stanno chiudendo. Solo nel casertano cito la 3M, la Olivetti, la Face Standard, l'Italtel, l'Indesit, la Siemens, la Coca Cola, la Montefibre, la Union Carbide, la Saint Gobain...
Questa realtà sta portando il meridione alla rovina, ed anche l'Italia che, nonostante i tanti tagli della manovra finanziaria, è costretta a pagare i tanti cassa-integrati peggiorando sempre più il proprio debito pubblico. E fa bene Napolitano a ricordare ogni giorno che il Meridione merita attenzione.
Ora succede che la Fiat, nel suo piano industriale di alleanza con la Crysler ha deciso di investire 20 dei 30 miliardi in Italia e di spostare la produzione della nuova Panda dalla Polonia a Pomigliano d'Arco, investendo qui 700 milioni di euro e portando la produzione da 36.000 unità/anno a 280.000. (mica briciole).
Cosa chiede? Pur mantenendo l'attualke livello salariale, chiede di applicare in Italia l'organizzazione del lavoro che applica regolarmente in Polonia, con il benestare dei sindacati locali.
E' un momento importante e attorno al tavolo delle trattative c'è la Fiat, c'è il governo, c'è la confindustria, ci sono "quattro" organizzazioni sindacali di categoria.
Tutti, tranne uno, hanno dato il proprio assenso perchè hanno capito che questa potrebbe essere la svolta per far tornare il meridione all'attenzione anche delle altre multinazionali, ma una organizzazione, la Fiom-CGIL, tramite la direzione nazionale fa sapere che esiste un contratto nazionale (quello in base al quale tutte le aziende hanno chiuso) e che la proposta della Fiat ha elementi di incostituzionalità. Loro hanno capito che la proposta in realtà è un ricatto.
Conclusione: Pomigliano farà la fine di Termini Imerese?
Giusto per ricordare, anche lì la Fiom giocò allo sfascio ed ora noi paghiamo la cig di quei lavoratori e di quelli dell'indotto ed il governo viene accusato di non saper trovare alternative occupazionali.
Ma siamo sicuri che questa organizzazione difende i lavoratori?
Questo non è il ragionamento solo della Fiat, perchè anche De Benedetti, Della Valle e tanti altri imprenditori italiani hanno chiuso in Italia ed aperto all'estero, anche in Albania.
E' la logica della multinazionale: investo dove mi rende di più.
In questo modo quasi tutte le fabbriche del meridione hanno chiuso i battenti o li stanno chiudendo. Solo nel casertano cito la 3M, la Olivetti, la Face Standard, l'Italtel, l'Indesit, la Siemens, la Coca Cola, la Montefibre, la Union Carbide, la Saint Gobain...
Questa realtà sta portando il meridione alla rovina, ed anche l'Italia che, nonostante i tanti tagli della manovra finanziaria, è costretta a pagare i tanti cassa-integrati peggiorando sempre più il proprio debito pubblico. E fa bene Napolitano a ricordare ogni giorno che il Meridione merita attenzione.
Ora succede che la Fiat, nel suo piano industriale di alleanza con la Crysler ha deciso di investire 20 dei 30 miliardi in Italia e di spostare la produzione della nuova Panda dalla Polonia a Pomigliano d'Arco, investendo qui 700 milioni di euro e portando la produzione da 36.000 unità/anno a 280.000. (mica briciole).
Cosa chiede? Pur mantenendo l'attualke livello salariale, chiede di applicare in Italia l'organizzazione del lavoro che applica regolarmente in Polonia, con il benestare dei sindacati locali.
E' un momento importante e attorno al tavolo delle trattative c'è la Fiat, c'è il governo, c'è la confindustria, ci sono "quattro" organizzazioni sindacali di categoria.
Tutti, tranne uno, hanno dato il proprio assenso perchè hanno capito che questa potrebbe essere la svolta per far tornare il meridione all'attenzione anche delle altre multinazionali, ma una organizzazione, la Fiom-CGIL, tramite la direzione nazionale fa sapere che esiste un contratto nazionale (quello in base al quale tutte le aziende hanno chiuso) e che la proposta della Fiat ha elementi di incostituzionalità. Loro hanno capito che la proposta in realtà è un ricatto.
Conclusione: Pomigliano farà la fine di Termini Imerese?
Giusto per ricordare, anche lì la Fiom giocò allo sfascio ed ora noi paghiamo la cig di quei lavoratori e di quelli dell'indotto ed il governo viene accusato di non saper trovare alternative occupazionali.
Ma siamo sicuri che questa organizzazione difende i lavoratori?
domenica 13 giugno 2010
Quanti creduloni.....
Da qualche giorno viaggia sul web una foto che pare ritrarre Ratzinger mentre fa il saluto nazista.
Un tarocco maligno è stato creato ad arte dai suoi detrattori ed è stato bevuto ad ambundantiam dai polli del web che l’hanno fatto girare fra amici e contatti come fosse una foto autentica.
Un tarocco maligno è stato creato ad arte dai suoi detrattori ed è stato bevuto ad ambundantiam dai polli del web che l’hanno fatto girare fra amici e contatti come fosse una foto autentica.
Che coglioni
La foto reale ritrae Ratzinger mentre impone le mani per la benedizione durante la liturgia. Evidentemente però agli anticattolici ha fatto comodo prendere le forbici e tagliare la mano sinistra del papa, dimostrando così che egli stava facendo il saluto nazifascista.
La foto reale ritrae Ratzinger mentre impone le mani per la benedizione durante la liturgia. Evidentemente però agli anticattolici ha fatto comodo prendere le forbici e tagliare la mano sinistra del papa, dimostrando così che egli stava facendo il saluto nazifascista.
Il fascismo e gli amanti delle trattorie romane
Cari amici, c'è un certo signore che da un pò di tempo mette lo spauracchio nella mente degli italiani e parla di dittatura che si sta avvicinando a grandi passi.
E poi..... poi occupa il Parlamento con gesti che richiamano alla mente il peggior fascismo. Pensavo di non vedere mai più queste cose, ed invece....
Come potrò mai stare tranquillo se il potere andasse nelle mani di questo signore?
Quale democrazia sarà garantita?
Democrazia non significa fare atti di violenza, ma rispettare le regole.
Chi non è d’accordo con il ddl, una volta che il ddl sarà legge dello Stato, indica il referendum abrogativo previsto dalla legge. Si facciano manifestare i cittadini con l’espressione più alta in democrazia: il voto. Se il referendum passerà l’opposizione avrà vinto.
