L'Italia è veramente un Paese strano, anzi, più che strano mi sembra "a comando" di qualcosa di non ben chiaro.
Mi spiego meglio; se per caso un Veltroni qualsiasi decidesse di intitolare una strada a Craxi, si alzerebbe un leggerissimo venticello che, a stento, farebbe muovere qualche foglia ingiallita, se invece la Moratti fa uno sternuto, si alza un uragano.
Ugualmente, se un Travaglio qualsiasi dice una qualsiasi stronzata, i media la riportano almeno per una settimana, ma se Stefania Craxi, nella trasmissione "In Mezz'Ora", ha letto poche righe di una famosa sentenza di condanna emessa dalla IV sezione penale della Corte di Cassazione contro Bettino Craxi, non se l'è filata nessuno.
Eppure quelle parole, scritte dai giudici di Cassazione, significano che Craxi andava punito semplicemente perchè la sua politica era invisa al potere giuridico.
La sentenza è del luglio 1998 e riguarda il cosiddetto scandalo delle Metropolitane Milanesi. In Appello Craxi fu condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione, cinque anni di interdizione ai pubblici uffici e oltre dieci miliardi di lire di risarcimento alla Metropolitana Milanese. Il reato era quello di corruzione e di finanziamento illecito ai partiti.
Ma il bello viene nella sentenza di Cassazione che conferma il tutto. Ecco cosa vi si legge tra l'altro: "...si può dare atto a Craxi che in questo processo non è risultato nè che abbia sollecitato contributi al suo partito, nè che ne abbia ricevuti nelle sue mani. Ma queste circostanze - che forse potrebbero avere un qualche valore da un punto di vista, per così dire, estetico - nulla significano ai fini dell'accertamento della reponsabilità penale".
Avete capito bene: i supremi giudici riconoscono che non c'era alcuna prova che Craxi avesse corrotto qualcuno o avesse illecitamente finanziato il suo partito (o se medesimo) ma tutto questo viene considerato poco più di una belluria, un elemento decorativo.
Su questa realtà non si levato neppure un alito di venticello, mentre è apparso chiaro che, in realtà, quello che interessava ai giudici era condannare la sua responsabilità politica - il "non poteva non sapere" - e per farlo dovevano farla coincidere con quella penale.
Niente prove dunque, nè verifiche, nè riscontri, ma la semplice e libera convinzione del giudice che Craxi fosse un mascalzone in quanto segretario del Psi.
Ne viene fuori l'immagine di una giustizia che vede insita nella sfera politica il malaffare e per questo si prefigge di contrastarla. Tutto il resto è un fatto "estetico".
In questa sentenza ci sono i semi velenosi dello scontro tra giustizia e politica che ci trasciniamo ancora oggi e da cui sarebbe ora di trovare una via d'uscita: l'idea insomma secondo cui i politici vanno tenuti a bada non per i reati che commettono ma per la politica che producono. Che può anche essere disdicevole, immorale o semplicemente non piacere. Come è successo anche a Berlusconi nel 1994 ed a Prodi nel 2007 che dovettero andare a casa a causa di avvisi di garanzia.
Ma dovrebbero essere gli elettori a punirli e non i giudici.
http://www.youtube.com/watch?v=_eCb9gmTrGA
Dalla deposizione di Craxi risulta chiaro che Di Pietro (allora pm) sapeva che TUTTI i partiti usufruivano di finanziamenti illeciti, ma era Craxi che DOVEVA essere distrutto.
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