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sabato 21 maggio 2011

Acqua: togliamo la polpetta dal piatto dei politici

Dell'acqua bisognerebbe parlarne di più. Ci vorrebbe molta informazione in più di quella che riesce a passare sui giornali, in tv, anche su internet. Innazitutto è un bene indispensabile che utilizziamo ogni giorno. Poi ci sarà il referendum, che si semplifica nella privatizzazione dell'acqua e, nonostante questo non è che se ne parli un granché.
Quel poco che viene detto è che "privatizzare" significa regalare a un privato le chiavi di accesso a un bene essenziale in modo che questo ci possa lucrare sopra.
Invece la questione è assai più complicata e, se si vuole prendere posizione ed esprimere una decisione, bisognerà pur capire, almeno un poco, che cosa c'è dietro tutta la questione dell'acqua.
Fermo restando che l'acqua è un bene pubblico, ci sono da gestire acquedotti, condotte, fogne, tutto quello che serve per la gestione dell'acqua.
Per questo ci sono delle società. Pubbliche o partecipate. Il nostro sistema idrico è ben al di sotto degli standard che un paese come l'Italia si aspetta dai suoi servizi pubblici. Servono investimenti ed una buona gestione.
Il fatto, al centro del referendum, è centrato su chi debba fare questi investimenti. Insomma, il pubblico o il privato?
Insomma, a noi serve un bravo idraulico e possiamo scegliere se lo dobbiamo assumere assumere e quindi affidarci a un servizio pubblico, ossia erogato da un'azienda la cui proprietà sia di un ente pubblico; oppure possiamo decidere di affidarci a un professionista privato a cui chiedo di soddisfare determinate esigenze e standard del servizio.
Se ci mettiamo in questa prospettiva forse riusciamo a far perdere valenza simbolica alla questione della privatizzazione. Ciò innanzitutto non implica il metter fine all'universalizzazione di un bene comune il cui accesso è un diritto inalienabile per tutti.
Ma si capisce benissimo che, se ci sarà una spesa di modernizzazione degli acquedotti, sia se essa fatta da privati, sia se essa è fatta da un ente pubblico, ci dovrà essere qualcuno che dovrà compensare questa spesa. Ed allora siamo al problema vero: la spesa va pagata in bolletta da tutti quelli che utilizzano l'acqua come avverrebbe con l'investimento di privati, oppure va pagata da un aumento di una tassa comunale come avverrebbe se gestito dai Comuni?

Poi c'è un altro aspetto, non meno importante. Quante volte noi, miseri cittadini, ci siamo lamentiati e ci lamentiamo (inutilmente) perchè i politici "sistemano" i loro amici? Quante volte ci siamo lamentati che esistono "assunzioni a chiamata", cioè senza gara o senza valutare le competenze dei candidati?
E qual è il sistema che loro usano per sistemare gli amici? E' proprio quello di infiltrarli negli enti pubblici e nelle società partecipate.
Queste persone sono messe in quei posti non già per le loro competenze manageriali, ma solo perchè esse sono "persone signorsì" e faranno sempre quello che chiederà il politico che lo ha fatto sedere su quella poltrona. Nella fattispecie dell'acqua, il sistema finora in uso ci posiziona come i maggiori consumatori di "acqua confezionata" e tra quelli che sprecano (per mancata gestione delle condutture) il 47% dell'acqua disponibile.
Da qui nacque la norma che passa con la voce di "privatizzazione dell'acqua pubblica", che è una norma che obbliga i Comuni a mettere in gara i servizi pubblici locali in un certo modo. E' ovvio che questo dia fastidio ed è ovvio che non se ne parli. Anzi, si parla solo che con questa norma l'acqua sìcosterà di più. E' un'altra bugia; proviamo a capire qualcosa di più.
Prima del decreto Ronchi, oggetto del referendum, la legge offriva agli amministratori due possibilità: la gestione diretta un'azienda pubblica, oppure il coinvolgimento di un privato facendo una gara.
La nuova legge dice in sostanza che il comune deve in ogni caso fare la gara, ma a questa può partecipare anche l'azienda pubblica ed è l'amministrazione a scegliere il vincitore. Dove c'è una buona azienda pubblica sarà questa a vincere la gara.
Ma, chiunque investirà, sarà sempre vera l'equazione che la spesa deve essere bilanciata dai ricavi.
L'unica cosa vera è che verrebbero limitate, anzi tagliate, le opportunità che hanno i politici di INTRALLAZZARE.

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