Invece lui...occupa il Parlamento e la CGIL manda in piazza gli amanti delle trattorie romane, sempre gli stessi che al primo fischio di Epifani, corrono a farsi il week end romano. Non a caso le manifestazioni della CGIL vengono sempre organizzate il venerdi.
Torniamo a Di Pietro, leggetevi questo post: http://www.giornalettismo.com/archives/66792/pietro-occupa-laula-gli-elettori/
C'è addirittura chi plaude all'uso della forza ed invita Di Pietro a prendere contatti con le forze armate per realizzare un Colpo di Stato.
E poi..... poi occupa il Parlamento con gesti che richiamano alla mente il peggior fascismo. Pensavo di non vedere mai più queste cose, ed invece....
Come potrò mai stare tranquillo se il potere andasse nelle mani di questo signore?
Quale democrazia sarà garantita?
Democrazia non significa fare atti di violenza, ma rispettare le regole.
Chi non è d’accordo con il ddl, una volta che il ddl sarà legge dello Stato, indica il referendum abrogativo previsto dalla legge. Si facciano manifestare i cittadini con l’espressione più alta in democrazia: il voto. Se il referendum passerà l’opposizione avrà vinto.
Invece lui...occupa il Parlamento e la CGIL manda in piazza gli amanti delle trattorie romane, sempre gli stessi che al primo fischio di Epifani, corrono a farsi il week end romano. Non a caso le manifestazioni della CGIL vengono sempre organizzate il venerdi.
Torniamo a Di Pietro, leggetevi questo post: http://www.giornalettismo.com/archives/66792/pietro-occupa-laula-gli-elettori/
C'è addirittura chi plaude all'uso della forza ed invita Di Pietro a prendere contatti con le forze armate per realizzare un Colpo di Stato.
sabato 12 giugno 2010
legge bavaglio
Oggi trionfano gli slogan sulla "legge-bavaglio", e le tetre esibizioni del popolo viola, con le loro magliette cupe con su scritto "intercettateci tutti".
Ma quale follia collettiva ha preso, in nome dell’antiberlusconismo, parti insospettabili della nostra élite politico-culturale e dell’opinione chic da salotto?
Allora chiariamo cosa ci dice la Costituzione sulla libertà e sulla modalità.
Sulla "libertà di comunicare riservatamente" la dottrina, costituzionale e non, ha scritto in passato fiumi d’inchiostro, di cui ora si dimentica.
L’articolo 15 della Costituzione, al primo comma, afferma che "la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”.
L’aggettivo "inviolabile", oltre che nell’articolo 15, lo si ritrova a sostegno della libertà personale, della libertà di domicilio, e del diritto di difesa in giudizio.
L’attività investigativa invece non è una libertà, ma una modalità attraverso la quale si manifesta un potere suscettibile di comprimere la libertà delle persone. Essa trova spazio in Costituzione, certamente, laddove si affermano, ad esempio, obbligatorietà e quindi indipendenza dell’azione penale.
Ma qui non si garantiscono "libertà", si precostituiscono strumenti regolati di repressione dei reati, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Questo va detto in faccia ai mediocri che con occhi spiritati si agitano nelle nostre piazze, o scrivono "indignati" sui loro giornali.
Ma quale follia collettiva ha preso, in nome dell’antiberlusconismo, parti insospettabili della nostra élite politico-culturale e dell’opinione chic da salotto?
Allora chiariamo cosa ci dice la Costituzione sulla libertà e sulla modalità.
Sulla "libertà di comunicare riservatamente" la dottrina, costituzionale e non, ha scritto in passato fiumi d’inchiostro, di cui ora si dimentica.
L’articolo 15 della Costituzione, al primo comma, afferma che "la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”.
L’aggettivo "inviolabile", oltre che nell’articolo 15, lo si ritrova a sostegno della libertà personale, della libertà di domicilio, e del diritto di difesa in giudizio.
L’attività investigativa invece non è una libertà, ma una modalità attraverso la quale si manifesta un potere suscettibile di comprimere la libertà delle persone. Essa trova spazio in Costituzione, certamente, laddove si affermano, ad esempio, obbligatorietà e quindi indipendenza dell’azione penale.
Ma qui non si garantiscono "libertà", si precostituiscono strumenti regolati di repressione dei reati, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Questo va detto in faccia ai mediocri che con occhi spiritati si agitano nelle nostre piazze, o scrivono "indignati" sui loro giornali.
giovedì 10 giugno 2010
La differenza tra le parole ed i fatti
Alla faccia di quelli che ipotizzano legami di questo governo con la mafia, diamo qualche numereo:
Dall’insediamneto dell’esecutivo ‘’sono stati arrestati 24 dei 30 latitanti piu’ pericolosi”. In media abbiamo avuto 8 arresti al giorno. Con quelli di oggi siano a 5.501 criminali arrestati’
Sono stati confiscati 23.534 beni alla criminalità organizzata, per un valore 11 miliardi e 323 milioni, quasi 15 milioni al giorno”. Ultimo dato, il livello raggiunto dal fondo in cui confluiscono i conti correnti, i depositi bancari e i titoli sequestrati alla criminalità: “Ha superato i 2 miliardi di euro”
Se al governo ci fossero stati quelli dell'altra parte del bipolarismo, che io definisco quelli dei buoni proponimenti, avrebbero organizzato tanti girotondi, convegni e conferenze autoreferenziali, ma i delinquenti sarebbero ancora liberi di delinquere.
La differenza tra le parole ed i fatti.
Dall’insediamneto dell’esecutivo ‘’sono stati arrestati 24 dei 30 latitanti piu’ pericolosi”. In media abbiamo avuto 8 arresti al giorno. Con quelli di oggi siano a 5.501 criminali arrestati’
Sono stati confiscati 23.534 beni alla criminalità organizzata, per un valore 11 miliardi e 323 milioni, quasi 15 milioni al giorno”. Ultimo dato, il livello raggiunto dal fondo in cui confluiscono i conti correnti, i depositi bancari e i titoli sequestrati alla criminalità: “Ha superato i 2 miliardi di euro”
Se al governo ci fossero stati quelli dell'altra parte del bipolarismo, che io definisco quelli dei buoni proponimenti, avrebbero organizzato tanti girotondi, convegni e conferenze autoreferenziali, ma i delinquenti sarebbero ancora liberi di delinquere.
La differenza tra le parole ed i fatti.
Napolitano non guida la resistenza
La legge sulle intercettazioni, dopo l’approvazione di oggi in Senato con voto di fiducia e successivo passaggio alla Camera, se resterà immutata, arriverà sul tavolo del presidente della Repubblica per la promulgazione.
