Ibrahima non beve, non fuma, non mangia: osserva il Ramadan. Osserva la strada, soprattutto, nella speranza che qualche negriero lo raccolga per portarlo in un cantiere abusivo e rispedirlo a casa con 10-20 euro in tasca. Ibrahima, 32 anni, berretto sul capo e t-shirt, viene dalla Costa d’Avorio.
Ramadan oppure no, non mangerebbe lo stesso, perché «in questo periodo si lavora poco», e forse la religione gli dà una mano, illudendolo che quel senso di fame dipenda da una scelta volontaria.
Insieme a lui, all’esterno del bar Fontana, a Pianura, c’è uno stuolo di giovani africani. Per la maggior parte sono ivoriani, ghanesi, burkinabè. Anche loro aspettano il caporale, che alle 11,30 ancora non arriva.
Com’è accaduto ai disgraziati coinvolti in una rissa, l’altra mattina al bar l’Etoile (sulla stessa strada) che dopo aver aspettato invano l’arrivo del caporale si erano dati all’elemosina. I proprietari dei negozi non hanno gradito, e così la «discussione » si è risolta con sedie e tavoli rotti, un intervento dei carabinieri e sette arresti.
Da qualche anno, il quartiere di Pianura a Napoli è diventato il centro del caporalato partenopeo.
Ogni mattina un centinaio di immigrati calcano quotidianamente questa zona. Si svegliano alle 5 del mattino, prendono l’autobus da Licola, Casavatore, Casal di Principe, Giugliano, e si dispongono in file ordinate per offrirsi ai caporali. I più giovani e robusti hanno migliori chance.
«Stanno qua fuori tutte le mattine — racconta un habitué del bar — Non è che diano fastidio, però lei la farebbe mai passare sua moglie in mezzo a cinquanta neri per prendere un caffè? Se avessi un bar, probabilmente li caccerei anch’io».
Omar, anche lui musulmano, è partito dalla Costa d’Avorio circa nove mesi fa. Ha quattro bambini e una moglie che lo aspettano a casa, ma con i soldi che guadagna riesce a stento a mantenersi in vita. «Mi prendono a lavorare due, massimo tre volte a settimana. Il mio guadagno più alto è stato 300 euro in un mese».
Carne per caporali, loro non sono come gli immigrati dell’Est, che fanno il gruzzoletto e poi dietro-front. Non hanno progetti — salvo poi definire progetto la sopravvivenza stessa — e quando ti salutano si battono la mano sul petto, dove c’è il cuore.
Qui potete leggere la cronaca della rissa avvenuta al bar L'Etoile la settimana scorsa.
http://www.napolionline.org/new/immigrati-e-residenti-due-ghetti-si-dividono-pianura
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