Finora Berlusconi si è cimentato in tante missioni ed ha vinto molte battaglie; elencarle tutte sarebbe un inutile esibizionismo, ma la solerzia e la capacità dimostrata nella gestione della spazzatura a Napoli, del dopoterremoto a L'Aquila, dell'immigrazione clandestina a Lampedusa, sono sotto gli occhi di tutti.
Si, va bè, c'è sempre un Franceschini che ripete che c'è bisogno di fare di più dimenticando quanto l'Unione era "nulla" non solo nei fatti, ma anche e soprattutto nelle decisioni. Si, va bè, c'è sempre un certo Di Pietro che non è mai d'accordo, e si erge ad unico tutore della Costituzione permettendosi però di sfidare ed offendere il capo dello Stato.
Adesso Berlusconi deve impegnarsi in una missione veramente ardua: la questione meridionale, più volte affrontata e mai risolta.
La questione meridionale è sempre più questione nazionale, perché il mancato decollo di un’area così vasta dell'Italia è la prima causa della ridotta competitività internazionale del Paese. Pensare di risolvere i problemi italiani senza affrontare la questione meridionale è un’ingenua utopia. Pensare di affrontare i problemi meridionali senza un solido ancoraggio alla politica nazionale è una tragica illusione.
Per rilanciare il Mezzogiorno sarà necessario che ognuno svolga la funzione che gli è propria: che le imprese cerchino di sfruttare le potenzialità produttive, e lo Stato garantisca loro la possibilità di operare in modo equo, sicuro ed efficiente.
E' finito il tempo che lo Stato deve elargire assistenza, o deve intromettersi nelle scelte degli imprenditori.
Se la questione meridionale verrà affrontata in questo modo, sarà un sucesso.
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