E’ già in corso una campagna assai vasta che punta a forzare la mano al Quirinale, cercando di imporre a Giorgio Napolitano un ruolo, quello di opposizione al progetto del governo e della maggioranza, che non gli compete e che, per la verità, si è sempre rifiutato di esercitare.
La legge sulle intercettazioni, ha soprattutto la funzione di garantire un diritto personale dei cittadini, la libertà e la segretezza delle comunicazioni private, sancito dall’articolo 15 della Costituzione.
Naturalmente si può pensare che questo diritto avrebbe potuto essere tutelato con norme diverse, ma resta il fatto che la prassi delle intercettazioni a valanga e della loro metodica propagazione giornalistica, viola quel diritto costituzionale.
Oggi leggo di una intercettazione tra una giornalista ed un pm di Trani e mi chiedo: chi ha autorizzato queste intercettazioni aveva le prove di un'ipotesi di reato? Certamente no. E allora perchè venivano intercettate le loro telefonate? Leggo ancora che è stato intercettato il Papa e anche Ilary Clinton. Assurdo. Quali erano le ipotesi di reato alla base delle intercettazioni?
Si tratta di un diritto individuale che trova dei limiti nelle esigenze di indagine, che però non possono essere invocate nei confronti di cittadini ai quali non viene imputato alcun reato.
Giulio Calvisi, deputato democratico è dell’idea che “se non hai niente da nascondere non hai niente da temere”: in pratica a lui non piace la nostra Costituzione.
Ma torniamo a Napolitano. Al capo dello stato spetta di verificare che una legge non presenti evidenti profili di illegittimità incostituzionale, non di esprimere un giudizio politico di merito.
Napolitano ha sempre dimostrato di saper esercitare il suo ruolo con scrupolosa imparzialità, il che fa pensare che anche questa volta resisterà a chi vorrebbe intrupparlo a una campagna politica di parte.
Se poi in qualche manifestazione giustizialista torneranno a farsi sentire i lazzi di qualche comico contro il Quirinale, reo di non guidare la “resistenza” contro il legittimo governo della Repubblica, pazienza.
E’ già in corso una campagna assai vasta che punta a forzare la mano al Quirinale, cercando di imporre a Giorgio Napolitano un ruolo, quello di opposizione al progetto del governo e della maggioranza, che non gli compete e che, per la verità, si è sempre rifiutato di esercitare.
La legge sulle intercettazioni, ha soprattutto la funzione di garantire un diritto personale dei cittadini, la libertà e la segretezza delle comunicazioni private, sancito dall’articolo 15 della Costituzione.
Naturalmente si può pensare che questo diritto avrebbe potuto essere tutelato con norme diverse, ma resta il fatto che la prassi delle intercettazioni a valanga e della loro metodica propagazione giornalistica, viola quel diritto costituzionale.
Oggi leggo di una intercettazione tra una giornalista ed un pm di Trani e mi chiedo: chi ha autorizzato queste intercettazioni aveva le prove di un'ipotesi di reato? Certamente no. E allora perchè venivano intercettate le loro telefonate? Leggo ancora che è stato intercettato il Papa e anche Ilary Clinton. Assurdo. Quali erano le ipotesi di reato alla base delle intercettazioni?
Si tratta di un diritto individuale che trova dei limiti nelle esigenze di indagine, che però non possono essere invocate nei confronti di cittadini ai quali non viene imputato alcun reato.
Giulio Calvisi, deputato democratico è dell’idea che “se non hai niente da nascondere non hai niente da temere”: in pratica a lui non piace la nostra Costituzione.
Ma torniamo a Napolitano. Al capo dello stato spetta di verificare che una legge non presenti evidenti profili di illegittimità incostituzionale, non di esprimere un giudizio politico di merito.
Napolitano ha sempre dimostrato di saper esercitare il suo ruolo con scrupolosa imparzialità, il che fa pensare che anche questa volta resisterà a chi vorrebbe intrupparlo a una campagna politica di parte.
Se poi in qualche manifestazione giustizialista torneranno a farsi sentire i lazzi di qualche comico contro il Quirinale, reo di non guidare la “resistenza” contro il legittimo governo della Repubblica, pazienza.
sabato 5 giugno 2010
L'assurdo: la Campania esporta le sue competenze nella gestione dei rifiuti
Se dico Caraibi, questa parola nell’immaginario collettivo evoca mare, sole, spiagge, palme, turismo, (vero Simona?) ma anche socialismo tropicale castrista e povertà diffusa.
Se dico Campania, questa parola evoca attitudini tutt’altro che ecocompatibili, visto che la soglia di raccolta differenziata a stento tocca il 13 per cento complessivo. Non solo, ma appena tre giorni fa il capo della Protezione civile Guido Bertolaso ha parlato di crisi rifiuti campana non ancora risolta, dopo che questa regione era stata al centro di episodi vergognosi a livello mondiale nella gestione dei rifiuti.
Sembrerebbe strano che proprio la Campania stanziasse dei soldi per inviare negli Stati caraibici i suoi esperti per insegnare la raccolta differenziata agli Stati dei Caraibi: Cuba, Repubblica Dominicana, Haiti. Sarebbe come se la BP, incapace di risolvere l’attuale disastro nel golfo del Messico, mandasse i suoi tecnici per il mondo ad insegnare le soluzioni per i disastri petroliferi.
Eppure è successo.
Assurdo degli assurdi, il 31 dicembre 2009, poco prima della mezzanotte, la giunta Bassolino ha stanziato 662mila euro di fondi europei per inviare consulenti in Centroamerica.
Una cifra notevole (un miliardo di vecchie lire) prevista dalla vecchia giunta regionale. Nello specifico: il decreto dirigenziale è il numero 214 dell’area generale di coordinamento 12 del settore sviluppo economico. Titolo: «Impegno risorse per cofinanziamento progetto europeo Caribbean sustainable waste management for a better life » ovvero, tradotto dall’inglese, “gestione delle politiche ecosostenibili dei rifiuti ai Caraibi per migliorare la qualità della vita”. Misura a favore di paesi svantaggiati che rientra nel piano regionale Paser sotto la voce «Promuovere il sistema produttivo su scala nazionale e internazionale».
Vorrei solo evidenziare tre aspetti:
1. con quei soldi si sarebbero potute organizzare almeno tre isole ecologiche in Campania: costano duecentomila euro l’una. (ed in Campania ce ne vorrebbero molte di più, basta pensare che a Caserta, con circa 100.000 abitanti, ce ne è ancora una soltanto e funziona anche malissimo).
