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giovedì 27 agosto 2009

Carne per caporali

Ibrahima non be­ve, non fuma, non mangia: os­serva il Ramadan. Osserva la strada, soprattutto, nella spe­ranza che qualche negriero lo raccolga per portarlo in un can­tiere abusivo e rispedirlo a casa con 10-20 euro in tasca. Ibrahima, 32 anni, berretto sul capo e t-shirt, viene dalla Costa d’Avo­rio.
Ramadan oppure no, non mangerebbe lo stesso, perché «in questo periodo si lavora po­co», e forse la religione gli dà una mano, illudendolo che quel senso di fame dipenda da una scelta volontaria.
Insieme a lui, all’esterno del bar Fontana, a Pianura, c’è uno stuolo di giovani africani. Per la maggior parte sono ivoriani, ghanesi, burkinabè. Anche loro aspettano il caporale, che alle 11,30 ancora non arriva.
Com’è accaduto ai disgraziati coinvol­ti in una rissa, l’altra mattina al bar l’Etoile (sulla stessa strada) che dopo aver aspettato invano l’arrivo del caporale si erano da­ti all’elemosina. I proprietari dei negozi non hanno gradito, e così la «di­scussione » si è risolta con sedie e tavoli rotti, un intervento dei carabinieri e sette arresti.
Da qualche anno, il quartiere di Pianura a Napoli è diventato il centro del caporalato partenopeo.
Ogni mattina un cen­tinaio di immigrati calca­no quotidianamente questa zona. Si sveglia­no alle 5 del mattino, prendono l’autobus da Licola, Casavatore, Casal di Principe, Giugliano, e si dispongono in file ordinate per offrirsi ai caporali. I più gio­vani e robusti hanno migliori chance.
«Stanno qua fuori tutte le mattine — racconta un habitué del bar — Non è che diano fasti­dio, però lei la farebbe mai pas­sare sua moglie in mezzo a cinquanta neri per prendere un caffè? Se avessi un bar, probabilmen­te li caccerei anch’io».
Omar, anche lui musulma­no, è partito dalla Costa d’Avo­rio circa nove mesi fa. Ha quat­tro bambini e una moglie che lo aspettano a casa, ma con i soldi che guadagna riesce a stento a mantenersi in vita. «Mi prendono a lavorare due, massimo tre volte a settimana. Il mio guadagno più alto è sta­to 300 euro in un mese».
Carne per ca­porali, loro non sono come gli immigrati dell’Est, che fanno il gruzzoletto e poi dietro-front. Non hanno progetti — salvo poi definire progetto la soprav­vivenza stessa — e quando ti salutano si battono la mano sul petto, dove c’è il cuore.

Qui potete leggere la cronaca della rissa avvenuta al bar L'Etoile la settimana scorsa.
http://www.napolionline.org/new/immigrati-e-residenti-due-ghetti-si-dividono-pianura

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