La lunga riunione della direzione del Pd è servita ad una ricognizione dei gravi problemi che sono di fronte al partito di Veltroni. Ma non è riuscita ad imprimere quella svolta che molti chiedevano.
Il segretario, che pure ha pronunciato la fatidica frase: “O ci rinnoviamo o periamo”, non ha ottenuto quei poteri che pure sembrava chiedere alla vigilia, ma soltanto l’implicita autorizzazione a mettere in moto i meccanismi che lo statuto già prevede in casi di crisi, per esempio il commissariamento di articolazioni locali del Pd.
Per il resto, per esempio il cambio generazionale che Veltroni va vagheggiando, è stato rinviato al congresso dopo le elezioni di giugno.
Sul piano delle alleanze, disinnescata la mina della mozione anti-di Pietro di Follini, è rimasta tutta l’ambiguità veltroniana: né alleati né concorrenti dell’IdV, un po’ l’una e un po’ l’altra cosa, con la constatazione che esistono “due opposizioni”. Frase che ha suscitato il sarcasmo di Di Pietro: “Con le due opposizioni, c’è la sconfitta in eterno, io invece voglio vincere”.
Forse gli unici momenti di verità della riunione sono venuti da D’Alema, quando ha ammesso che il Pd “è un amalgama mal riuscito".
Tanto fumo, poco arrosto.
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