2. Pur non discutendo il valore del progetto di solidarietà internazionale, suona un po’ paradossale che consulenti della Campania girino il mondo per insegnare tecniche virtuose di smaltimento rifiuti.
3. Vorrei infine che questi fatti se li ricordassero tutti quelli che continuano a dire che i tagli del governo alle regioni si tradurranno inevitabilmente in tagli dei servizi, come se non ci fossero sperperi e sprechi da poter tagliare.
Io non so se questo nuovo governo regionale merita applausi, ma certamente quello precedente merita tanti calci in.......... dalle persone come me e tanti altri che hanno sempre pagato e sempre pagheranno; qualche nostalgia l'avranno quelli che già a inizio anno, subito dopo il decreto, sono volati ai Caraibi per questi "corsi di formazione".
Se dico Campania, questa parola evoca attitudini tutt’altro che ecocompatibili, visto che la soglia di raccolta differenziata a stento tocca il 13 per cento complessivo. Non solo, ma appena tre giorni fa il capo della Protezione civile Guido Bertolaso ha parlato di crisi rifiuti campana non ancora risolta, dopo che questa regione era stata al centro di episodi vergognosi a livello mondiale nella gestione dei rifiuti.
Sembrerebbe strano che proprio la Campania stanziasse dei soldi per inviare negli Stati caraibici i suoi esperti per insegnare la raccolta differenziata agli Stati dei Caraibi: Cuba, Repubblica Dominicana, Haiti. Sarebbe come se la BP, incapace di risolvere l’attuale disastro nel golfo del Messico, mandasse i suoi tecnici per il mondo ad insegnare le soluzioni per i disastri petroliferi.
Eppure è successo.
Assurdo degli assurdi, il 31 dicembre 2009, poco prima della mezzanotte, la giunta Bassolino ha stanziato 662mila euro di fondi europei per inviare consulenti in Centroamerica.
Una cifra notevole (un miliardo di vecchie lire) prevista dalla vecchia giunta regionale. Nello specifico: il decreto dirigenziale è il numero 214 dell’area generale di coordinamento 12 del settore sviluppo economico. Titolo: «Impegno risorse per cofinanziamento progetto europeo Caribbean sustainable waste management for a better life » ovvero, tradotto dall’inglese, “gestione delle politiche ecosostenibili dei rifiuti ai Caraibi per migliorare la qualità della vita”. Misura a favore di paesi svantaggiati che rientra nel piano regionale Paser sotto la voce «Promuovere il sistema produttivo su scala nazionale e internazionale».
Vorrei solo evidenziare tre aspetti:
1. con quei soldi si sarebbero potute organizzare almeno tre isole ecologiche in Campania: costano duecentomila euro l’una. (ed in Campania ce ne vorrebbero molte di più, basta pensare che a Caserta, con circa 100.000 abitanti, ce ne è ancora una soltanto e funziona anche malissimo).
2. Pur non discutendo il valore del progetto di solidarietà internazionale, suona un po’ paradossale che consulenti della Campania girino il mondo per insegnare tecniche virtuose di smaltimento rifiuti.
3. Vorrei infine che questi fatti se li ricordassero tutti quelli che continuano a dire che i tagli del governo alle regioni si tradurranno inevitabilmente in tagli dei servizi, come se non ci fossero sperperi e sprechi da poter tagliare.
Io non so se questo nuovo governo regionale merita applausi, ma certamente quello precedente merita tanti calci in.......... dalle persone come me e tanti altri che hanno sempre pagato e sempre pagheranno; qualche nostalgia l'avranno quelli che già a inizio anno, subito dopo il decreto, sono volati ai Caraibi per questi "corsi di formazione".
I soldi per la ricerca
I soldi per la ricerca sono sempre pochi e tanti sono i fenomeni che gli scienziati dovrebbero analizzare, capire e trovarne il rimedio.
Ma, apro il giornale e apprendo che un gruppo di scienziati ha fatto una ricerca e ha concluso che il tempo cattivo mette di cattivo umore. Accidenti, non ci avevo mai pensato.
Sapevo che a Napoli da un pezzo si dice: «che bella cosa ‘na iurnata ‘e sole». Ora, se lo conferma la scienza finalmente possiamo crederci.
Però, leggo anche che i nostri scienziati, oggettivi e prudenti, hanno aggiunto: «ma non tutti hanno le stesse reazioni». Meno male, perché altrimenti non mi spiego come mai Gene Kelly cantava sotto la pioggia («singing in the rain»).
Inoltre, un’altra brillante equipe di ricercatori ha mostrato che quando piove si apprende di più: hanno collocato una serie di oggetti vicino alla cassa di un negozio chiedendo a chi usciva di ricordare cosa avesse visto. Gli scienziati hanno dimostrato che nei giorni di pioggia i ricordi aumentano.
Che utilità può avere una simile “scoperta”? Me ne sfugge il senso, o si potrebbe suggerire alla Gelmini di irrorare di pioggia artificiale le scuole quando c’è il sole e saremo primi nelle graduatorie Ocse.
I soldi per la ricerca sono sempre pochi, ma….perchè sprecarli?
Ma, apro il giornale e apprendo che un gruppo di scienziati ha fatto una ricerca e ha concluso che il tempo cattivo mette di cattivo umore. Accidenti, non ci avevo mai pensato.
Sapevo che a Napoli da un pezzo si dice: «che bella cosa ‘na iurnata ‘e sole». Ora, se lo conferma la scienza finalmente possiamo crederci.
Però, leggo anche che i nostri scienziati, oggettivi e prudenti, hanno aggiunto: «ma non tutti hanno le stesse reazioni». Meno male, perché altrimenti non mi spiego come mai Gene Kelly cantava sotto la pioggia («singing in the rain»).
Inoltre, un’altra brillante equipe di ricercatori ha mostrato che quando piove si apprende di più: hanno collocato una serie di oggetti vicino alla cassa di un negozio chiedendo a chi usciva di ricordare cosa avesse visto. Gli scienziati hanno dimostrato che nei giorni di pioggia i ricordi aumentano.
Che utilità può avere una simile “scoperta”? Me ne sfugge il senso, o si potrebbe suggerire alla Gelmini di irrorare di pioggia artificiale le scuole quando c’è il sole e saremo primi nelle graduatorie Ocse.
I soldi per la ricerca sono sempre pochi, ma….perchè sprecarli?
Beh! forse.....
Veramente mi risultava che il Signor Mani Pulite, alias Antonio Di Pietro, fosse uno dei più strenui difensori della libertà di stampa.
