"Serve la certezza dell’interpretazione della legge, serve una più netta separazione tra giustizia e mezzi di informazione e servono comportamenti più sobri: il giudice deve essere, ma anche apparire imparziale."
Chi l'ha detto?
Lo ha detto Luciano Violante (PD, ex-magistrato ed ex-presidente della Camera), che da poco ha dato alle stampe il libro "magistrati" ove delinea la strada che si deve percorrere per evitare il conflitto permanente tra politica e giustizia.
"Il clima per affrontare una stagione di riforme si può creare anche in un momento di scontro" scrive Luciano Violante. "Certo, bisogna dialogare con chiunque sia disponibile".
Nel libro cita una sua intervista all’Unità del 1993 in cui diceva: "Nessuna società ha tollerato troppo a lungo un governo dei giudici, prima o dopo arriva una politica regolatrice che ridefinisce i rapporti tra i poteri dello stato".
Quel momento è arrivato?
"Oggi si possono approvare riforme efficaci e coerenti con i principi della Costituzione. Occorre coraggio da parte di tutti. Ad esempio le due coalizioni decidano insieme di ridurre i tribunali da 164 a 100, recuperiamo risorse ed efficienza, ciò che chiedono i cittadini".
"Instauriamo ad esempio una Corte disciplinare per tutte le magistrature, fuori del CSM. E ristrutturare diversamente il Csm con 1/3 dei membri eletti tra i magistrati, 1/3 dal Capo dello Stato scelti tra categorie qualificate, e 1/3 dal Parlamento in seduta comune."
Sono contrario alla separazione delle carriere tra pm e giudici, un pm che ha fatto il giudice è più in grado di valutare la prova così come un giudice che ha fatto il pm. Ma sono disponibile ad approfondire. E anche il centrosinistra, storicamente contrario, è bene che vada a vedere le proposte che verrano messe sul tavolo dal governo".
Per l’Anm siamo invece giunti allo scontro definitivo. Si agita e minaccia lo sciopero, sempre più arroccata su posizioni di conservazione dello status quo.
E l'opposizione parlamentare?
Di Pietro annuncia che, a quel tavolo, non si siederà neppure.
Franceschini e Bersani (lascio stare Marino, pesce fuor d'acqua) stanno assumendo un atteggiamento difensivo, condizionato dalla preoccupazione, alla vigilia delle primarie, di non entrare in collisione con il partito di Repubblica, che auspica una linea di chiusura al dialogo con la maggioranza e di scontro con il premier, fondato sul presupposto che la partita con Berlusconi vada chiusa utilizzando la via giudiziaria.
Peccato che sia Berlusconi sia Veltroni & co, in campagna elettorale ci avevano entrambi convinti che in Italia paga il ritardo dell'ammodernamento delle amministrazioni e, spiegavano che questa doveva essere obbligatoriamente la legislatura delle riforme.
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