Può darsi ci abbia ripensato dopo che i giornali hanno fatto il suo nome nell’inchiesta sulle case date a condizioni di favore alla casta, figli compresi e si è allineato alla cricca che vuole imbavagliare la stampa.
Nel suo blog ha scritto infatti che «se l’informazione dei quotidiani nazionali è di così bassa lega non vale la pena pagare un solo cent nè per stamparli nè per comprarli». Aggiunge che è tutta colpa di chi «dirige i giornali» e denuncia che «l’informazione in Italia è decisa dalle lobby»..
Così Di Pietro tradisce il suo popolo!
Lo ricordo quando denunciava che «Berlusconi vuole realizzare un sistema fascista e piduista, perciò pensa che in Italia c’è troppa libertà di stampa». O quando esortò a «rivendicare la libertà di informare e di essere informati, e per questo l’Idv promuove le manifestazioni per la libertà di stampa della Fnsi e vi partecipa attivamente». O quando sentenziò che «la libertà di espressione è un diritto e che la stampa non può essere censurata».
Poi, siccome i giornalisti fanno anche il suo nome, Tonino enuncia il principio che...,riflettendoci sopra..., forse si vive meglio senza libertà di stampa
Può darsi ci abbia ripensato dopo che i giornali hanno fatto il suo nome nell’inchiesta sulle case date a condizioni di favore alla casta, figli compresi e si è allineato alla cricca che vuole imbavagliare la stampa.
Nel suo blog ha scritto infatti che «se l’informazione dei quotidiani nazionali è di così bassa lega non vale la pena pagare un solo cent nè per stamparli nè per comprarli». Aggiunge che è tutta colpa di chi «dirige i giornali» e denuncia che «l’informazione in Italia è decisa dalle lobby»..
Così Di Pietro tradisce il suo popolo!
Lo ricordo quando denunciava che «Berlusconi vuole realizzare un sistema fascista e piduista, perciò pensa che in Italia c’è troppa libertà di stampa». O quando esortò a «rivendicare la libertà di informare e di essere informati, e per questo l’Idv promuove le manifestazioni per la libertà di stampa della Fnsi e vi partecipa attivamente». O quando sentenziò che «la libertà di espressione è un diritto e che la stampa non può essere censurata».
Poi, siccome i giornalisti fanno anche il suo nome, Tonino enuncia il principio che...,riflettendoci sopra..., forse si vive meglio senza libertà di stampa
giovedì 3 giugno 2010
Magistratura: ma non c'hanno nulla da fare?
La prossima volta che sentite una scossa di terremoto, lasciate stare la protezione civile, chiamate la Procura di L'aquila.
In Italia, unico paese democratico al mondo, abbiamo giudici tutto fare.
Decidono chi debba vivere e chi morire (anche se non abbiamo la pena di morte) ma anche chi debba condurre trasmissioni televisive e chi no, come debba essere gestita la Rai e mille altri aspetti della vita civile e personale sottratti ai diretti interessati.
Con oggi abbiamo anche magistrati che si trasformano in geologi, sismologi, protettori civili ed esperti di "grandi rischi", ecc...
Omicidio colposo: è infatti l'accusa rivolta dalla procura dell'Aquila ai membri della Commissione Grandi Rischi che il 31 marzo scorso, 6 giorni prima del terremoto che sconvolse L'Aquila, parteciparono alla riunione che si tenne nel capoluogo abruzzese. Omicidio colposo perchè sei giornio prima del terremoto non seppero prevederlo.
Tra gli indagati, nove persone in tutto, ci sarebbero alcuni funzionari ai vertici del Dipartimento della Protezione Civile e dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, scienziati di fama mondiale. Tutti colpevoli di non aver saputo prevedere quel terremoto ed evitare le oltre trecento vittime, senza contare i feriti e i senza tetto. E di essere stati magari un po' troppo ottimisti.
Con un riflesso ormai diffuso i magistrati hanno raccolto faldoni e faldoni, interviste e testimonianze di persone non-tecniche per dimostrare l'indimostrabile e mandare tutti i galera.
Bene, può darsi che abbiano ragione loro. Però allora, che sia chiaro a tutti: la prossima volta che avvertite una scossa di terremoto, uno sciame sismico o sentite i cani abbaiare alla luna, lasciate predere la protezione civile, chiamate direttamente la Procura dell'Aquila.
In Italia, unico paese democratico al mondo, abbiamo giudici tutto fare.
Decidono chi debba vivere e chi morire (anche se non abbiamo la pena di morte) ma anche chi debba condurre trasmissioni televisive e chi no, come debba essere gestita la Rai e mille altri aspetti della vita civile e personale sottratti ai diretti interessati.
Con oggi abbiamo anche magistrati che si trasformano in geologi, sismologi, protettori civili ed esperti di "grandi rischi", ecc...
Omicidio colposo: è infatti l'accusa rivolta dalla procura dell'Aquila ai membri della Commissione Grandi Rischi che il 31 marzo scorso, 6 giorni prima del terremoto che sconvolse L'Aquila, parteciparono alla riunione che si tenne nel capoluogo abruzzese. Omicidio colposo perchè sei giornio prima del terremoto non seppero prevederlo.
Tra gli indagati, nove persone in tutto, ci sarebbero alcuni funzionari ai vertici del Dipartimento della Protezione Civile e dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, scienziati di fama mondiale. Tutti colpevoli di non aver saputo prevedere quel terremoto ed evitare le oltre trecento vittime, senza contare i feriti e i senza tetto. E di essere stati magari un po' troppo ottimisti.
Con un riflesso ormai diffuso i magistrati hanno raccolto faldoni e faldoni, interviste e testimonianze di persone non-tecniche per dimostrare l'indimostrabile e mandare tutti i galera.
Bene, può darsi che abbiano ragione loro. Però allora, che sia chiaro a tutti: la prossima volta che avvertite una scossa di terremoto, uno sciame sismico o sentite i cani abbaiare alla luna, lasciate predere la protezione civile, chiamate direttamente la Procura dell'Aquila.
Un'opposizione pericolosa.
Ci sono errori nelle proposte del Governo, sicuramente; ne possiamo vedere non uno, ma anche molti, per eccessi o per omissioni, ma la linea è chiara: occorre battersi nelle due battaglie contro gli sprechi e contro l’evasione.
Un’opposizione seria contribuirebbe a pensare come meglio combattere queste due piaghe che sono diventate ormai un sistema, e su queste idee diverse il Paese dovrebbe confrontarsi , con apertura, umiltà, rispetto e partecipazione.
Invece in un paese in cui le tasse sui redditi sono al limite della competizione internazionale, le proposte che vengono fatte dall’opposizione si riducono a dire che la manovra è sbagliata perché dobbiamo innanzitutto innalzare le tasse ai redditi alti. E si sentono idiozie sino a quella di confiscare ai ricchi i loro beni e averi.
Solo il dover parlare di queste idiozie fa venire l’orticaria. Eggià perché quando il governo Prodi ha messo, per quattro volte, le mani nelle tasche degli italiani, per lui, per Bersani, Visco e Padoa Schioppa, i ricchi erano quelli che avevano un reddito superiore ai 30.000 euro.
Per loro gli sprechi pubblici ( quelli che paghiamo tutti noi ) devono rimanere e proliferare mentre la lotta all’evasione è roba complicata tecnicamente.
E’ possibile affidare loro l’Italia? Certo che no!
E’ triste, ma questo Paese non ha più opposizione; o peggio, ha un’opposizione pericolosa per tutti noi.
Un’opposizione seria contribuirebbe a pensare come meglio combattere queste due piaghe che sono diventate ormai un sistema, e su queste idee diverse il Paese dovrebbe confrontarsi , con apertura, umiltà, rispetto e partecipazione.
Invece in un paese in cui le tasse sui redditi sono al limite della competizione internazionale, le proposte che vengono fatte dall’opposizione si riducono a dire che la manovra è sbagliata perché dobbiamo innanzitutto innalzare le tasse ai redditi alti. E si sentono idiozie sino a quella di confiscare ai ricchi i loro beni e averi.
Solo il dover parlare di queste idiozie fa venire l’orticaria. Eggià perché quando il governo Prodi ha messo, per quattro volte, le mani nelle tasche degli italiani, per lui, per Bersani, Visco e Padoa Schioppa, i ricchi erano quelli che avevano un reddito superiore ai 30.000 euro.
Per loro gli sprechi pubblici ( quelli che paghiamo tutti noi ) devono rimanere e proliferare mentre la lotta all’evasione è roba complicata tecnicamente.
E’ possibile affidare loro l’Italia? Certo che no!
E’ triste, ma questo Paese non ha più opposizione; o peggio, ha un’opposizione pericolosa per tutti noi.
L'altra versione
«Vedevamo attraverso i binocoli all'infrarosso le navi avvicinarsi, incuranti dei nostri avvertimenti», racconta Itai, rileggendo l'ultimo appello radio del suo comandante: «Nave Mavi Marmara, vi state avvicinando a un'area di ostilità che è sotto blocco navale. L'area di Gaza, la regione costiera e il porto di Gaza sono chiusi a tutto il traffico marittimo. Vi invitiamo a dirigervi immediatamente verso il porto di Ashdod, per i controlli del vostro carico, dopo di che la consegna delle forniture umanitarie avverrà attraverso i valichi ufficiali via terra, e sotto il vostro controllo».
La risposta è stata: «Negativo, negativo. La nostra destinazione è Gaza. Nessuno ci fermerà».
«Da quel momento tutto si è accelerato, ci siamo imbarcati sugli elicotteri con il preciso ordine di abbordare la Mavi Marmara e di convincere, ma senza alcun atteggiamento aggressivo, il comandante a fermare subito le macchine. In ogni caso non eravamo autorizzati a fare ricorso alle armi, se non in caso estremo. Il mio team aveva fucili caricati con proiettili di gomma e gas antisommossa».
«Quando siamo arrivati sulla verticale della Mavi Marmara abbiamo visto che la nostra prima squadra che si era calata sul ponte era letteralmente circondata da decine di individui armati di spranghe di ferro, coltelli, asce, catene, una folla urlante che aggrediva i nostri soldati con una violenza spaventosa. Abbiamo visto lanciare oltre la murata uno dei nostri, non sapevamo se era vivo o morto. Tre commilitoni giacevano sul ponte, in una enorme pozza di sangue, nonostante fossero esanimi continuavano ad essere brutalmente picchiati con degli idranti. A quel punto siamo intervenuti, ci siamo calati sul ponte e lì abbiamo visto che il gruppo dei cosiddetti pacifisti era molto numeroso e ben organizzato».
Ognuno dei miei compagni appena calato dall'elicottero veniva circondato da tre o quattro di loro, lo afferravano, lo isolavano in un angolo della nave e quindi lo picchiavano selvaggiamente, altri cercavano di trascinare i nostri sotto coperta. Come tutti quelli che erano scesi con me, eravamo a mani nude coi nostri fucili caricati con proiettili di gomma».
«Ho cercato di impugnare il mio fucile ma un colpo ha spezzato la mano che teneva l'arma, poi hanno iniziato a spararci addosso con armi da fuoco, erano proiettili veri e provenivano da vari boccaporti della nave. Ho impugnato la pistola con la sinistra e ho sparato in quella direzione. Poi ho visto calare dall'alto decine di miei commilitoni... Altro che pacifisti: quelli sono chiaramente dei provocatori, organizzati, venuti per attaccarci».
La risposta è stata: «Negativo, negativo. La nostra destinazione è Gaza. Nessuno ci fermerà».
«Da quel momento tutto si è accelerato, ci siamo imbarcati sugli elicotteri con il preciso ordine di abbordare la Mavi Marmara e di convincere, ma senza alcun atteggiamento aggressivo, il comandante a fermare subito le macchine. In ogni caso non eravamo autorizzati a fare ricorso alle armi, se non in caso estremo. Il mio team aveva fucili caricati con proiettili di gomma e gas antisommossa».
«Quando siamo arrivati sulla verticale della Mavi Marmara abbiamo visto che la nostra prima squadra che si era calata sul ponte era letteralmente circondata da decine di individui armati di spranghe di ferro, coltelli, asce, catene, una folla urlante che aggrediva i nostri soldati con una violenza spaventosa. Abbiamo visto lanciare oltre la murata uno dei nostri, non sapevamo se era vivo o morto. Tre commilitoni giacevano sul ponte, in una enorme pozza di sangue, nonostante fossero esanimi continuavano ad essere brutalmente picchiati con degli idranti. A quel punto siamo intervenuti, ci siamo calati sul ponte e lì abbiamo visto che il gruppo dei cosiddetti pacifisti era molto numeroso e ben organizzato».
Ognuno dei miei compagni appena calato dall'elicottero veniva circondato da tre o quattro di loro, lo afferravano, lo isolavano in un angolo della nave e quindi lo picchiavano selvaggiamente, altri cercavano di trascinare i nostri sotto coperta. Come tutti quelli che erano scesi con me, eravamo a mani nude coi nostri fucili caricati con proiettili di gomma».
«Ho cercato di impugnare il mio fucile ma un colpo ha spezzato la mano che teneva l'arma, poi hanno iniziato a spararci addosso con armi da fuoco, erano proiettili veri e provenivano da vari boccaporti della nave. Ho impugnato la pistola con la sinistra e ho sparato in quella direzione. Poi ho visto calare dall'alto decine di miei commilitoni... Altro che pacifisti: quelli sono chiaramente dei provocatori, organizzati, venuti per attaccarci».
martedì 1 giugno 2010
La Costituzione vilipesa
Il potere di fare le leggi è del Parlamento (articolo 70 della Costituzione). Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica (art. 73), che, se ha qualche cosa da ridire, può inviare un messaggio alle Camere. Se le Camere riapprovano il testo, egli firma e tace. In caso contrario si tratta di alto tradimento e attentato alla Costituzione (art. 90). Anche il governo può legiferare, sebbene in “casi straordinari di necessità e urgenza” (art. 77), se lo fa, però, ha l’obbligo di presentare i decreti alle Camere, il giorno stesso. La ragione è evidente: se il loro contenuto non è condiviso, il Parlamento può immediatamente cancellarli, anche se già entrati in vigore. Lo stesso articolo non fa cenno ad alcun potere specifico del Presidente della Repubblica, anzi, il fatto che i decreti vadano depositati in giornata esclude che il Quirinale possa tenerseli in lettura, per studiarli.
Ebbene, osserviamo la scena che si è svolta fino a ieri, fino alla firma di Giorgio Napolitano in calce al decreto economico, è ditemi cos’ha a che spartire con la Costituzione.
Siamo giunti al punto che il Consiglio dei ministri si riunisce e approva un testo (ammesso che lo abbiano avuto e che lo abbiano letto), che poi cambia nel giro di poche ore, salvo poi inviarlo al Quirinale e far sapere a tutti che dal Colle sono giunte delle osservazioni, successivamente recepite, quindi chiudere il testo, così rimaneggiato, e farlo divenire legge, senza neanche riconvocare il Consiglio dei ministri.
La responsabilità del governo è collegiale (art. 95), vale a dire che ciascuno è responsabile di quel che si decide in Consiglio dei ministri, ma noi abbiamo dei componenti che lamentano d’essere stati “esautorati” e, comunque, il testo discusso, di cui devono rispondere, è certamente diverso dal testo definitivo, negoziato con un soggetto costituzionalmente irresponsabile, il Capo dello Stato.
Tutto questo ha ragioni politiche. Nel nostro sistema costituzionale il governo tende naturalmente ad avere buoni rapporti con la Presidenza. Detto in sintesi: il governo ha i numeri, ma non è coeso ed allora è troppo debole, anche per colpa propria, finendo con il lasciare spazio a poteri impropri.
Ed è evidente che, in assenza di un’opposizione che sappia battersi sui temi concreti, Napolitano esercita un’innaturale supplenza. Ne consegue, però, che a forza d’entrare nel merito dei provvedimenti, nascono movimenti tesi a suggerirgli di “non firmare”, quindi a dare valore politico a un atto che dovrebbe essere pressoché notarile. Del che il governo approfitta (dopo avere subito), perché tende a rispondere alle proteste di piazza obiettando: ha firmato Napolitano. E che significa? E’ la Costituzione a prevederlo.
E siccome tutto questo avviene alla luce del sole, senza che dottrina e coscienza sembrino aver da obiettare, significa che si sta avvicinando il punto di rottura.
Ebbene, osserviamo la scena che si è svolta fino a ieri, fino alla firma di Giorgio Napolitano in calce al decreto economico, è ditemi cos’ha a che spartire con la Costituzione.
Siamo giunti al punto che il Consiglio dei ministri si riunisce e approva un testo (ammesso che lo abbiano avuto e che lo abbiano letto), che poi cambia nel giro di poche ore, salvo poi inviarlo al Quirinale e far sapere a tutti che dal Colle sono giunte delle osservazioni, successivamente recepite, quindi chiudere il testo, così rimaneggiato, e farlo divenire legge, senza neanche riconvocare il Consiglio dei ministri.
La responsabilità del governo è collegiale (art. 95), vale a dire che ciascuno è responsabile di quel che si decide in Consiglio dei ministri, ma noi abbiamo dei componenti che lamentano d’essere stati “esautorati” e, comunque, il testo discusso, di cui devono rispondere, è certamente diverso dal testo definitivo, negoziato con un soggetto costituzionalmente irresponsabile, il Capo dello Stato.
Tutto questo ha ragioni politiche. Nel nostro sistema costituzionale il governo tende naturalmente ad avere buoni rapporti con la Presidenza. Detto in sintesi: il governo ha i numeri, ma non è coeso ed allora è troppo debole, anche per colpa propria, finendo con il lasciare spazio a poteri impropri.
Ed è evidente che, in assenza di un’opposizione che sappia battersi sui temi concreti, Napolitano esercita un’innaturale supplenza. Ne consegue, però, che a forza d’entrare nel merito dei provvedimenti, nascono movimenti tesi a suggerirgli di “non firmare”, quindi a dare valore politico a un atto che dovrebbe essere pressoché notarile. Del che il governo approfitta (dopo avere subito), perché tende a rispondere alle proteste di piazza obiettando: ha firmato Napolitano. E che significa? E’ la Costituzione a prevederlo.
E siccome tutto questo avviene alla luce del sole, senza che dottrina e coscienza sembrino aver da obiettare, significa che si sta avvicinando il punto di rottura.
Tutta brava gente
Per uno come me, che legge di tutto, nulla fa più effetto, ma questa intervista a Gianni Melluso, il camorrista grande accusatore di Enzo Tortora, riportata dall'Espresso, è proprio "vergognosa".
La notizia non è che Melluso "scagioni" Tortora (lo aveva già fatto quindici anni fa, a Tortora morto e sepolto, e oltretutto non ce n'era bisogno, visto che a scagionarlo ci aveva pensato il Tribunale). La notizia non è che chieda perdono ai familiari del presentatore (anche questo lo aveva già fatto quindici anni fa, e già allora Anna, Gaia e Silvia Tortora avevano rispedito al coccodrillo le sue lacrime).
La novità è che, con ennesimo cambio di rotta, Melluso stavolta scagiona i magistrati del caso Tortora. Nel 1995 aveva chiamato in causa proprio loro: "Avevo capito che le mie parole facevano comodo ai magistrati", dichiarò al settimanale Visto. Oggi invece ci fa capire che quei togati erano in buonafede, e scrupolosi. Tutt'al più un po' tonti, e facili a cadere nelle trame dei camorristi Barra e Pandico. Insomma, tana libera tutti per la Procura di Napoli.
Così umani e così buoni, aggiungerei io, che dopo l'assoluzione di Tortora non si sognarono nemmeno di incriminare Melluso e gli altri per calunnia.
Chi scrive non è avvezzo ai retroscena e alle dietrologie, ma un paranoico direbbe forse che tutto questo ha a che fare con la vicenda del ddl intercettazioni. Chissà. Certo è che adesso, quando qualcuno userà il caso Tortora come esempio di massacro giudiziario (e giornalistico) si sentirà rispondere: "Ma come, se lo stesso Melluso ha detto che erano in buonafede...".
O qualcuno di buona volontà mi può dare un risposta a questa domanda: che senso ha l'intervista a Melluso che non aggiunge nulla a quanto tutti sanno, tranne il fatto che i maqgistrati sono tutti brava gente, e..... se lo dice lui.
La notizia non è che Melluso "scagioni" Tortora (lo aveva già fatto quindici anni fa, a Tortora morto e sepolto, e oltretutto non ce n'era bisogno, visto che a scagionarlo ci aveva pensato il Tribunale). La notizia non è che chieda perdono ai familiari del presentatore (anche questo lo aveva già fatto quindici anni fa, e già allora Anna, Gaia e Silvia Tortora avevano rispedito al coccodrillo le sue lacrime).
La novità è che, con ennesimo cambio di rotta, Melluso stavolta scagiona i magistrati del caso Tortora. Nel 1995 aveva chiamato in causa proprio loro: "Avevo capito che le mie parole facevano comodo ai magistrati", dichiarò al settimanale Visto. Oggi invece ci fa capire che quei togati erano in buonafede, e scrupolosi. Tutt'al più un po' tonti, e facili a cadere nelle trame dei camorristi Barra e Pandico. Insomma, tana libera tutti per la Procura di Napoli.
Così umani e così buoni, aggiungerei io, che dopo l'assoluzione di Tortora non si sognarono nemmeno di incriminare Melluso e gli altri per calunnia.
Chi scrive non è avvezzo ai retroscena e alle dietrologie, ma un paranoico direbbe forse che tutto questo ha a che fare con la vicenda del ddl intercettazioni. Chissà. Certo è che adesso, quando qualcuno userà il caso Tortora come esempio di massacro giudiziario (e giornalistico) si sentirà rispondere: "Ma come, se lo stesso Melluso ha detto che erano in buonafede...".
O qualcuno di buona volontà mi può dare un risposta a questa domanda: che senso ha l'intervista a Melluso che non aggiunge nulla a quanto tutti sanno, tranne il fatto che i maqgistrati sono tutti brava gente, e..... se lo dice lui.
Occhi aperti.
Bagni d’oro alla Regione Lazio: costano 665 mila euro l’anno.
Il contratto per la manutenzione dei wc è stato firmato per la prima volta il 16 ottobre 2001 e aggiornato negli anni seguenti. (Chi c'era in Regione?).
Ora prevede la fornitura di copriwater in plastica nelle toilette del palazzo della Giunta in via Cristoforo Colombo e negli altri uffici della amministrazione laziale.
A conti fatti, dunque, il Lazio spende per i bagni quasi 1.824 euro al giorno.
La tecnologia dei water è sofisticata: il copritavoletta è in plastica, viene azionato da un pulsante che fa scorrere il nastro e che garantisce la pulizia. Un sistema ingegnoso e costa. In tutti gli uffici della rtegione ci sono 696 waters. Ognuno ci costa 956 euro all'anno.
È stato il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli a dire: «Sa che cosa ho scoperto? Che la povera Renata Polverini, la presidente del Lazio, si è ritrovata un appalto per la manutenzione delle assi dei water delle sedi regionali da 650 mila euro all'anno».
La Polverini dice: «Non so come Calderoli lo abbia saputo ma lo confermo. Stiamo vedendo come rimodulare questo appalto».
E tanto per soddisfare la curiosità dei cronisti, Renata Polverini ha regalato ai giornalisti un giro «turistico» nei bagni della Regione. «Abbiamo splendide tavolette ma in compenso non c'è un water che non perda acqua».
Dal canto suo anche l'opposizione, ex maggioranza guidata da Piero Marrazzo, ha voluto vederci chiaro. È stato il capogruppo del Pd Esterino Montino a telefonare ad alcuni dirigenti che nella scorsa legislatura si sono occupati degli appalti. Nessuna risposta.
Finchè ci saranno queste realtà, noi non capitremo mai a cosa servono i nostri sacrifici. Teniamo gli occhi aperti.
Il contratto per la manutenzione dei wc è stato firmato per la prima volta il 16 ottobre 2001 e aggiornato negli anni seguenti. (Chi c'era in Regione?).
Ora prevede la fornitura di copriwater in plastica nelle toilette del palazzo della Giunta in via Cristoforo Colombo e negli altri uffici della amministrazione laziale.
A conti fatti, dunque, il Lazio spende per i bagni quasi 1.824 euro al giorno.
La tecnologia dei water è sofisticata: il copritavoletta è in plastica, viene azionato da un pulsante che fa scorrere il nastro e che garantisce la pulizia. Un sistema ingegnoso e costa. In tutti gli uffici della rtegione ci sono 696 waters. Ognuno ci costa 956 euro all'anno.
È stato il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli a dire: «Sa che cosa ho scoperto? Che la povera Renata Polverini, la presidente del Lazio, si è ritrovata un appalto per la manutenzione delle assi dei water delle sedi regionali da 650 mila euro all'anno».
La Polverini dice: «Non so come Calderoli lo abbia saputo ma lo confermo. Stiamo vedendo come rimodulare questo appalto».
E tanto per soddisfare la curiosità dei cronisti, Renata Polverini ha regalato ai giornalisti un giro «turistico» nei bagni della Regione. «Abbiamo splendide tavolette ma in compenso non c'è un water che non perda acqua».
Dal canto suo anche l'opposizione, ex maggioranza guidata da Piero Marrazzo, ha voluto vederci chiaro. È stato il capogruppo del Pd Esterino Montino a telefonare ad alcuni dirigenti che nella scorsa legislatura si sono occupati degli appalti. Nessuna risposta.
Finchè ci saranno queste realtà, noi non capitremo mai a cosa servono i nostri sacrifici. Teniamo gli occhi aperti.
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